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lunedì 19 ottobre 2015

Suburra, attacco del Potere

Suburra – Numero 8 (Alessandro Borghi) al cospetto di Samurai (Claudio Amendola)
Nè finzione né realtà, che cos'è Suburra (2015, di Stefano Sollima)? Viaggio nell'oscuro e arcinoto putridume della connivenza politico-mafiosa italiana.

di Luca Ferrari

Onnipotenze. Degrado. Minacce. Violenze. Benefits. Cravatte e cocaina. Moderna Gotham City senza eroi alati, Roma bivacca abbandonata in mano a geldi Unni calcolatori. Piove. Dall’alto della propria suite d’albergo, sulla terrazza, un uomo nudo urina. Il mondo sta bruciando ma a lui non interessa. Pensa solo ai propri interessi. Cartolina dell’Italia-spazzatura. Fotogramma monolitico e aggiornato di un’agonia senza fine. Suburra (2015, di Stefano Sollima), tratto dall’omonimo libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo.

Dopo la violenza macha di ACAB - All Cops Are Bastards (2012), le serie televisive Romanzo Criminale (208-10) e Gomorra (2104,), il regista romano classe ’66 si concentra sui recenti fatti di cronaca (poi sfociati in Mafia Capitale), inserendo il tutto in una fatidica e apocalittica settimana iniziata con il pontefice Ratzinger in procinto di rassegnare le dimissioni dal sacro incarico, e chiusasi con il presidente Giorgio Napolitano che lascia il Quirinale. Lì nel mezzo, intrecci e ipocrisia. Lotte ed eliminazioni di chi non vuol giocare secondo le regole del vero Potere.

Nella Roma di Suburra non splende il sole. Ogni passo sbagliato può cambiare il proprio destino. Ogni atto di violenza scatena un turbine di aggressività ancora maggiore. La politica ordina e la mafia esegue. La mafia minaccia, la politica si prostra. Le mafie creano e incassano. Le politiche concedono e si arricchiscono. Avanti così, fino a quando uno non avrà più bisogno dell’altro e se qualcuno non fosse d’accordo, c’è sempre la pistola per chiudere i conti.  

Chi è l’emblema di Suburra? L’onorevole Malgradi (Pierfrancesco Favino) che dopo essere stato con due giovani prostitute torna a casa dalla moglie e carezza dolcemente il figlio? L’ignaro Sebastiano (Elio Germano), erede dell’incubo paterno e ora schiavo delle mafie più violente e ignoranti? Il navigato Samurai (Claudio Amendola), talmente potente da girare senza scorta e perfetto anello di congiunzione tra i tanti poteri criminali della città? L’aitante e spavaldo Numero 8 (Alessandro Borghi), stufo di sentir parlare del passato e desideroso di imporre la propria nuova legge?

La politica italiana ha miseramente fallito il suo compito. Destra, Sinistra, Centro, correnti estreme. Tutte presto o tardi hanno dimostrato come il loro unico e solo fine sia comandare, e non governare. Arraffare, e non far prosperare. Lasciate ai Berlinguer del secolo passato le ideologie, nell’Italia del presente e contemporanea è tutto fisiologicamente statico. È tutto inesorabilmente falso. È tutto colpevolmente già scritto dentro le nostre paure. Dentro la nostra patetica divisione di regioni, città, razze e credo.

È davvero questa l’Italia in cui siamo condannati a vivere? Come si fa? Meglio ritagliarsi un posto in disparte e sperare che tutto questo marciume non ci travolga. Nel frattempo ci auguriamo che nessuno dei nostri cari debba soffrire ma prima o poi scoverà anche noi. Che si tratti di un arrogante membro della famiglia degli Anacleti o il tirapiedi di qualche intoccabile, fa poca differenza. Noi continueremo a non essere ascoltati. Noi continueremo a combattere (chi ci riesce) da soli.

Suburra (2015, di Stefano Sollima) non è cronaca. Suburra non è finzione. Suburra non indaga né mette sotto accusa. Mostra solo quello che già si sa, e lo fa in modo cinematograficamente ineccepibile grazie anche a ottimi interpreti. Mostra ciò che rimbalza da un sito web a un giornale facendo dell’inimmaginabile una quotidianità a tratti peggiore di una guerra civile. Suburra disegna alla perfezione una lugubre atmosfera dove la legalità è inesistente. Un mondo dove la giustizia non è nemmeno contemplata. Sognata. Invocata.

Che cos’è Suburra? Non è nulla. Suburra non esiste. Non può esistere. Se esistesse per davvero, qualcuno si sarebbe già ribellato. Tutti si sarebbero già ribellati. Suburra non racconta di un esercito di guerriglieri rifugiatisi tra le Alpi francesi e addestratisi per fare  un colpo di stato e così ridare al popolo il pieno possesso della propria casa.

Suburra è quel mondo a cui tutti ci siamo rassegnati di appartenere. Suburra è il mondo che non cambia ma che piace comunque raccontare. Suburra è un pitbull violento che dobbiamo affrontare a mani legate dentro una gabbia. Suburra è riflessione, ma io non ho nulla su cui meditare. Io so già quello che devo fare ma da solo non ci potrei mai riuscire e di morire da martire non ho alcun interesse perché nulla cambierebbe. Io non sono Suburra. Voi, non lo so.

Il trailer di Suburra

Suburra – il corrotto Filippo Malgradi (Pierfrancesco Favino) a consiglio da un collega parlamentare
Suburra – Sebastiano (Elio Germano) è sempre più solo e ricattato dalla mafia
Suburra – lo spregevole Manfredi (Adamo Dionisi) minaccia la giovane Viola (Greta Scarano)

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