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martedì 23 aprile 2013

Attacco al potere, sangue chiama sangue

Attacco al potere - Banning (Gerard Butler) e il Presidente Asher (Aaron Eckart)
Cosa succederebbe se il Presidente degli Stati Uniti venisse preso in ostaggio nella Casa Bianca? Antoine Fuqua fa il pieno di macho-action con Attacco al potere.

di Luca Ferrari

Perché non giochiamo al gioco del vaffanculo, comincia ad andarci tu. Basterebbe questa spavalda e incazzosa frase dell’eroico protagonista Mike Banning (Gerard Butler), ex-capo della sicurezza presidenziale, per capire che l’azione scorrerà a fiumi in Attacco al potere (2013, Olympus Has fallen), il nuovo film di Antoine Fuqua (Training Day, King Arthur, Brooklyn's Finest), sbarcato sul grande schermo il 18 aprile scorso.

Un banale incidente autostradale durante una tormenta e la First Lady (Ashley Judd) muore. Per il vedovo inquilino della Casa Bianca, il presidente Benjamin Asher (Aaron Eckart), è un colpo tremendo e fa allontanare il fidato Mike, conscio di sapere che gli ha salvato la vita ma non ancora pronto per rivedere nei suoi occhi l’incidente mortale. Qualcosa intanto sta per esplodere nel cuore degli Stati Uniti, proprio lì, a Washington. Una minaccia dal cielo piomba minacciosa sparando. Sembra fine a se stessa. Un attacco terroristico suicida. È solo un paravento.

Il vero pericolo è appena entrato nel bunker di sicurezza dell’Olimpo (nome in codice della Casa Bianca). Il vero pericolo ha il volto della sicurezza diplomatica. Le parole “attentato” e “Stati Uniti” fino a qualche anno fa non era quasi possibile pronunciarle nel cinema d’oltreoceano. Barack Obama ha reso gli americani con i nervi un po' più saldi e la dimostrazione è stato anche l’atteggiamento, non certo istericamente Bushiano, alla tragedia delle bombe esplose durante la maratona di Boston.

Gli Stati Uniti hanno fatto e supportato guerre. Inevitabile che abbiano nemici ovunque e pronti a tutto. A volte questi agiscono per ottenere qualcosa. A volte per mera vendetta. E per quanto si possa prevedere e allestire il miglior sistema di sicurezza, c’è sempre una minima breccia dove potrebbe incunearsi l’impossibile. 

Ci vogliono 15 minuti per raggiungere la Casa Bianca, noi ce l’abbiamo fatta in 13, ghigna spavaldo il capo dell'attacco Kang Yeonsak (Rick Yune). Kang vide la madre saltare su di una mina antiuomo messa dagli americani e adesso vuol far detonare tutte le armi atomiche sul territorio statunitense. Stanno per spalancarsi le porte dell’inferno, sentenzia scioccato il vicepresidente Speaker Trumbull (Morgan Freeman).

Che si fa? Si muove la diplomazia, si tenta un’incursione o si cede al ricatto? Kang è molto chiaro: nessuna negoziazione è in atto. The Peacemaker (1997, di Mimi Leder) raccontava di come il diplomatico Dušan Gavrić (Marcel Iureş) volesse detonare un ordigno nucleare a New York durante un Consiglio delle Nazioni Unite, ancora lacerato per l’incapacità dell’ONU di aver impedito il massacro in terra slava. 

E come nella più vecchia pellicola il colonnello Tom Devoe (George Clooney) prendeva in mano la situazione con caparbietà e risolutezza, così Banning è l’uomo giusto al momento giusto. In perfetto stile western moderno. Coraggioso e con le ferite nell’anima. Mike ha una partita personale da chiudere con i propri rimorsi. E salvare la vita al proprio Presidente e a suo figlio è la sola strada (im)possibile da compiere.

Adrenalina, eroismo a stelle e strisce, un finale oltre modo banale e più fianchi facilmente esposti a critiche. “Mi è parso una grossa operazione di propaganda” commenta il giovane Matteo Baffa, “un’esaltazione sfrenata dei valori americani e soprattutto dei metodi americani, di come da loro dipendano le sorti del mondo, di come solo loro possano risolvere situazioni disperate. 

Un film auto-celebrativo, come se si volessero gettare le basi a una nuova sorta di conflitto mondiale contro il terrorismo, che ne voglia giustificare gli strumenti di lotta (vedi Banning che tortura due terroristi per ottenere informazioni e si vanta con i dirigenti americani dell'efficacia dei suoi metodi)".

American Pride, certo. Ma c’è di più. Una riflessione che va oltre. Dove l’America è solo un nome e non il tutto. La Casa Bianca oltre se stessa. Simbolo del potere invulnerabile. Ma non c’è di fatto. Non è lei come non è nessun altro posto. Dove si sparge morte, si semina morte. Più di duemila anni di storia dovrebbero averlo insegnato. E questo non vale solo per gli Stati Uniti. E chiunque veda in essi il male del mondo dovrebbe aggiornare la propria cultura perché Europa, Cina e Russia non sono da meno. Ci siamo tutti là in mezzo. 

Parafrasando il recente ZeroZeroZero (2013, Feltrinelli) di Roberto Saviano, “Ma se ritieni che solo una nazione possa essere la responsabile delle guerre nel mondo, o sei incapace di vedere e stai mentendo. Oppure, semplicemente, la persona che sta per aggredire un altro, sei tu”.

Attacco al potere - Mike Banning (Gerard Butler) in azione
Attacco al potere (2013, Olympus Has fallen) di Antoine Fuqua
Attacco al potere (2013) - il vicepresidente Speaker Trumbull (Morgan Freeman)

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