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giovedì 31 ottobre 2013

Cose nostre di famiglia

Cose nostre Malavita - Bella (Dianna Agron) e Fred (Robert De Niro)
Luc Besson dirige Robert De Niro e Michelle Pfeiffer in Cose nostre - Malavita (2013), adattamento cinematografico del romanzo Malavita di Tonino Benacquista.

di Luca Ferrari

"Devo ancora cambiare nome, che palle". Finisce con questa frase Cose nostre – Malavita (2013, di Luc BessonThe Family il titolo originale). A pronunciarla, lo sconsolato ex-mafioso collaboratore di giustizia, l’italo-americano Giovanni Manzoni (Robert De Niro) al volante nel buio dell’oscurità normanna, mentre si avvia verso una nuova località in terra francese sotto mentite spoglie.

Sono lontani i tempi festanti della Brooklyn dove i Manzoni erano una delle più importanti e potenti famiglie mafiose. Dopo che Giovanni ha mandato in carcere molti della Famiglia con le sue testimonianze, è iniziata un’altra vita e per l’ennesima volta deve affrontare l’integrazione in un  posto nuovo.

Fred (De Niro), la moglie Maggie (Michelle Pfeiffer) e i figlia Bella (Dianna Agron) e Warren (John D'Leo) si spostano di continuo perché chi prima o chi dopo, cade sempre nei “vizi” di una volta entrando in conflitto con i neo-concittadini. Che sia farsi pagare il pizzo o prendere a martellate qualcuno che manca di rispetto, per l’incaricato federale di proteggerli, l’agente Stansfield (Tommy Lee Jones) sono sempre guai.

Dopo l'impegno cinematorafico dedicato al  Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi con The Lady (2011),  il registra d'oltralpe Luc Besson torna dietro la macchina da presa per dirigere  Cose nostre – Malavita (2013). Non è facile trattare il tema “mafia”. Besson non lesina né sangue né humour. Il capofamiglia spesso per controllarsi immagina quello che farebbe ai suoi interlocutori (sindaco incluso) e c’è di che avere i brividi. Seduto davanti alla macchina da scrivere, è a dir poco tragicomico nella stesura delle sue memorie dove mette nero su bianco i 10 aspetti migliori della sua personalità.

Se i figli a scuola si dividono tra i classici problemi adolescenziali (bullismo, avance sboccate e cotte) e la moglie spazia tra spese e chiesa (con una confessione che lascerà il segno), Manzoni Senior è annoiato a casa così s'improvvisa scrittore finendo per diventare la star di un cineforum dove viene proiettato Quei bravi ragazzi (1990, di Martin Scorsese).

Guai e lacrime. La famiglia del titolo in inglese non è quella mafiosa dove si è legati da interessi e paure. La vera family è quella di un padre, una madre e due figli. Uniti nelle avversità. Uniti nel ricominciare da zero. Magari ad attenderli nella loro nuova cada non ci sarà il televisore e il contatore della luce sarà ancora staccato ma poco importa. Fred, Maggie, Bella e Warren si vogliono sempre più bene e andranno avanti. Insieme e uniti.

Il trailer di Cose nostre - Malavita

Cose nostre Malavita - Warren (JOhn D'Leo), Maggie (Michelle Pfeiffer) e Bella (Dianna Agron)

martedì 29 ottobre 2013

Cinemetal Venezia, Through the Never

Metallica: Through the Never (2013, di Nimród Antal)
Anche il Circuito Cinema di Venezia propone nelle giornate di martedì 29 e mercoledì 30 ottobre il film-evento Metallica: Through the Never (2013).

di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – content writer

Metallica: Through the Never
(2013), il film concerto/lungometraggio diretto da Nimród Antal (Kontroll, Vacancy), è pronto a sbarcare anche in laguna. Tre spettacoli giornalieri (17.15 – 19.15 – 21.15) martedì 29 e mercoledì 30 ottobre al Cinema Multisala Rossini sala 1.

Protagonisti sul grande schermo, a fianco del giovane Dane Dehaan (Lincoln, Come un tuono, The Amazing Spider-Man 2) i four horsemen in persona: il cantante/chitarrista James Hetfied, il chitarrista Kirk Hammet, il batterista Lars Ulrich e l’ultimo arrivato nei Metallica, il bassista Robert Trujillo.

Lavorare per una rock band è il sogno di moltissimi di noi. Ma quando durante un concerto dei Metallica per l'appunto,  il giovane Trip (Dehaan) viene mandato a sbrigare una commissione urgente, quello che in apparenza doveva essere un normale compito di routine si trasforma in un’avventura al limite dell’incredibile.

Distribuito dalla Lucky Red, Metallica: Through the Never è un viaggio nell’ignoto 3D poderosamente accompagnato dalle note (heavy) live degl’intramontabili Metallica.

Metallica: Through the Never - Trip (Dane Dehaan)
Metallica: Through the Never - il cantante James Hetfield
Metallica: Through the Never - il bassista Robert Trujillo
Metallica: Through the Never (2013, di Nimród Antal)
Metallica: Through the Never (2013, di Nimród Antal)

venerdì 25 ottobre 2013

Minion d'Arisa, Buonissimo Me 2

Cattivissimo me 2 - Gru e Margo
Più che Cattivissimo (2), il redento Gru è ormai buonissimo. E lo dovrà ulteriormente dimostrare insieme ai Minion e l’agente speciale Lucy Wilde (Arisa).

di Luca Ferrari

Storia dal sapore Shrekiano e qualche eccessiva e “marmellatosa” iniezione disneyana. Cattivissimo Me 2 (Despicable Me 2), il nuovo film prodotto dalla Illumination Entertainment, è il sequel di Cattivissimo Me (2010) che ha lanciato sul grande schermo il pelato Gru (voce originale di Steve Carell, doppiato in italiano da Max Giusti) e il suo esercito giallo di Minion.

Chi l’avrebbe mai detto che un “cattivo redento” arrivasse perfino a vestirsi da fata buona con tanto di gonna rosa e parrucca zeppa di boccoli biondi pur di far passare un’indimenticabile festa di compleanno alla sua bambina? La nuova natura di Gru viene adocchiata dalla L.A.V. – Lega Anti Cattivi che gli affiderà una missione nel nome del Bene per salvare il mondo.

Al fianco del sempre un po’ burbero Gru, i piccoli Minion. Divertenti. Combina guai, ma sempre pronti ad aiutare il loro capo. Semi-incomprensibili nel modo di parlare. Nulla a che vedere con il loro probabile antenato peloso Cugino Itt (Famiglia Addams) i cui versi erano chiari solo per i lugubri parenti.

Nel film d'animazione Cattivissimo me 2 diretto da Pierre Coffin e Chris Renaud (sempre loro alla regia anche nel primo capitolo), le tre sorelline Edith, Margo e Agnes ispirano fin troppa dolcezza, sebbene standard nei caratteri: rispettivamente la maschiaccia, la più grandicella alla prima cotta amorosa e la più piccina, ancora sognatrice e stretta nella calda coperta dell’infanzia sebbene con un lato sofferente per l’assenza di una mamma.

Così, a rimettere un po’ di pepe nella vita domestica dell’ex-cattivo Gru alle prese anche con tragici appuntamenti che gli appioppa l’invadente vicina, ci pensa la LAV con la suddetta missione top secret. Ma non sarà solo. Una stramba agente speciale alla sua prima missione, lo affiancherà a sfidare il temibile El Macho (doppiato alla grande da Neri Marcorè).

 Lei si chiama Lucy Wilde (Kristen Wiig nell’originale, la cantante Arisa  nella versione italiana), ed è segretamente innamorata di Gru. Finale scontato un po’ troppo simile a Shrek (2001, di Andrew Adamson e Vicky Jenson). Se nella saga dell’orco verde, Ciuchino dirigeva i balli di festa al ritmo di I’m a Believer scritta da Neil Diamond per la rock band The Monkees, i Minion si esibiscono in una travolgente performance dell’ancor più celebre YMCA dei Village People.

Il trailer di Cattivissimo me 2

Cattivissimo me 2 - Gru e Lucy
Cattivissimo me 2 - i Minion
Cattivissimo me 2 - Gru mette a nanna la piccola Agnes
Cattivissimo me 2 - Gru e i Minion

lunedì 21 ottobre 2013

Ritorno al futuro parte 2, il raduno 2013

Tu non ci crederai ma dobbiamo tornare nel 1955...
La fame dei mitici Eighties non si placa. E dopo essersi gustasti al cinema di Ritorno al Futuro (1985), ora sta per arrivare (di nuovo) la parte II.

di Luca Ferrari

Nexo Digital riporta sul grande schermo Ritorno al Futuro parte 2(1989). Dirige Robert Zemeckis. Produce Steven Spielberg. Interpretano Michael J. Fox e Christoper Lloyd. Appuntamento al cinema nel passato. Cioè nel futuro. Oh insomma, mercoledì 23 ottobre 2013.

Dal 1985 al 2015, e poi ancora indietro. Sempre lì. Nel 1955. A bordo della DeLorean, la macchina capace di viaggiare nel tempo, Marty (Michael J. Fox) e Doc Brown (Christopher Lloyd) ne vedranno delle belle per far quadrare il mondo e non lasciare che siano i prepotenti ad avere la meglio. Nel caso specifico, il vecchio, giovane e pronipote di sé, Biff Tannen (Thomas F. Wilson).

E ci saranno anche loro: Lorraine Baines McFly (Lea Thompson), il preside Strickland (James Tolkan) e se a qualcuno fosse sfuggito, a dare viscida forma a Needle, il subdolo collega di Marty, è Flea, il bassista dei Red Hot Chili Peppers.

E come molte sale cinematografiche hanno risposto all’invito della società di produzione e distribuzione Nexo Digital, così anche il circuito Cityplex di Mestre (Ve) non si è fatto sfuggire l’occasione. Così, dopo aver proiettato lo scorso dicembre il primo inimitabile Ritorno al futuro (1985) al cinema Palazzo, questa volta tocca al collega Excelsior (in piazza Ferretto) con tre proiezioni alle h. 17.40, 19.50 e 22 per raccontarvi questa nuova straordinaria avventura sulle ali della fantasia più grandiosamente zemeckiana.

Ritorno al Futuro parte II (1989) torna al cinema © Emiliano Albano

venerdì 18 ottobre 2013

Aspirante Iena, Che vedovo che fa

Aspirante vedovo - Alberto Nardi (Fabio De Luigi) e Susanna Almiraghi (Luciana Littizzetto)
Solo una laconica Italia di cui non c’è più niente di cui sogghignare. Aspirante vedovo (2013, di Massimo Venier) arranca nel ricordo dell’originale Il vedovo.

di Luca Ferrari

Amarezza. Catena di comando. Cafonaggine. Nel consueto siparietto del provincialismo italiano di coppia, anche nel mondo dei lucrosi affari la dinamica non cambia. La domanda da porsi è semmai questa: ma che ci fanno due mattatori di risate come Luciana Littizzetto e Fabio De Luigi nei cinici e amari panni della spregiudicata business woman Susanna Almiraghi e l’incapace Alberto Nardi?

I due protagonisti si saranno anche divertiti a girare Aspirante vedovo (2013, di Massimo Venier), come hanno dichiarato, qualcuno dall’altra parte del grande schermo molto meno. I tempi di Alberto Sordi e Franca Valeri (interpreti dell’originale Il vedovo di Dino Risi) sono lontani. Magari è cambiato poco (non abbastanza) da quell’Italia di allora, ma sono comunque lontani (1959). Forse perché all’epoca c’erano ancora margini di miglioramento. Oggi, no. Il reale è ancora troppo “qualunquemente” alfiere dei peggiori vizi da padroncino italiano.  

Fabio De Luigi sembra un incrocio tra l'imbranato Bum Bum Picozza, il finto inviato delle Iene in missione per la Gialappa’s Band e l'odioso politico Pietro Paolo Gandi, "inconsapevole" protagonista di Scherzi ad Arte (sempre made in Gialappa's). Poco convincente anche la simpatica Luciana, decisamente più a suo agio nei panni di mina controllata/incontrollabile alla corte di Fabio Fazio nella trasmissione Che tempo che fa.

Tra i presenti c’è anche un cavallo di razza come Bebo Storti, qui nel talare di un vescovo non proprio pio, e capace di numeri ben più sostanziosi. Invece fa il suo compitino da anonima sufficienza. Sulla stessa linea anche lo Stucchi di Alessandro Besentini.

Chiamatelo effetto Cetto La Qualunque, il personaggio lanciato dal comico pugliese Antonio Albanese. Gag che avrebbero potuto far sorridere vent’anni fa, oggi sono qualcosa di molto tragicamente realistico e anche quando dovresti, avresti voglia di farti una bella risata, non te la fai. Non ti viene. Ti resta l’amaro in bocca perché ripensi al sempre più deludente presente. Così resti lì. Al buio. In attesa che qualcosa di realmente spiritoso arrivi, ma non succede.

Aspirante vedovo continua a mostrarci un’Italia di cui non c’è più niente, ma proprio niente, di cui sogghignare. Ognuno tiranneggia su altri. C’è chi (Almiraghi) è capace e ha una posizione di potere, e chi (Nardi) è lì solo per convenienza e vorrebbe sempre avere di più. E quando ti accorgi che perfino un autista sfruttato, non appena guadagna un millimetro di posizione, risponde da cafone a una gentile richiesta di un anziano giardiniere per una questione di parcheggio, capisci che la misura è davvero colma. 

Finanza e moralità, feeling non c’è mai stato. O quasi. Nella seconda metà anni ’90 ci sembrava tutto così diabolicamente irreale. Oggi è angelicamente normale nella sua volgarità. Anche il Supremo per eccellenza, lo spietato demente Carcarlo Pravettoni, il mitico personaggio portato sul piccolo schermo da Paolo Hendel e riproposto di recente su L’ultima parola (programma televisivo condotto dal giornalista Gianluigi Paragone), ha perso molto del suo fascino. L’impensabile grottesco è il pane gonfio che passano in questo carcere economico-italiano a cielo aperto.

Si cari padri e nonni, molto e molto più dei vostri tempi. Voi avevate la speranza e la convinzione di poter creare un mondo nuovo o quanto meno godervi di più quello che restava del vecchio. Noi abbiamo la consapevolezza che non ci sarà nulla di tutto ciò. O quanto meno non saremo noi a vederlo.

Il trailer di Aspirante vedovo
Aspirante vedovo - Stucchi (Alessandro Besentini) e Alberto Nardi (Fabio De Luigi)

mercoledì 16 ottobre 2013

Batman, Yes I Ben

Ben Affleck è Daredevil, il supereroe Marvel
Il regista premio Oscar per Argo, Ben Affleck, messo alla gogna per essere stato scelto come nuovo interprete di Batman. Ma quando la moda dei supereroi "oscuri" non era ancora scoppiata, fu lui a dare anima e volto al troppo sottovalutato Daredevil (2003, di Mark Steven Johnson).

di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – web writer

Christian Bale è uno dei migliori attori in circolazione. La sua prossima interpretazione in American Hustle (2013, di David O’ Russel), ambientato nell’America di fine anni ’70 potrebbe far pensare già a una seconda nomination-statuetta agli Academy dopo il meritatissimo Oscar come Miglior Attore Non Protagonista in The Fighter (2010, sempre di O’ Russel).

Christian Bale, The Dark Batman
Christian Bale è stato il Batman oscuro della  trilogia di Christopher Nolan. Da tempo aveva annunciato che la sua presenza sotto il costume dell'uomo-pipistrello nel film The Dark Knight Rises (2012, Il cavaliere oscuro - Il ritorno) sarebbe stata l’ultima. È stato di parola.

Il business di Batman però “deve” andare avanti. È cominciata dunque (un po’ troppo presto) la ricerca di un nuovo candidato per presenziare una decina di minuti nel sequel di Man of Steel, sempre diretto da Zack Snyder. Nella pellicola di prossima uscita dunque, ci sarà l’incontro tra Superman (confermato Henry Cavill) e il collega supereroe che avrà il volto nascosto di Ben Affleck.

Apriti cielo. Gruppi su Facebook contro questa decisione. Proteste di internauti a go-go e anche la maggior parte della stampa non ha troppo gradito la scelta. Ma perché tutto questo astio nei confronti di Mr Affleck? Troppo amore per Christian o è la tipica situazione in cui, per scaricare il nervoso contro chi ha già messo nel dimenticatoio il sig. Bale-Batman, ce la si prende con il suo sostituto-successore?

The Town -  Doug MacRay (Ben Affleck)
Ben Affleck, premio Oscar anche per la Miglior Sceneggiatura Originale insieme all’amico Matt Damon per Will Hunting – Genio ribelle (1997, di Gus Van Sant), è stato spesso criticato come attore in modo eccessivo.

Quando si è piazzato dietro la telecamera però, ha zittito tutti. Inoltre le sue recenti interpretazioni in pellicole come Hollywoodland (2006, di Allen Coulter) dove ha anche conquistato la Coppa Volpi come Miglior Attore alla 63° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, State of Play (2009, di Kevin Macdonald) e The Town (2010, di cui è anche regista) ne hannp dimostrato le indubbie capacità.

Quando poi il boom dei supereroi non era ancora scoppiato, Ben Affleck indossò la tuta di lattice rossa per interpretare il supereroe marvelliano Daredevil (2003, di Mark Steven Johnson) a fianco di Michael Clarke Duncan (Wilson Fisk/Kingpin), la futura moglie Jennifer Garner (Elektra) e Colin Farrell (Bullseye).

Christian Bale è stato perfetto in Batman, e sotto la regia di Nolan ne ha ridisegnato l’immaginario. La macchina milionaria di Hollywood però non concede pause. Ora è il turno di Ben Affleck. Sarà migliore? Sarà peggiore? Sarà diverso. Punto e basta. E se davvero non potete sopportare l'idea di "Ben-Wayne", nessuno vi obbliga ad andare al cinema.

Argo - Tony Mendez (Ben Affleck)

lunedì 14 ottobre 2013

Bling Ring, frivola fierezza d’essere

Bling Ring (2013, di Sofia Coppola)
Cronaca d’appeal. Storia vera. Allarme giovani allo sbando. Bling Ring (di Sofia Coppola) è una debole commedia superficiale.

di Luca Ferrari

Breve (87’) e frivolo. Rare incursioni nel background psicologico della banda di giovani che entravano nelle case dei vip per rubare borse, scarpe e quanto di più materialista ci potesse essere. La tanto strombazzata opera 5 della regista Sofia Coppola non incide. Non spiega. Dice e non dice. In Bling Ring c’è ben poco posto per qualcosa. Tutto s’immola sul sacro altare dell’apparenza.

Sofia Coppola continua a raccontare il mondo giovanile. Stranito. Perduto. Fragile. Non certo ordinario. L’avevamo lasciata a Venezia, alla Mostra del Cinema 2010, con in mano il Leone d’Oro per il Miglior Film, Somewhere. La ritroviamo con un film che ha fatto più notizia per la sua interprete più nota (la harrypottiana Emma Watson) e per il fatto di cronaca in sé realmente accaduto, che non per la qualità della pellicola.

C’è un nuovo studente nella modaiola Hollywood, Marc (Israel Broussard), subito etichettato come sfigato semplicemente perché non palestrato o vestito disgustosamente alla moda. In un amen gli viene in soccorso Rebecca (Katie Chang), che si scopre essere un’abituale maniaca di gossip e annessi furti a macchine di ricconi e desiderosa insieme alle amiche di avere tutto quello che indossano le star dello show business. 

È lui il solo personaggio di cui si parla in modo un po’ più approfondito con accenno (minimo) di storia personale. Delle altre si vedono solo le ville sfarzose in cui vivono, l’opulenza e un certa intolleranza per qualsiasi cosa non possa aspirare a finire su di una copertina patinata. In particolare Nicki (Emma Watson). Di lei si capisce a che è famosa. Perché? Per cosa? Non si sa.

Rebecca e Marc entrano nella villa di Paris Hilton, e subito coinvolgono le altre amiche. Quando la banda ribattezzata dalla stampa americana per l’appunto "Bling Ring" si perde nei guardaroba infiniti della bionda ereditiera, sembra di rivedere le scene pop della regina francese Marie Antoniette (Kirsten Dunst) dinnanzi a scarpe e makeup. Nicki poi è tremendamente “americanbeautiana” (Angela Hayes, alias Mena Suvari) nell’atteggiamento e molto simile pure nel doppiaggio italiano.

Scarpe, trucchi, borse, collane, braccialetti. Un gruppo di viziatelli rapinano le case dei vari Orlando Bloom, Rachel Bilson, etc. per un totale di oltre 3 milioni di dollari. Vengono presi, processati e intervistati (qualcuno più degli altri, s'intende). Si, ok. E poi? E poi? E poi? Poteva esserci qualcosa di più. Ci doveva essere qualcosa di più. Si può essere Sofia Coppola e raccontare. Poi (per fortuna) ci sono gli Oliver Stone che hanno il coraggio di dire qualcosa di più.

Guarda il trailer di Bling Ring

Bling Ring - Rebecca (Katie Chang), Marc (Israel Broussard) e Nicki (Emma Watson)
Bling Ring - Nicki (Emma Watson)

mercoledì 9 ottobre 2013

Marvel, il giorno di Loki

Thor: The Dark World - Loki (Tom Hiddleston)
Nella saga del dio del tuono Thor, il fratellastro “cattivo” Loki (Tom Hiddleston) si meriterebbe uno spin off a regola d’arte. Marvel, mi ricevi?

di Luca Ferrari

Prima presuntuoso e arrogante, poi valoroso e pronto perfino a sacrificarsi per i neo-amici terrestri. Nel giro di una mezz’ora  cinematografica, il dio del tuono Thor (Chris Hemsworth) passa da testa calda a eroe immacolato. Chi invece comincia e rimane detestabile, doppiogiochista e rancoroso, è il fratellastro Loki (Tom Hiddleston). La saga del dio norreno prende il via nel 2011, con Thor di Kenneth Branagh.

Passa appena un anno (2012) e le liti familiari si spostano sul Pianeta Terra nel successivo The Avengers di Joss Whedon dove, parola di Tony Stark (Robert Downey Jr.), Loki riesce nell’impresa "di far incazzare il semi-dio fraterno, un supersoldato, una leggenda vivente che vive nella leggenda, un uomo con grossi problemi nel gestire la propria rabbia e due assassini provetti".

E veniamo al presente. Il 20 novembre 2013 sbarca sul grande schermo Thor – The Dark Wolrd (2013, di Alan Taylor). Aldilà della liaison tra il possente dio scandinavo e la bella scienziata Jane (Natalie Portman), nel cui trailer è già cult lo schiaffo che rifila a Loki con le parole, questo è per New York!, c’è grandissima curiosità di vedere come e soprattutto quanto durerà l’alleanza tra un Thor indebolito e appunto Loki, fino ad allora sotto chiave per i ben noti empi atti compiuti su e giù per il cosmo.

Il suo discorso "avengerante" sul servilismo terrestre ha fatto epoca, ma ora è tempo di una nuova sfida e aldilà dello sviluppo della storia, spero all’altezza e non fragile come la terza avventura di Iron Man, non credo proprio di essere il solo ad auspicare che i Marvel Studios si mettano al lavoro per un film interamente incentrato su di lui.

“Premesso che non ho mai visto The AvengersThor, perché dovrei essere così affascinata da un personaggio di cui in realtà ho nel mio bagaglio solo pochissimi frame in qualche trailer?” a porsi questa domanda e rispondere in esclusiva per cineluk, la giornalista milanese Desirée Sigurtà. “D’istinto direi perché mi sta simpatico e perché l’attore Tom Hiddleston è riuscito a tracciare un profilo talmente perfetto di villain moderno, che non si può restare indifferenti”.

L’analisi di Desirée si spinge sempre più a fondo. Nei meandri psicologici del personaggio creato nel 1962 da Stan Lee, Larry Lieber e Jack Kirby.

“Non sono un’amante del cinema quindi mi baso spesso su quello che leggo in giro, ma quando parlo di villain moderno (e penso al Joker di Heath Ledger, forse anche al forzuto Bane), non mi riferisco a cattivi e basta, un po’ alla Spectre di James Bond. Intendo cattivi che lo sono diventati per un motivo. Potrei dirti che il primo villain moderno è il Dottor Male di Austin Powers, anche se la carica drammatica ovviamente è tramutata in demenziale e caricaturale.

Dietro questi personaggi c'è sempre una storia di abbandono. Abbandono di affetti, speranze e ideali. Loki in fondo non si sente abbandonato perché Odino (Anthony Hopkins) non è il suo vero padre e si reputa inferiore rispetto al figlio naturale Thor? I cattivi cercano visibilità con azioni eclatanti (ai nostri occhi, crudeli), perché vogliono far vedere che valgono, che sono qualcuno. Soprattutto agli occhi di chi non li considera (o non li considera a dovere). I buoni saranno anche buoni ma hanno un profilo psicologico un po’ piatto.

Sono come quelli della Spectre, buoni e basta. Perfetti. Indomiti. Coraggiosi. Valori a cui vorremmo tutti tendere e aspirare, ma noi siamo umani, non supereroi (The Avengers, ma anche Batman). Per questo i figli (de)relitti sono simili a noi, perché rispecchiano di più le sfumature dell’anima.

Forse l'unico eroe moderno non tutto d'un pezzo è il Bond di Daniel Craig, ma lì è un'altra storia. Certo, ci sarebbe anche l'uomo-pipistrello, ma non ho un giudizio esatto. La trilogia del Cavaliere Oscuro non l'ho vista, Casino Royale (2006, di Martin Campbell), si.

Forse è tutto merito dei registi e degli sceneggiatori che sanno studiare e descrivere bene le cose. Ma senza un buon attore non si fa nulla. Nel trailer di Thor: The Dark World, quando il “biondone" va nella cella in stile Hannibal Lecter, lo sguardo di Loki è magnetico e sofferente. Poi magari è tutta una finta. Poi è cattivo lo stesso. Ma come si fa a non amarlo?”.

Thor: The Dark World (2013, di) - Loki (Tom Hiddleston)

lunedì 7 ottobre 2013

La prima neve, La prima scuola

La prima neve - Pietro (Peter Mitterrutzner) e Michele (Matteo Marchel)
Venerdì 11 ottobre al cinema MultiAstra di Padova si terrà la doppia proiezione di La prima neve (2013, di Andrea Segre), film presentato in anteprima alla 70° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.


La pellicola, che sbarcherà sul grande schermo di tutta Italia a partire da giovedì 17 ottobre e sarà distribuita dalla padovana Parthenos, è ambientata tra i monti del Trentino i cui boschi faranno da teatro per l’intensa vicenda umana del togolese Dani (Jean-Christophe Folly), il piccolo Michele (Matteo Marchel) e il vecchio falegname Pietro (Peter Mitterrutzner).

Saranno presenti in sala, oltre a Segre e il produttore Francesco Bonsembiante, anche gli attori principali: Anita Caprioli, Giuseppe Battiston e il giovanissimo Matteo Marchel, qui al suo debutto davanti la macchina da presa. Non solo cinema, ma impegno sociale e sensibilità. Oltre alla visione di La prima neve, uno dei più applauditi al festival veneziano, il regista presenterà La Prima Scuola, progetto per raccogliere fondi a favore degli istituti scolastici di periferia (per info: http://www.laprimaneve.com/laprimascuola/). 

A tutti gli spettatori che vorranno contribuire con un’offerta, sarà regalato il libro Prima della neve (realizzato dall’azienda Montura) contenente le foto scattate sul set da Simone Falso e gli appunti di lavorazione di Andrea Segre. Durante le proiezioni infine, verrà riservato un posto vuoto come gesto di solidarietà nei confronti di tutti i cittadini africani morti pochi giorni fa al largo di Lampedusa. Un’attenzione quella di Segre sul tema dei migranti, che trovò la sua realizzazione cinematografica nel toccante documentario Mare Chiuso (2012), presentato nella sezione Eventi Collaterali della 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

La prima neve - Dani (Jean-Christophe Folly) e Michele (Matteo Marchel)
Andrea Segre, il regista del film La prima neve

venerdì 4 ottobre 2013

The Rush Knights

Rush - James Hunt (Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Brühl)
Rush, istinto contro ragione a quattro ruote. Il regista Premio Oscar Ron Howard porta sul grande schermo l'epica rivalità tra i piloti James Hunt e Niki Lauda.

di Luca Ferrari

Hunt the Shunt (lo schianto). Niki il computer. Nella seconda metà degli anni ’70 le sfide sui Gran Premi di Formula 1 avevano due assoluti e agli antipodi protagonisti. James Hunt, playboy e pilota inglese della McLaren, e Niki Lauda, metodico austriaco al volante della Ferrari. Una rivalità oggi portata sul grande schermo da Ron Howard in Rush (2013).

Dalle categorie minori all’Olimpo dell’automobilismo, due piloti irrompono nella Storia di questa disciplina diventandone gl’indiscussi primi attori. Ispiratori. Le strade di Niki (Daniel Brühl) e James (Chris Hemsworth) sono destinate a incrociarsi. Sempre e comunque. Come da copione, non si piacciono ma si rispettano.

Scorrono parallele le vite dei due piloti. Guide diverse. Vite diverse. Reazioni diverse. James affoga nel fumo e nell’alcol la provvisoria assenza di un team fino alla rigenerante chiamata della McLaren che lo porterà a guidare ad armi pari con il rivale Lauda, passato nel frattempo dalla BRM alla Rossa di Maranello, e già campione del mondo.

Niki al contrario è a dir poco eroico nel resistere alle ustioni riportate nel terribile incidente del Nürburgring, una gara questa che per le condizioni meteo e la pericolosità del circuito, lui stesso aveva proposto di cancellare. Al suo posto non è difficile credere che il buon James non sarebbe più tornato a gareggiare e si sarebbe arreso subito. Lauda è sfigurato. In ospedale il prete gli ha già dato l’estrema unzione. La sua forza di volontà lo rende invincibile. Si riprende. Tempo neanche un mese è di nuovo in pista.

Lauda è un guerriero. Non gl’importa dell’opinione degli altri. A differenza del rivale non è ben voluto dai colleghi piloti. Vuole vincere, punto e basta. È spavaldo anche da ultimo arrivato nella Formula 1 dinnanzi al compagno di scuderia e già affermato, Clay Ragazzoni (Pierfrancesco Favino, di nuovo diretto da Howard dopo Angeli e Demoni, 2009).

Le riprese effettuate dalle monoposto e lungo i circuiti durante le gare hanno un fascino incredibile. Anche chi non fosse amante del volante o non fosse troppo ferrato nelle imprese di "gente" come Prost, Senna o Shumacher, stia tranquillo, nel giro di pochi minuti si scoprirà muovere la mano come se dovesse cambiare marcia.

Sono riuscito nell’impresa di entrare in sala ignorando il finale della vicenda narrata dall’ex-Ricky Cunningham di Happy Days. Di norma leggo sempre qualcosa del film prima della proiezione. Questa volta non l’ho fatto. Scelta azzeccata alla grande. L’indomani mattina a colazione, dinnanzi a un cappuccino gigante, sono "incappato" in qualcosa di poetico e semi-rivelatore. La frase finale della recensione di Rush, sul numero di novembre del mensile Best Movie da parte di Giorgio Viaro: “E quando capisci che il momento più alto del film non è una vittoria, ma un ritiro, ti accorgi del trionfo”.

Rush, il trailer

Rush (2013, di Ron Howard)
Rush - Niki Lauda (Daniel Brühl)
Rush - James Hunt (Chris Hemsworth

mercoledì 2 ottobre 2013

La volpe e la bambina (2007), amare non è possedere

La volpe e la bambina (2007, di Luc Jacquet)
Una bambina incontra una volpe. Ne nasce un’amicizia speciale fatta di rispetto e vero amore. Il regista Luc Jacquet dirige La volpe e la bambina.

di Luca Ferrari


So leggere. So scrivere. Non so individuare le sue tracce. Sono questi i primi pensieri di una bambina che, passeggiando nel bosco, incontra una femmina di volpe. Sono loro i due protagonisti della pellicola La volpe e la bambina (2007 Le Renard et l’enfant, di Luc Jacquet) con la delicata voce narrante del Premio César Isabelle Carré nell'originale francese, il premio Oscar Kate Winslet in quella inglese e la vincitrice del David di Donatello, Ambra Angiolini in italiano.

Basta un momento. Uno sguardo. E la giovanissima protagonista umana, interpretata dalla piccola Bertille Noël-Bruneau, proverà un incredibile desiderio di rivedere l’animale. Di carezzare la sua pelliccia rossastra. Di giocare con lei. Passerà i pomeriggi dopo scuola sopra un grande albero ad attenderla. E l’emozione quando riesce a rivederla, schizza fuori dal grande schermo lasciandoci sentire l’odore della resina. Del sottobosco bagnato.

Gli occhi della volpe (chiamata Titou) e quelli della bambina sono il telescopio naturale che ci permettono di penetrare una realtà fatta di domande. Circospezione. Contatto. Paura. Lealtà. Forza d’animo. La volpe e la bambina è un viaggio in ogni aspetto della vita. Si percepisce il terrore di Titou quando il suo cuore batte all’impazzata perchè braccata nella tana da una lince. C’è spazio per il momento degli amori. Il corteggiamento. Danza e lotta davanti alla luna piena.

Sulla sponda umana c’è l’angoscia provata a causa gli spari dei cacciatori. E il suo commento fa più male di un proiettile: Il mio parere conta poco. C’è spazio per il coraggio, quando riuscirà a far scappare un piccolo branco di lupi che ha circondato la sua “felina” amica.

Può una volpe tenere il broncio? Vedrà i colori come li vedo io? Può una volpe volere bene a una bambina? Vinta la diffidenza e guadagnatasi la fiducia del piccolo animale selvatico, le due creature dormiranno insieme nel bosco. Ma la bambina commetterà il grave errore di volerla addomesticare. Di fare del suo amore una possessione. E questo suo egoismo porterà il mammifero quasi a morire. Un vero sentimento, non importa verso chi sia rivolto, deve rispettare la natura dell’altro.

La volpe e la bambia (Le Renard et l'enfant - 2007, di Luc Jacquet). Risuonano le noti del flauto intagliato. Adesso che mi lavo con l’acqua del vento, non ho più intenzione di sentirmi inappropriato nel buio della foresta. Tenetevi pure la sorpresa, il guinzaglio e i pregiudizi. Troverò da me la porta d’uscita.

Il trailer de La volpe e la bambina

La volpe e labambina - gli occhi di Titou
Le Renard et l'enfant - Bertille Noël-Bruneau e la volpe Titou

martedì 1 ottobre 2013

Angelo Bacci, me & la Mostra del Cinema

Angelo Bacci (a sx) vicino al regista Gillo Pontecorvo
Sulla via del giornalismo e molto prima di cineluk, mi ritrovai alla Mostra del Cinema a lavorare con Angelo Bacci. E qualcosa cambiò per sempre.

di Luca Ferrari

Mostra del Cinema è l'equivalente di giornate infinite, conferenze stampa, proiezioni in anteprima, Lido di Venezia e un'atmosfera comunque unica ed esaltante. Ognuno ovviamente ha i propri ricordi personali. Per qualcuno è la foto scattata insieme a Brad Pitt sul red carpet, per il sottoscritto Mostra del Cinema è e sarà sempre sinonimo di Angelo Bacci.

Era l’anno del Leone d’Oro alla carriera a Clint Eastwood. Era l’anno di Miloš Forman presidente di Giuria. Era l’anno della Coppa Volpi al Miglior Attore Javier Bardem per l’interpretazione in Prima che sia notte (di Julian Schnabel). Correva l’anno 2000 e alla 57° Mostra del Cinema di Venezia, presieduta dal nuovamente in carica Alberto Barbera, io ero lì. Nel ventre del Palazzo, a lavorare insieme ad Angelo Bacci.

All'epoca ero ancora acerbo nel mondo del grande schermo. Qualche pellicola mi aveva giò sedotto, tra cui Dead Man (1995, di Jim Jarmusch). Le storie si esprimevano. Mi mancava però qualche appunto. E come sempre furono l’esperienza dal vivo e gl’incontri a fare la differenza. Nessuna mansione giornalistica all’epoca. Giusto due anni ancora e avrei cominciato per poi ripresentarmi nel 2008 al Lido di Venezia come inviato per vari giornali fino alla consacrazione di cineluk – il cinema come non lo avete mai letto e il settimanale internazionale L'Italo-Americano.

A parte un paio di apparizioni come “maschera” fuori sala (1997, '99), i miei decisivi passi nel Tempio Veneziano del Cinema li feci insieme ad Angelo Bacci, per quarant’anni uomo in prima linea a La Biennale di Venezia. E poco tempo fa l’ho rincontrato. Ancora volenteroso e creativo. È recente la pubblicazione del suo libro Dalla Fabbrica alla Biennale e ritorno (2011, Supernova).

Correva l’anno 2000 e nel giorno della passerella del regista Takeshi Kitano, sbarcato alla Mostra per l’anteprima di Brother, mi ritrovai insieme a tanti coetanei e non, a essere assoldato nella Yakuza, la potente mafia giapponese. Tutto vestito di nero, occhiali scuri e sguardo incazzato sul red carpet per la passerella del regista nipponico (Leone d’Oro per il miglior film nel 1998 con Hana-bi/Fiori di fuoco). Davanti ai flash e gli scatti della stampa mondiale.

Ma questo non è che un orpello. Il vero viaggio fu un altro. Dietro le quinte. Senza il clamore delle sale. Senza nessuna apparente star. Prendendo appunti inconsci. Imparando dall’instancabile passione di un uomo, Angelo Bacci. Deciso ma cortese. Brillante e sognatore. Ispiratore. Nella prosa come nell'arte più poetica, quella che immortalai proprio in quei giorni

“Nel ciondolo di un panorama
sorpresi le avarie dei numeri a camminare
in punta di piedi, continuando
a scrivere favole
senza che la vita avesse mai cessato
d’essere un laboratorio
di torte alla frutta con tabasco/… Sono stato
il solo responsabile di un vecchio mondo
in regresso
senza più re né piogge primaverili, ma
questi applausi dall’altra parte
della strada
sono troppo facili per un video-identikit/… Preferisco
di gran lunga improvvisare
nei momenti migliori”
                                           Lido di Venezia (Ve), Palazzo del Cinema, 30 Agosto 2000

Lido di Venezia 2009 - Angelo Bacci (al centro) riceve il Gran Premio Bisato d’Oro
tra l’attrice Maria Grazia Cuccinotta e il critico cinematografico Antonio Llorens Sanchis