!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->

martedì 8 luglio 2014

Per qualche anno e dollaro in più

Per qualche dollaro in più - il duello finale
“Quando la musica è finita, raccogli la pistola e cerca di sparare. Cerca”. L'apoteosi western di Sergio Leone, Per qualche dollaro in più (1965).

Il regista perfetto. Il compositore di colonne sonore perfetto (Ennio Morricone). Gli attori perfetti. Indiscusse icone del genere. La trilogia western del regista romano Sergio Leone sono pagine indelebili di grande cinema. Un punto di riferimento per chiunque voglia dirigere un attore con cappello da cowboy, pistola e sigaro. Dopo il ritorno sul grande schermo del primo Per un pugno di dollari (1964), sta per ritornare Per qualche dollaro in più (1965).

Il mondo Leoniano non stordisce lo spettatore con mezze figure. Il buono difende i deboli. Il cattivo uccide senza pietà. Era il selvaggio West dove la velocità a sparare era la sola abilità che faceva la differenza tra un uomo vivo e uno sepolto. Così capita che due cacciatori di taglie, il colonnello Douglas Mortimer (Lee Van Cleef) e il Monco (Clint Eastwood) decidano di unire le forze per fare fuori la banda dell'Indio (Gian Maria Volontè), anche se per ragioni differenti.

“Agguanto l’Indio, mi compro un buon ranch e mi sistemo” dice rilassato il Monco. Al contrario c’è chi agisce per vendetta cercando una pace nella propria interiorità forse perduta per sempre. La lezione del Colonnello però non è quella del voler seppellire chi uccise a sangue freddo il proprio cognato e l’amata sorella, suicidatasi mentre veniva stuprata.

Tra le mani tiene sempre un carillon di cui un gemello era proprio di lei, e che ora l’Indio usa prima di sparare a morte. Nel parlare con il più giovane pistolero, si lascia andare a una piccola confessione, sottolineando analoghi comportamenti incoscienti “fino a quando mi accadde un fatto che mi rese la vita estremamente preziosa”. Quale?, domanda subito il Monco. La risposta è uno sguardo fulmineo del più anziano, e allora, cercando di rimediare alla gaffe, si giustifica dicendo che forse è stata indiscreto. 

“No” dice il saggio e malinconico Colonnello, “le domande non sono mai indiscrete, le risposte lo sono a volte”. La telecamera a quel punto indugia qualche secondo sulla mano destra che chiude il carillon e in quei pochi attimi si sente tutta la profonda tristezza e rabbia che attanagliano il cuore di un uomo sofferente, che giorno dopo giorno si porta il peso di chi non c’è più. Barbaramente falciata via.

Chiedere qualcosa è spesso un atto di coraggio. Domandare è il primo passo per ottenere. La parola come baluardo di schietta sincerità. Un valore universale che a dispetto delle epoche viene raramente avvallato. Non si chiede. Si abbassa la testa, assecondando il volere di qualcosa o qualcun’altro.

Nel selvaggio West non c’è tempo per i sentimentalismi. Una confidenza non è una spiegazione. È una ragione che brucia e consuma. Eppure, quando la vendetta è compiuta, l’uomo sembra perfino capace di trovare una nuova strada per ricominciare. Incamminandosi più sereno verso l’orizzonte senza farsi segnare dal peso del passato più doloroso.

Quel carillon risuona ancor per tutti noi. Nelle sfide di tutti i giorni. Un gingillo materiale che nel terzo capitolo della saga di Jack Sparrow, Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo (2007, di Gore Verbinski), Tia Dalma e Davy Jones posseggono uno ciascuno. Un tributo dichiarato del regista a Sergio Leone e al film Per qualche dollaro in più, oggi di nuovo al cinema.

Un genere quello western che esercita ancora un fascino insuperabile nella storia contemporanea. Passione indiscussa di Kevin Costner, nel 2007 James Mangold diresse Russel Crowe e Christian Bale nel remake di Quel treno per Yuma (1957). Tre anni dopo toccò a un’altra pietra miliare del genere, Il Grinta (1969), essere aggiornata attraverso la regia dei premi Oscar Ethan e Joel Cohen, con Jeff Bridges a raccogliere l’eredità di John Wayne nelle vesti del burbero e guercio Reuben J. “Rooster” Cogburn.

Non poteva mancare lui, da sempre amante del genere. Mr Quentin Tarantino con il proprio omaggio al Django (1966) di Sergio Corbucci con Franco Nero, quest'ultimo presente con un cameo nel proprio Django Unchained (2012) con protagonisti Jamie Foxx, Christoph Waltz e Leonardo DiCaprio.

Ma se oggi il cinema è qualcosa d’immediato e ci sono proiezioni tutti i giorni della settimana, non era proprio così ai tempi dell'uscita delle pellicole di Sergio Leone. Chissà cosa doveva significare per un allora ventenne immergersi nell’atmosfera di Per qualche dollaro in più davanti al grande schermo.

Magari sarebbe finita lì, con un aperitivo e una sigaretta durante la proiezione. Qualcuno però, sono sicuro, non avrebbe mai dimenticato quella pellicola. Avrebbe aspettato di rivederla in televisione. Se la sarebbe videoregistrata alla prima occasione. E molti anni dopo, magari insieme alla sua famiglia e a certi suoi (magnifici) amici, se lo sarebbe riguardato ogni mattina durante una serie di rustiche colazioni pasquali.

Troppa fantasia, eh? Siamo alla resa dei conti. "Quando la musica è finita, raccogli la pistola e cerca di sparare. Cerca” dice l'Indio beffardo al Colonnello, disarmato, aprendo l’orologio a carillon che tempo prima aveva strappato alla sorella di lui. La scena più memorabile di Per qualche dollaro in più (1965, di Sergio Leone), scandita dalla delicata e dolorosa nenia registrata. E quando il malvagio è lì che sta per estrarre e colpire, il suono improvvisamente riprende vigore e ... 
 
Il duello finale di Per qualche dollaro in più

Per qualche dollaro in più (1965, di Sergio Leone)
Per qualche dollaro in più - il Monco (Clint Eastwood)
Per qualche dollaro in più - l'Indio (Gian Maria Volontè)
Per qualche dollaro in più - la mano del Monco tra il colonnello (sx) e l'Indio (dx)
Per qualche dollaro in più - il colonnello Mortimer (Lee Van Cleef) e il Monco (Clint Eastwood)

Nessun commento:

Posta un commento