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giovedì 30 maggio 2013

Tutti vogliono un Pinochet… NO, quasi tutti

No - I giorni dell'arcobaleno (2012, di Pablo Larraín)
Nel Cile deggli anni '70 la dittatura di Pinochet fu spalleggiata dall'Occidente. Il popolo però si ribellò. No - I giorni dell'arcobaleno (2012, di Pablo Larraín).

di Luca Ferrari

C’è un dittatore andato troppo oltre e la Comunità Internazionale, occidentale  in questo caso, ha taciuto. Anzi, ha fatto di più. Ha sponsorizzato il golpe di Augusto Pinochet ai danni del marxista Salvatore Allende. Allora (1973) nello stato del Cile, come in molte altre realtà sudamericane dell’epoca, era in atto una terribile repressione ai danni di chiunque non appoggiasse la linea governativa.

Quindici anni dopo, con un mondo che sta allentando le maglie del terrore e dello spettro della guerra nucleare, nel 1988 viene indetto un referendum nazionale per sancire in modo democratico chi guiderà il paese. L’opposizione è debole e il regime comunque usa ancora la mano dura. Si potrebbe utilizzare il tempo pubblico per mostrare gli orrori (centinaia di migliaia di arrestati e torturati nonché almeno tremila morti), e invece no. NO!

La comunità che sgomita per ottenere giustizia e  democrazia non dimentica certo il passato ma vuole guardare al futuro. Viene ingaggiato il giovane pubblicitario René Saavedra che lancia la campagna Chile l'alegria ya viene. No - I giorni dell'arcobaleno (2012, di Pablo Larraín) con Gael García Bernal (I diari della motocicletta, Babel, Fidel) nella parte dell'artefice della campagna, e con le dichiarazioni di sostegno alla campagna degli attori Jane Fonda e Christopher Reeve.

La drammatica dittatura cilena è una di quelle tante pagine della Storia trascurate in favore di qualche fondamentale passaggio medievale o l’ennesima conquista dell’Impero Romano che ogni tanto andrebbe magari accorciata e già che ci siamo anche chiamata col suo vero nome, e cioè “massacro”. 

Pablo Larraín racconta una storia di cui si sa poco aldiquà dell’Atlantico e se già l’abbattere un regime senza l’uso di armi sarebbe di per sé una lezione sufficiente che evidentemente il potere che detiene lo status quo non vuole portare avanti, c’è qualcosa di ancor più importante. Un doppio messaggio. La vittoria del futuro. Qualcosa che nello statico presente italico cannibalizzato da strascichi fascio-comunisti è al limite della fantascienza.

È quasi impossibile guardare No - I giorni dell'arcobaleno concentrandosi “solo” sul film e non sulla Storia. Come accadeva anche in Argo (2012, di Ben Affleck), l’incalzare della regia non fa che aumentare l’ansia in attesa di scoprire come andrà a finire (specie per chi non lo sa) la vicenda, temendo che d’improvviso qualche fatto disumano possa irrompere spietato.

Senza espandere il discorso a ogni mondo, in questo momento la Nato, come l’Onu avvallano miseria, fame e linee governative dispotiche. Della stessa linea operativa anche le varie Cina e Russia. Non c’è speranza dunque per un mondo migliore? No, non c’è. Il mondo potrebbe cambiare, ma non cambierà. Nel corso della Storia però succedono fatti al limite dell’inspiegabile. Inspiegabili perché a trionfare non è il sangue ma il popolo.

Il trailer di No - I giorni dell'arcobaleno

No - I giorni dell'arcobaleno (2012, di Pablo Larraín)

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