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venerdì 17 aprile 2015

Nel nome de Il padre e del genocidio armeno

Il padre - Nazaret (Tahar Rahim)
Storia (negata) e film. Scampato al genocidio armeno, il fabbro Nazaret parte alla ricerca della sua famiglia. Il padre (2014 di Fatih Akin).

di Luca Ferrari

La vita per il fabbro Nazaret Manoogian (Tahar Rahim) scorreva placida in Mesopotamia nordorientale. La I Guerra Mondiale però incombeva e l'Impero Ottomano decise di schierarsi dalla parte del collega Austro-Ungarico e Tedesco. Non passò molto tempo prima che ogni non-turco fosse visto come una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale e fu così che cominciò il genocidio armeno.

Film epico. Dramma. Film d’avventura. Western. Il premiato regista Fatih Akin (La sposa turca, Ai confini del paradiso) dirige Il padre (The cut, 2014), presentato in Concorso alla 71° Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.

Mardin, 1915. Prendono il via le cosiddette “marce della morte”. Uomini, donne e bambini, vengono obbligati a massacranti “passeggiate” nel deserto per poi proseguire in altrettanti sfiancanti lavori fino alla più barbara delle esecuzioni. Non sfugge a questo iter nemmeno Nazaret, il cui coltello però postogli sulla gola dall’ex-ladruncolo Mehmet (Bartu Küçükçağlayan), non penetra fino in fondo “a causa” di uno scrupolo di coscienza. E così di notte, il suo stesso macellaio torna a liberarlo. Il taglio è comunque profondo da privarlo della parola (the cut, per l’appunto).

Rimessosi in forze, Nazaret scopre l’orrore della mattanza ottomana che non ha risparmiato nessuno. Gli ultimi angoscianti respiri della cognata Ani (Arévik Martirossian) gli rivelano che tutti i membri della sua famiglia sono morti. L’uomo si sente perduto. È solo al mondo. È allora che incontra il saponiere di Aleppo, Omar Nasreddin (Makram J. Khoury), che gli offre un tetto al riparo dalla gendarmeria ostile.

La storia fa il suo corso. I turchi perdono la guerra. Gli armeni tornano a poter girare senza restrizioni. Nel corso di una proiezione pubblica de Il monello di Charlie Chaplin (film che ha spinto il registra a intraprendere la carriera di cineasta, ndr), re-incontra il suo ex-apprendista Levon (Shubham Saraf) che gli rivela un’impensabile verità: le sue due figlie sono vive. Ha inizio così un lungo viaggio che porterà il padre a imbarcarsi per Cuba, destinazione L’Avana (bellissima l’immagine del Malecon, ndr), dove le gemelle sembrano abbiano trovato marito.

Sono passati cent'anni dal genocidio armeno ma il presente per certi versi è ancora peggio del passato. Non solo i potenti USA, Cina, ONU, etc. tacciono sull'argomento ma il governo Turco erede dei diretti responsabili fa ancora ostracismo. Così, oltre a negare la storia ben documentata, ha perfino richiamato i propri ambasciatori presenti nello stato del Vaticano dopo le parole di Papa Francesco su tutti i genocidi, armeno incluso.

Genocidio, una parola che nessuno vorrebbe mai pronunziare. Per le Nazioni Unite ciò significa che ci deve essere una chiara volontà di sterminio di una popolazione come per l'appunto fecero i nazisti con gli ebrei. Non fu certo l'unico episodio. In tempi recenti c'è stato il Ruanda, la Bosnia e in anni più lontani appunto gli armeni per mano dell'Impero Ottomano.

Ma se da parte dell'attuale dittatura del primo ministro Recip Erdogan (per informazioni chiedere ai tanti manifestanti turchi e a Twitter), così come dai suoi “illustri e negazionisti” predecessori non sorprende questa vergognosa linea che prevede perfino il carcere per chiunque ne parli pubblicamente, ancor più triste è constatare che dei 204 attuali stati del mondo appena 20 abbiano riconosciuto il genocidio armeno e sono: Argentina, Armenia, Belgio, Canada, Cile, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Lituania, Libano, Paesi Bassi, Polonia, Russai, Slovacchia, Svezia, Svizzera, Uruguay, Vaticano e Venezuela.

Sempre supportato da un prezioso taccuino, Nazaret prosegue nella propria odissea di riavvicinamento familiare. Non è esente da momenti di sconforto, ma prima l’immagine della moglie Takel (Hindi Zahra) ormai deceduta e poi delle stesse figlie Lucinée e Arsinée (Lara Heller) gli appaiono in sogno per dargli la forza di alzarsi e riprendere il (lungo) cammino). La capitale cubana infatti, ancora lontana dalla futura rivoluzione Castrista, sarà solo la prima di una serie di tappe nel continente americano.

Qualcosa dentro di lui è inevitabilmente cambiato. La guerra sarà anche finita ma la bestialità umana non intende cambiare corso. Così, quando una nativa Squaw viene vigliaccamente assalita per essere violentata da un macchinista nei solitari spazi del Nord Dakota, lui coraggiosamente interviene mettendola in salvo e ricevendo in cambio dagli amici di lui calci, pugni e una palettata in faccia.

Allo stesso modo, mentre i turchi sono in fuga e le posizioni di potere s’invertono, la fiumana ottomana si prende insulti e sputi. Anche Nazaret ha in mano una pietra da scagliare contro i propri ex-aguzzini, ma quando vede che un sasso finisce sulla faccia di un bambino (Emin Santiago Akin) con pronto e preoccupato intervento della madre (Sesede Terziyan) per soccorrerlo, lui si ferma e inizia a comprendere l’importanza del rispetto e della riconciliazione. Qualcosa che dalle parti di Ankara, cent’anni dopo il disumano genocidio armeno da loro perpetrato, ancora soccombe nel nome delle bugie più economicamente convenienti.

Il trailer de Il padre

Il padre - Nazaret (Tahar Rahim) con le figlie Lucinée (Dina Fakhoury) e Arsinée (Zein Fakhoury)
Il padre - Nazaret (Tahar Rahim) soccorso dal ladruncolo Mehmet (Bartu Küçükçağlayan)
Il padre - Nazaret (Tahar Rahim) cerca le figlie a Cuba
Il padre - Nazaret (Tahar Rahim) cerca le figlie negli USA

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