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domenica 17 novembre 2013

Jobs (2013), qualcosa di non fantastico

Jobs - Steve Jobs (Aston Kutcher)
Dai videogame casalinghi alla fondazione del colosso informatico Apple. Joshua Michael Stern dirige Jobs (2013). Aston Kuthcer intepreta Steve Jobs.

di Luca Ferrari

Deciso. Scaltro. Instancabile. Geniale. Steve Jobs (1955-2011) è stato un uomo che ha segnato l’ultimo trentennio tecnologico. Le sue smanie di grandezza, perfezionismo e voglia d’innovazione lo hanno reso un inflessibile fabbro digitale in costante attraversamento di sentieri meno battuti. Create qualcosa di utile, qualcosa che vi stia a cuore ripeteva Steve.

Ad appena due anni dalla sua morte, il regista Joshua Michael Stern (The Contractor, Swing Vote) ha realizzato Jobs (2013) con Aston Kutcher (That '70s Show, Oggi sposi... niente sesso, Bobby, The Guardian) nei panni di “Mr Apple”, mostrandone pregi e difetti con un po’ troppa fretta e senza eccessiva introspezione.

Dalla fine all’inizio, e via con il “film” del passato. Come visto di recente anche in The Iron Lady (2011, di Phyllida Lloyd), la pellicola segue una linea standard più che collaudata. Ma se nel lungometraggio dedicato all’ex-Primo Ministro britannico Margaret Thatcher (interpretata da Meryl Streep) si giocava a ping-pong tra passato e presente, in Jobs il salto è uno e unico. Iniziando da un Kutcher/Jobs invecchiato mentre presenta l’iPod e quindi il flashback a partire dai tempi del college.

Il ritratto che esce di Steve Jobs è quello di un uomo ambizioso e determinato. Pronto a sacrificare ogni attimo di vita privata per realizzare qualcosa che possa rimanere scolpito nell’universo. Ma Jobs era davvero l’inizio e la fine del proprio mondo come sentenziava preoccupato l’amico e co-fondatore della Apple, Steve Wozniak (Josh Gad)?

Realizziamo qualcosa di fantastico. Di assurdamente fantastico. Bisogna far credere alla gente che non c’è limite dice Jobs. Al contrario la pellicola diretta da Joshua Michael Stern decolla raramente. Nessuna traccia d’impetuosi picchi creativi che il vero Steven avrebbe preteso.

Jobs (2013): ascesa, caduta e ascesa. Dai primi successi della Apple e il trionfale sbarco a Wall Street fino all’emarginazione dello stesso fondatore dalla propria creatura per mano del Consiglio di Amministrazione e il trionfale ritorno in azienda. Ripagando con la medesima moneta anche l’ambiguo e ventennale collaboratore Mike Markkula (Dermot Mulroney).

Non poteva mancare in Jobs la polemica con il fondatore della Microsoft. Il tutto però si riduce a pochissimi minuti condensati nella presa in visione di Windows  direttamente dal quartier generale della Silicon Valley e successiva sfuriata telefonica di Steve Jobs a Bill Gates, senza nemmeno un’inquadratura o una parola di quest’ultimo.

Per i veterani degli anni ’80 svezzati con i giochi Atari e Commodor 64, Jobs è un tuffo nel passato che fu, rimpiangendo, se mai ce ne fosse ancora bisogno, non solo il tempo che è volato via inesorabile ma soprattutto quella sensazione/certezza che ci fosse ancora molto spazio di manovra per cambiare qualcosa. Vedere poi il giovane Steve Jobs (Aston Kutcher) che realizza il videogioco Breakout fa venire voglia di mettersi subito a guardare E.T. (1982) o i Goonies.

Contradditorio e caparbio. C’è chi definisce Steve Jobs un genio innovatore e chi un opportunista che ha messo sotto chiave (e marchio) qualcosa che esisteva già come open source. Quale che sia verità, l’aspetto indelebile di Steve Jobs forse non è tanto quello che ha fatto, ma come l’ha realizzato. Jobs (2013, di Joshua Michael Stern) è solo il principio della sua eternità sul grande schermo.

Il trailer di Jobs

Jobs - Wozniak (Josh Gad) e Steve Jobs (Aston Kutcher)
Jobs - Steve Jobs (Aston Kutcher)

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