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martedì 4 settembre 2012

Mare Chiuso, i desaparecidos del Mediterraneo

Mare Chiuso (2012, di Andrea Segre e Stefano Liberti)
Viaggio nelle odissee disperate di quell'umanità abbandonata da (quasi) tutti. Viaggio in Mare Chiuso (2012, di Andrea Segre e Stefano Liberti).

di Luca Ferrari

Provi perché non hai un’altra scelta, tutto qua! Si riassume così la molla disperata che anima migliaia di uomini e donne in fuga dalla guerra e da soprusi. Pronti a iniziare viaggi disumani che spesso si concludono nel modo peggiore. Tornando da dove sono fuggiti. Rinchiusi in carceri e in mano a crudeli aguzzini. Alla 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, nella sezione Eventi Collaterali, è stato presentato il documentario Mare Chiuso (2012), di Andrea Segre e Stefano Liberti

La telecamera racconta le loro storie. Entra nelle tende dei campi profughi allestiti dall’ONU e nelle sale giuridiche della Corte Europea. In ballo ci sono vite umane. Esistenze ignorate, e cosa peggiore, svilite.

Meta iniziale/finale di molti esuli africani è l’Italia. Quella stessa nazione dove l’87 per cento del suo Parlamento votò a favore della (squallida) legge sui respingimenti. Non c’è da stupirsi. Viviamo in uno stato dove alte cariche dello stato (Luca Zaia, attuale presidente Regione Veneto) possono liberamente affermare che gli sbarcati a Lampedusa non sono altro che benestanti vestiti in abiti firmati. Perché sorprendersi dunque nell’apprendere che un barcone con 72 persone lanciò un SOS, venne avvistato e poi lasciato al suo tragico destino?

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è solo carta straccia. I trattati sul rispetto dei diritti umani vengono costantemente ignorati. Le firme della Convenzione di Ginevra sono un abito da far risplendere solo nei cerimoniali domenicali.

Tende nel deserto. Tende nel nulla. “Se quella volta l’Italia non ci avesse respinto, tutto questo non sarebbe successo” raccontano sconsolati da un campo profughi nel documentario. “Il cinema deve fornire una base di costruzione culturale storica. Vogliamo consegnare alla memoria di questo paese quello che è successo” ha sottolineato Andrea Segre, uno dei registi durante il dibattito tenutosi subito dopo l’anteprima della proiezione.

Dal 1998 a oggi sono quasi 14.000 (quattordicimila) i morti accertati nel Mediterraneo. “Non basta piangere. Episodi del genere continuano ad avvenire in molti paesi europei” ha ammonito Maud de Boer, vice-presidente del Consiglio d’Europa nell’incontro coordinato dal giornalista Gian Antonio Stella, “adesso poi, sempre più gente in fuga dalla Siria userà il Mediterraneo, ma col rischio di perdersi. Il Mediterraneo è il Mare di tutti, di tutte le coste”.

Qual è il destino di Mare Chiuso? Sarà distribuito? Verrà portata nelle scuole o resterà un evento collaterale della Mostra del Cinema 2012? Per quanto si sforzeranno UNHCR e Amnesty International, entrambi patrocinatori, il dramma resterà inascoltato.

“Dalla caduta di Gheddafi è cambiato poco” ha sottolineato Christopher Hein, direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, “Tutt’ora ci sono centri di detenzione, con eritrei e somali. Come CIR abbiamo una presenza in Libia. Tutt’ora le persone vengono imprigionate senza assistenza medica, con poca acqua e cibo. Il 23 febbraio scorso la Corte di Strasburgo, in merito a vicende di respingimento, ha condannato l’Italia per violazione dei diritti umani per 15mila euro da versare ai sopravvissuti entro tre mesi: oggi ne sono passati quasi sei e non è stato pagato nulla”.

Momento toccante quando durante l’incontro la parola è passata a chi su quei barconi c’era. “Dopo 18 ore di viaggio, il mare era grosso e scarseggiava benzina, acqua e cibo. Sono stati chiamati soccorsi. Dopo ore di attesa è arrivato un elicottero che si è limitato ad avvistarci. Poi ne è venuto un altro che ci ha lanciato biscotti e acqua, facendo segno che dovevamo aspettare. E così abbiamo fatto per ore ma nessuno è tornato a aiutarci. Dopo la vista dell’elicottero, siamo rimasti in mare per altri 15 giorni. La gente ha cominciato a morire, in primis donne e bambini. Il vento ha cominciato a spingere e ci siamo ritrovati di nuovo in Libia”.

Proprio lì dove è fortissima la discriminazione verso i popoli subsahariani. Gli 11 superstiti sono stati portati in carcere dove due sono morti, mentre gli altri, una volta arrivati a Tripoli, sono stati curati grazie all’aiuto del vescovo. “Nessuno sa di che nazionalità fosse l’elicottero che li ha avvistati” ha poi aggiunto padre Zerai, “Nessuno sta cooperando. Il clandestino viene spogliato di diritti e dignità. Se fossero stati turisti, il mondo non avrebbe taciuto. Clandestino non significa animale”.

Venezia è stata scelta per la presentazione di questo documentario. Venezia è uno dei porti dell’Adriatico dove vengono respinti iracheni, afgani, kurdi. Nel dopo Berlusconi non è cambiato nulla in Italia sotto questo aspetto. In materia di respingimenti si stanno seguendo le medesime politiche. Non solo non si sta facendo nulla a livello istituzionale, ma l’Italia continua a essere insozzata da ideologie razziste. E che dire delle associazioni umanitarie? Dovrebbero essere una risorsa, e invece si perdono dietro egoismi da prime donne, buttando a mare la possibilità di fare squadra.

Così i Diritti Umani proseguono per l’ennesima sconfitta. Ognuno è mosso dai propri interessi. Nel guardare il documentario, mentre alcuni superstiti che si trovano nel campo allestito dall’UNHCR sul confine libico-tunisino, raccontavano delle torture modello Guantanamo subite nelle prigioni libiche più volte denunciate da Amnesty International ma evidentemente di poca tendenza, mi domandavo che cosa hanno provato a osservare tutto ciò quei “pacifisti” che sono scesi in piazza per manifestare contro l’attacco NATO in Libia, ma che se ne sono fregati per 40 anni di dittatura Gheddafiana.

Africa ignorata. Qualcosa di arci-noto. Etiopi, eritrei o ruandesi. Nel 2004 il regista Terry George portò sul grande schermo il dramma del genocidio in Hotel Rwanda. Allora (1994) come oggi il sangue africano non interessa a nessuno. Le parole del Colonnello Peter Oliver (Nick Nolte) delle Nazioni Unite rivolte a Paul Rusesabagina (Don Cheadle), direttore dell’Hotel des milles collines di Kigali, capitale del Ruanda, risuonano ancora tragiche nella drammatica attualità: “Per loro (l’Occidente, ndr) siete immondizia, siete sterco. Non avete valore. Potrebbe essere il tuo di hotel, se non fosse per una cosa: sei nero. Non sei neanche un negro. Sei un africano”.

Oggi non viviamo in un mondo dove i Diritti Umani sono rispettati. Se volete/vogliamo davvero trovare una soluzione, questo è la realtà con cui abbiamo a che fare. Ma come nel regno di Fantasia della Storia Infinita rimase solo un granello di sabbia da cui Bastian, grazie alla magia dell’Imperatrice, iniziò a ripopolare il mondo dei sogni, così le parole di una giovane “mi spiace non aver potuto partecipare all’incontro” hanno il sapore di un nuovo inizio. Un risveglio Culturale e Umano. Quella forza e praticità che aiuterà una bambina a rivedere il proprio padre.  Oggi però, è ancora lontano.

Guarda il trailer di Mare Chiuso

Mare Chiuso (2012, di Andrea Segre e Stefano Liberti)
Mare Chiuso (2012, di Andrea Segre e Stefano Liberti)
Mare Chiuso (2012, di Andrea Segre e Stefano Liberti)

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