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sabato 31 dicembre 2016

cineluk, i migliori film recensiti del 2016

Steve Jobs - il carismatico fondatore della Apple, Steve Jobs (Michael Fassebender)
Viaggio nei migliori film raccontati su cineluk. Pellicole che hanno avuto la capacità di emozionarmi/colpirmi nel vederle al cinema e ancor di più nel recensirle.

di Luca Ferrari

Niente numeri ruffiani per flirtare con Google. Solo un elenco onesto dei film che mi hanno davvero emozionato in questo 2016. C'è davvero di tutto. Impegno sociale. Personaggi fuori dal comune. Drammi esistenziali. Lotte di classe. Storie d'amore. Cinema italiano, d'oltremanica, iberico, canadese, a stelle e strisce. Un lungo viaggio scandito nell'arco di 12 intensi mesi. Un lungo viaggio che riassumo in questo condensato di recensioni.

Analizzando il mio 2016 cinematografico e via via scegliendo le recensioni dei film che ho reputato i più interessanti, ho scoperto che la maggioranza sono storie vere, o comunque ispirate a fatti reali. Mi piace tutto questo perché se è indubbio che il cinema deve far (anche) sognare con la fantasia, è altrettanto vero che per cambiare le cose c'è bisogno di persone reali e non fantomatici personaggi che muoiono e finiscono dentro il frullatore del trend del momento.

In ordine di uscita, ecco le mie migliori recensioni di film del 2016:
  • La grande scommessa (2015, di Adam McKay) con Steve Carrel, Ryan Gosling, Brad Pitt, Christian Bale. Un gruppo di intelligenti e molto diversi outsider annusa lo tsunami della crisi economica del 2007 e ci scommettono sopra. Un film non facile da capire ma che andrebbe rivisto almeno una volta la settimana per svegliarsi. Emblematica la frase dell'incazzoso Mark Baum (S.C.): Rimarranno tutti fregati e lo sai di cosa si preoccupano? Del baseball o di quale attrice stra in clinica a disintossicarsi! 
  • Steve Jobs (2015, di Danny Boyle) con Michael Fassbender, Kate Winslet e Jeff Daniels. Mai stato un seguace del fondatore della Apple eppure questo film mi ha portato qualcosa di davvero nuovo. Pur essendo molto semplice la trama, si eleva oltre modo con interpretazioni e una sceneggiatura (di Aaron Sorkin) a dir poco grandiosi. Il duello verbale tra Fassbender e Daniel è un dialogo che sprizza scintille e bravura. Un biopic poderoso e concentrato in tre avvenimenti chiave della vita di Jobs,
  • L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo (2016, di Jay Roach) con Bryan Cranston, Elle Fanning e John Goodman. Nell'epoca del Maccartismo uno sceneggiatore inizia una battaglia umana e professionale nel nome del diritto d'opinione. Un film da cui prendere ispirazione per lottare in modo concreto contro le tante e troppe ingiustizie della vita.
  • Il caso Spotlight (2016, di Tom McCarty) con Michael Keaton, Mark Ruffalo, Rachel McAdams e Stanley Tucci. Colpevolmente non visto a Venezia 72 causa concomitanza di altri impegni lavorativi, la pellicola vincitrice del Premio Oscar 2016 come Miglior film e per la miglior sceneggiatura è un grande esempio di storia giornalistica narrata sul grande schermo. Interpreti sontuosi e un caso (sistematica pedofilia clericale insabbiata dalle alte sfere) che ha sconvolto il mondo intero. 
  • Truth – Il prezzo della verità (2016, di James Vanderbilt) con Cate Blanchett, Dennis Quaid e Robert Redford. L'inchiesta giornalistica sull'allora presidente George W. Bush, tra corsa allo scoop e pressioni politiche. Un'opera su cui c'è molto da ragionare e riflettere.
  • Veloce come il vento (2016, di Matteo Rovere) con Stefano Accorsi e Matilda De Angelis. Senza alcun dubbio uno dei miglior film italiani dell'anno. Originale, e con il protagonista principale nel ruolo (fin'ora) della sua vita, l'ex-pilota Loris De Martino detto "il ballerino", oggi tragicamente tossicodipendente e fuori dalle corse. Una storia familiare dall'alto spessore umano.
  • La pazza gioia (2016, di Paolo Virzì) con Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi. Altra pellicola italiana che ha lasciato il segno. Una coppia di attrici perfette che duettano in ruoli quanto più diversi non potrebbero essere. Un film di cui non potrò mai dimenticare le lacrime di commozione di una giovane donna sedutami accanto in sala. 
  • Julieta (2016, di Pedro Almodovar) con Emma Suarez, Adriana Ugarte e Daniel Grao. Un film inaspettato. Un film per certi versi sorprendente considerato chi sia il regista. Un lungo viaggio nella vita di una donna. Un lungo viaggio tra scelte e sentimenti. Un viaggio su di una barca a remi con poche coordinate.
  • L'uomo che vide l'infinito (2015, di Matthew Brown) con Dev Patel e Jeremy Irons. Storia vera di un giovane e geniale matematico sbarcato nella fredda Inghilterra e proveniente dall'India. Toccante l'amicizia tra i due protagonisti ottimamente interpretati. 
  • Piuma (2016, di Roan Jonshon) con Blu Yoshimi, Luigi Fedele e Sergio Pierattini. Presentato in concorso a Venezia 73, semplice e divertente storia d'amore tra due maturandi alle prese con una inaspettata gravidanza. Un film in controtendenza per un'Italia sempre più a dieta stretta di natalità e dove i due protagonisti scelgono con il cuore e il sostegno della famiglia trovando un'insperata unità.
  • Io, Daniel Blake (2016, di Ken Loach) con Hayley Squires e Dave Johns. La middle class inglese sempre più abbandonata a se stessa e stritolata da labirinti burocratici creati per sfiancare e uccidere l'essere umano. Film (a ragione) vincitore della Palma d'oro a Cannes.
  • 7 minuti (2016, di Michele Placido) con Ambra Angiolini, Ottavia Piccolo, Cristiana Capotondi e Violante Placido. Il precariato, il ricatto padronale e l'abilità nel dividere il popolo che dovrebbe lottare per la stessa causa. Tutto vero. Tutto sarà sempre più vero. Come un sol uomo, arringava millenni fa il gladiatore ma questa è una lezione che non s'impara mai. Ottime le interpreti. 
  • Animali notturni (2016, di Tom Ford) con Michael Shannon, Amy Adams, Jake Gyllenhaal e Aaron Taylor-Johnson. Presentato a Venezia 73, un film spietato con un Shannon in formato Oscar e Globe. Una storia lancinante che trova, aldilà di qualche cine-artifizio, la sua pace (se così si può chiamare) nella vendetta. Il mondo è ancora una giungla purtroppo e con certa gente il dialogo è solo fumo e cenere.
  • La verità negata (2016, di Mick Jackson) con Tom Wilkinson, Andrew Scott, Rachel Weisz e Timothy Spall. La storia vera di un odioso negazionista. La "partita" questa volta si sposta in un'aula di tribunale e se le cose dovessero andare male, la storia dell'Olocausto ebraico potrebbe essere riscritta per sempre.
  • Snowden (2016, di Oliver Stone) con Joseph Gordon-Levitt, Rhys Ifans, Nicolas Cage e Shailene Woodley. Un personaggio di cui sapevo poco e male, e che grazie a questo film ho imparato ad apprezzare. Il giovane ex-impiegato della CIA ha rivelato al mondo qualcosa di incredibile rischiando sulla propria pelle.
  • È solo la fine del mondo (2016, di Xavier Dolan) con Vincent Cassel, Léa Seydoux e Marion Cotillard. Ultima pellicola emozionante del 2016, l'opera del giovane regista canadese di Montreal. Un dramma familiare direttamente sbarcato dal teatro. Cassel è fantastico nel suo rancore urlato-taciuto. Un film ad alto contenuto emotivo. Un film da rivedere, riascoltare, ripercepire. Un film capace di regalare bagagli emozionali differenti a ogni nuova visione.
il cast corale di 7 minuti (di Michele Placido)
Veloce come il vento - (Matilda De Angelis) e Loris il "ballerino" (Stefano Accorsi)
Snowden - l'ex-informatico della CIA, Edward Snowden (Joseph-Gordon Lewitt)

giovedì 29 dicembre 2016

Florence, il talento della passione

Florence - McMoon (Simon Helberg), Florence (Meryl Streep) e St. Clair  (Hugh Grant)
Supportato da un cast eccellente, il regista Stephen Frears porta sul grande schermo la vera storia di Florence Foster Jenkins, cantante d'opera. Poco talento, grandissima passione.

Passione e impegno munifico da una parte, corde vocali sgangherate e troppe bugie dall'altra. Si potrebbe riassumere così l'impegno musicale della benestante newyorchese Florence Foster Jenkins (Meryl Streep). Una vita dedicata alla nobile arte delle sette note e allo stesso tempo una scarsa attitudine al canto. Nonostante il ben pagato circo di bugie attorno alle sue capacità, Florence comunque si butta. Sale sul palco, rischia e canta. Florence (2016 di Stephen Frears).

Produrre spettacoli musicali e opere teatrali dove si esibisce il devoto marito  St. Clair Bayfield (Hugh Grant). Raccogliere fondi per concerti musicali come per il Maestro Arturo Toscanini (John Kavanagh), va bene, è sempre un'emozione ma cantare. Oh si, forse è tempo di riprendere confidenza col palco. Florence è decisa e subito vengono organizzate audizioni per il pianista che la dovrà accompagnare. La scelta ricade sul minuto Cosmé McMoon (Simon Helberg), dal tocco delicato.

La gola è arrugginita ed ecco dunque arrivare il maestro Carlo Edwards (David Haig, il mitico “sfigato” Bernard di Quattro matrimoni e un funerale) per rimetterla in nota e sondare il feeling col giovane pianista. Prova dopo prova, nota (stonata) dopo nota, arriva il giorno del debutto alla Carnegie Hall. Una performance che resterà scolpita tanto nell'udito dei presenti quanto sulla pagina della stampa, sebbene dalla critica diametralmente opposta. 

Florence (di Stephen Frears) è l'emblema di come un film non dovrebbe essere visto. Tutti a incensare Meryl Streep senza di fatto comprendere quasi nulla della sua performance a causa del doppiaggio. Analogo discorso per Hugh Grant, sornione e raffinato, ma privo del suo accento inglese. Diverso il discorso per il giovane  Helberg (il mitico Howard Wolowitz della serie cult The Big Bang Theory) le cui buffe espressioni facciali dinnanzi alle esibizioni canore lo rendono oltre modo comico. 

Quattro nomination alla 74° edizione dei Golden Globe, la cui cerimonia si svolgerà l'8 gennaio 2017 al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills, California, Florence è in lizza come Miglior film commedia o musicale (il cui premio andrà di sicuro al "veneziano" La La Land), quindi Meryl Streep, Hugh Grant e Simon Helberg rispettivamente candidati come Migliore attrice, attore e attore non protagonista in un film commedia o musicale. 

Per sua stessa ammissione pigro come pochi, Hugh Grant è un attore che avrebbe potuto lasciare molto più il segno. Londinese classe '60, è stato l'eroe sentimentale di commedie cult come il già citato Quattro matrimoni...(1994) e Notting Hill (1999). Nessuno lo potrà mai dimenticare nei panni del cinico seduttore nella saga di Bridget Jones e in seguito Primo Ministro in Love Actually (2003) dove si esibisce in un balletto epocale nella residenza di Downing Street sulle note di Jump (for My Love) delle Pointer Sisters.

Ottimo coprotagonista Simon Helberg. Vederlo alle prese col culturismo nonostante il fisico gracile ne fa un nerd d'altri tempi, e ancor di più scoprire che il suo personaggio (realmente esistito), in parallelo alla carriera musicale si sia cimentato come giurato in concorsi della suddetta disciplina. Su Meryl Streep c'è ben poco da aggiungere. Interpreta alla grande una donna che non è la classica riccona sprovveduta. Forse non troppo critica verso se stessa ma comunque decisa a rischiare e mettersi in gioco dinnanzi al mondo.

Dopo il biopic sul ciclista Lance Armstrong, The Program (2015), il veterano regista di Leicester classe '41, Stephen Frears (Eroe per caso, The Queen - La regina, Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese) dirige una storia dal semplice contenuto cine-umano. Florence è una commedia piacevole il cui successo è merito soprattutto dei tre principali interpreti che non per una sceneggiatura senza troppi sussulti. Un film ideale da godersi tra una fetta di panettone e una cioccolata calda in questo poco innevato inverno 2016.

Il trailer di Florence
Florence - Florence (Meryl Streep) a lezione di canto da Carlo Edwards (David Haig)

lunedì 26 dicembre 2016

I ragazzi speciali di Miss Peregrine

Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali - da sx
Emma  (Ella Purnell), Jake (Asa Butterfield) e Olive (Lauren McCrostie)
Ragazzi particolari, diversi. Dalle pagine di Ransom Riggs alla poco incisiva regia di Tim Burton, Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali (2016).

di Luca Ferrari

“Tu non sei diverso, sei speciale”. Ogni reietto del mondo avrebbe voluto sentirselo dire almeno una volta nella vita, e magari di lì in poi cambiare per sempre il corso della propria esistenza. Alcuni hanno l'anima graffiata, altri proprio l'aspetto. Piccoli esseri con caratteristiche che li rendono particolari e dunque isolati per questo. Dalle pagine del quasi omonimo romanzo (2011) di Ransom Riggs alla telecamera di Tim Burton, è sbarcato al cinema Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali (2016).

Jake Portman (Asa Butterfield) è il tipico adolescente fuori dal giro di quelli “fighi”. Solitario, e con una famiglia molto poco attenta alle sue difficoltà e al suo mondo. L'unico in sintonia è l'anziano nonno Abraham (Terence Stamp). Fin da quando era piccolo questi gli ha sempre narrato di una casa, sulle coste del Galles, dove vivevano degli orfani dalle caratteristiche alquanto particolari sotto le cure di Miss Peregrine (Eva Green).

Portato sin codesto loco su suggerimento stesso della psicologa che segue il ragazzo, la dott.ssa Golan (Allison Janney), Jake e suo padre Franklin (Chris O'Dowd) vi sbarcano per chiudere i conti con la fantasia ed entrare nel mondo del reale. L'adulto di casa però, disoccupato e convinto di avere tra le mani un best seller, è più interessato alla fauna volatile che non alla vita di suo figlio. Qualcun altro intanto, sotto mentite spoglie, il sig. Barron (Samuel L. Jackson) è arrivato sull'isola.

Libero da troppi impegni, Jake farà la conoscenza di tutti i ragazzi speciali, a cominciare da Emma (Ella Purnell), leggera come l'aria e dunque bisognosa di pesanti scarpe di ferro per non volare via, Olive (Lauren McCrostie), col potere del fuoco tra le mani, e per questo indossa sempre dei guanti speciali. E poi ancora Millard (Cameron King), il ragazzo invisibile; Fiona (Georgia Pemberton), con la capacità di far crescere le piante, i gemelli (Joseph e Thomas Odwell) con il viso da gorgoni.

Reietti. Bambini speciali. Esclusi. Comunque diversi. Tim Burton ci ha costruito la sua intera cinematografia. In principio, grandiosa (Ed Wood, Il mistero di Sleepy Hollow, Edward mani di forbiceBig Fish), da tempo ormai con poca verve, vedi i recenti Dark Shadows (2012) e Big Eyes (2014), Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali non è nulla di più di un buon film, senza gloria né infamia. Sai che è di mastro Tim e per questo vai al cinema a vederlo, certo quando esci vorresti essere stato altrove. In una di quelle dimensioni che una volta il regista di Burbank sapeva davvero creare.

Tutto già passato sul grande schermo di Tim Burton. Ciò che vedi te lo aspetti dalla A alla Z. Tim Burton ormai è l'antitesi di ciò che era agli esordi, ossia un innovatore. Gotico mai banale e ricco di emozioni. La parabola del ragazzo "diverso no, speciale si" è ormai trita e ritrita e non basta una sceneggiatura e qualche effetto speciale alla X-Men per dare sostanza a un film che non ha nulla da aggiungere.

Dai panni dello scorbutico di Una canzone per Marion (2012), Terence Stamp è un nonno affettuoso col nipote. L'esatto contrario dei due genitori, superficiali e per nulla inclini a capire davvero le difficoltà del proprio figliolo. Poco incisiva Eva Green, mentre a guadagnare la scena, più che Asa "HugoButterfield, è la giovane Ella Purnell, londinese classe '96, già vista in Kick-Ass 2, il recente The Legend of Tarzan e in Maleficent (2014, di Robert Stromberg), dove interpretava Malefica da adolescente.

"Non abbiamo più bisogno di sentirci al sicuro, tu ci hai fatto sentire coraggiosi" è forse il messaggio più bello, in diretta antitesi col filone dei supereroi dove noi scoraggiata popolazione siamo in balia del Male e degli eventi. Meglio imparare a difendersi che affidarsi alla forza altrui. In famiglia come nel mondo tutti sono sempre impegnati a tamponare il sangue. Che esca. Facciamoci male. Cadiamo e rialziamoci. Allora si, noi per primi reietti ci sentiremo davvero speciali. E questo a prescindere che una Miss Peregrine svolazzi protettiva sopra di noi o meno,

Il trailer di Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali

Miss Peregrine e la casa dei ragazzi speciali - Miss Peregrine (Eva Green)

mercoledì 21 dicembre 2016

Birra e salsicce... altrimenti ci arrabbiamo!

... altrimenti ci arrabbiamo - Kid (Terence Hill) e Ben (Bud Spencer) impegnati nella sfida a birra e salsicce
Giovedì 29 dicembre alla Birreria Zanon di Venezia andrà in scena l'evento Sentite, ce la giochiamo a birra e salsicce. Badate di esserci tutti! - Altrimenti?!? - ... altrimenti ci arrabbiamo!

di Luca Ferrari

Dal cinema alla realtà, nel cuore di Venezia. È la magia “cine-mangereccia” del Natale 2016. Giovedì 29 dicembre gli infaticabili titolari della Birreria Zanon (fondamenta degli Ormesini, a pochi passi dal ghetto ebraico) hanno organizzato l'evento “Sentite, ce la giochiamo a birra e salsicce”, richiamandosi all'immortale sfida culinaria tra Bud Spencer e Terence Hill nel film cult … altrimenti ci arrabbiamo! (1974, di Marcello Fondato). La sfida avrà inizio alle h. 19 e proseguirà per le successive tre ore.

Ben (BS) e Kid (TH) sono due piloti rivali di rallycross. Vinta a pari merito l'ennesima compteizione, il primo premio  è una dune buggy rossa con cappottina gialla. Dopo qualche vana proposta (braccio di ferro, partita carte) e un pareggio a mazza e pindolo, Kid ha l'idea giusta, giocarsela a birra e salsicce. Sarebbe? “Una birra e una salsiccia. Una birra e una salsiccia. Il primo che scoppia perde la macchina e paga il conto”. Ben accetta, e così vanno a sedersi in un luna park. Un posto in apparenza tranquillo.

Alla Birreria Zanon le regole saranno un po' diverse. Pagati i 20 euro di iscrizione, i partecipanti potranno bere tutta la birra che vogliono aggiungendo 1 euro per ogni salsiccia che mangeranno. Il vincitore, oltre a vedersi ridare l'intera somma spesa, avrà anche un premio speciale top secret. A questo punto non resta che recarsi di persona in loco, iscriversi e ingozzarsi come solo Bud & Terence sanno fare.

Scomparso il 27 giugno scorso, Bud Spencer ha formato insieme a Terence Hill una delle coppie più grandiose del cinema italiano, eppure non ancora celebrate a dovere dal mainstream. La loro formula (vincente) è sempre stata quella di due vagabondi da cuore d'oro, sempre pronti a cacciarsi nei guai in difesa dei più deboli. Dall'epopea western dei Trinità, passando (tra i tanti) a Chi trova un amico, trova un tesoro (1981) e Nati con la camicia (1983), Bud & Terence sono sinonimo di risate, cazzotti e mai lo straccio di una volgarità.

… altrimenti ci arrabbiamo! è uno dei loro film più amati, dove spicca l'immortale coro dei pompieri, spesso e volentieri usato come suoneria digitale nel proprio telefono cellulare. Salsiccia dopo salsiccia, birra dopo birra, la quiete della sfida viene interrotta da una banda di malavitosi che devastano il luna park. In principio indifferenti, la situazione cambia radicalmente quando non gradendo il gentile invito a scendere dalla "carriola" (vezzeggiativo con cui chiamano la dune buggy), gli viene distrutta.

Dietro questa azione sconsiderata c'è un uomo potente e senza scrupoli, il Capo (John Sharp) al cui orecchio soffia di continuo il perfido Dottore (Donald Pleasence). Chi siano, a Kid e Ben non interessa proprio, e glielo vanno a dire in faccia senza problemi. Un'azione che non può non innescare l'inevitabile rappresaglia guidata dal braccio destro del Capo, Attila (Deogratias Huerta), la cui performance sugli autoscontri contro i due "buoni" è qualcosa di spettacolare.

Chi avrà la meglio? I prepotenti o due onesti cittadini che vogliono solo ciò che gli hanno distrutto? Botte da orbi, incluso moderno duello con lance (di legno) a bordo della motocicletta. Certa gente però non ha scrupoli e ricorre perfino a ingaggiare killer professionisti come Paganini (Manuel de Blas). Sarà tutto inutile e il finale è tutto da gustare. Qualora poi Bud e Terence non riuscissero a mettersi proprio d'accordo, c'è sempre la sfida birra & salsicce da riprendere. Esattamente come quella che vi aspetta alla Birreria Zanon di Venezia giovedì 29 dicembre.

...altrimenti ci arrabbiamo! - Birra e salsicce

Venezia -la locandina dell'evento all'interno della Birreria Zanon © Luca Ferrari
... altrimenti ci arrabbiamo - la sfida a birra & salssicce entra nel vivo
Venezia - l'ingresso della Birreria Zanon © Luca Ferrari

martedì 20 dicembre 2016

Il ciclone (1996), l'amore è ramato

Il ciclone - Caterine (Lorena Forteza) e Levante (Leonardo Pieraccioni)
Un cast perfetto. La magia della campagna toscana. Battute cult e il fascino spagnolo del flamenco. Vent’anni esatti fa usciva Il ciclone (1996, di Leonardo Pieraccioni). Olè!

di Luca Ferrari

Una compagnia di ballerine di flamenco è in giro per l’Italia. Complice le bizze del vento, l’affascinante armada spagnola si ritrova sperduta nella campagna toscana scambiando un casale per un agriturismo. In un’epoca senza cellulari né internet, la sola cosa da fare è chiedere informazioni. Seconda regia per l’allora poco conosciuto Leonardo Pieraccioni, Il ciclone (1996) fu un autentico trionfo. Un successo che a distanza di 20 esatti (il film uscì sul grande schermo il 20 dicembre ’96) è ancora più “ramato” che mai.

Levante Quarini (Leonardo Pieraccioni) è il contabile di un paesello nell’entroterra collinare toscano. Vive nel casale di famiglia insieme alla sorella Selvaggia (Barbara Enrichi), commessa farmaceutica, il padre contadino Osvaldo (Sergio Forconi) e il fratello Libero (Massimo Ceccherini), anch’esso impegnato nel campo agricolo e pittore “teologico” sui generis a tempo perso. Poco distante da loro in beata solitudine, c'è anche nonno Gino, la cui voce originale è quella dell’immortale regista Mario Monicelli.

La vita scorre placida fino a quando alla loro porta non si presenta di sera e inaspettato, l’impresario teatrale Sergio Naldone (Alessandro Haber), alla ricerca di un posto per dormire per lui e la sua ensemble di ballerine, spersi nei poggi toscani.Nessuno sa resistere al fascino di queste bellissime ragazze, Levante in primis, malinconico e del cui cuore è sempre alla disperata ricerca l'erborista Carlina (Tosca D'Aquino).  Di fare una mossa d’approccio con le neo-arrivate però, Levante manco ci pensa. Troppo timido e insicuro. L’esatto contrario dell’amico e meccanico Pippo (Paolo Hendel), sboccato e disinibito. Sempre pronto a raccontare le proprie performance sessuali, come la sua ultima conquista, la cameriera Franca (Patrizia Corti).

Film a dir poco perfetto, Il ciclone. Gag su gag. Comprimari “grullamente” perfetti. Ceccherini è magistrale. Disteso in una bara con tazzone di latte e biscotti sul petto, il suo sconsolato monologo rivolto al fratello è pura antologia: “Tappami Levante. Se stanotte non ne trombo nemmeno una su cinque voglio morire e siccome so già che non ne tromberò nessuna, tappami Levante Se tu mi vo’ bene!”. Non è da meno l’epico “Ha ragione, se tu si bu’o, dillo!” rivolto al bischero Levante da un cliente mentre è a colloquio con la compagna della sorella, la spigolosa farmacista Isabella (Benedetta Mazzini).

E poi c’è lei, Tosca D’Aquino. Credo sia difficile trovare in Italia qualcuno che almeno una volta, richiamandosi appunto a Il ciclone, non si sia rivolto a qualcuno con “piripì”, come faceva la sua Carlina a tavola tra “spagnoli e non”, mentre rivelava sguaiata il richiamo d’amore tra lei e Levante. Risate e vita vissuta. Come quella di babbo Osvaldo, condivisa insieme agli autisti (Jerry Potenza e Gianni Ferreri), tra una ricordo e una fumata di ...’anna.

Sebbene chiave di (s)volta della pellicola, hanno decisamente un ruolo minore le ballerine Penelope (Natalia Estrada), Conchita (Pilar Marin), Ines (Ana Valeria Dini), Maura (Corinna Locastro) e l’incantevole Caterina (Lorena Forteza), di cui Levante s’invaghisce (s'innamora perdutamente) anche se dovrà fare i conti col fidanzato di lei, Alejandro (Alessio Caruso), amante della caccia e dal senso dell’umorismo alquanto discutibile.

Pieraccioni Ceccherini Hendel, il triumvirato della toscanità tocca il suo apice con Il ciclone. Se il finale non ha nulla da invidiare (…) a certe soft comedy d’oltreoceano, la forza di questo film è l’alchimia totale in fusione (aspirata) con la Toscana. Una banale conversazione un po’ troppo ravvicinata tra Levante e il fruttivendolo Nello (Gianni Pellegrino) per fargli sentire l'essenza spagnola, diventa puro cult quando il Gialappiano” interprete del cinico Carcarlo Pravettoni irrompe nel negozio con le parole, “Aaaaah, finocchi freschi oggi!”.

Tutti abbiamo un vissuto proprio con Il ciclone. Per quanto mi riguarda, il mio ricordo va alla primavera dell'anno 2000 quando frequentavo il 2° anno dell'Università Internazionale dell'Arte (UIA) di Venezia. Tre anni speciali vissuti fianco a fianco ad amici provenienti da tutta Italia tra libri, poesie scritte e ponteggi. Quella sera vidi Il ciclone insieme a un'amica salentina e le sue coinquiline. Finito il film, mi ritrovai in una delle tante fondamenta veneziane ma sentii una folle attrazione per la Toscana. Non potevo immaginare che di lì a due anni mi ci sarei trasferito e che le campagne del Chianti avrebbero scritto pagine importanti nella mia vita. Olè!

Il ciclone, il ballo del flamenco nella campagna toscana

Il ciclone (1996, di Leonardo Pieraccioni)
Il ciclone - le ballerine di flamenco
Il ciclone - lo sconsolato Libero (Massimo Ceccherini)

giovedì 15 dicembre 2016

È solo un pranzo familiare, non è la fine del mondo

E' solo la fine del mondo - i fratelli Antoine (Vincent Cassel) e Louis Knipper (Gaspard Ulliel)
Famiglia, rancori e dolcezza. Ritorni, partenze e addii sospinti. Presentato alla 69° edizione del Festival di Cannes, è uscito al cinema È solo la fine del mondo (2016, di Xavier Dolan).

di Luca Ferrari

Un viaggio. Il silenzio (in)controllato. Una presenza portatrice di instabilità. Una verità muta e senza articolazioni. La docile paglia delle relazioni si spoglia della plastica metallizzata mostrando tutto il proprio rovinoso calore con buona uscita per il gelo della realtà. Sesto lungometraggio in appena otto anni di attività dietro la telecamera, il giovane regista canadese Xavier Dolan (Montreal, '89) ha realizzato È solo la fine del mondo, film presentato all'ultima edizione del Festival di Cannes (11-21 maggio 2016) e qui vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria, nonché candidato all'Oscar 2017 come Miglior film straniero,

Louis-Jean Knipper (Gaspard Ulliel) è uno scrittore di successo. Andato via di casa 12 anni or sono, è pronto per fare il suo ritorno a casa. È malato terminale e lo vuole condividere con i propri cari ma come reagiranno a tutto questo? Ad attenderlo per un piacevole pranzo casalingo, mamma Martine (Nathalie Baye), la sorella minore Suzanne (Léa Seydoux) che non ha praticamente mai visto, l'ispido fratello maggiore Antoine (Vincent Cassel) e la cognata Catherine (Marion Cotillard).

Mamma e figlia si beccano. Marito e moglie litigano. Martine è fin troppo ottimista chiudendo gli occhi dinnanzi a ciò che andrebbe discusso. La più giovane di casa è accogliente ma allo stesso tempo ha una sacca di rabbia nascosta. Fulcro delle conversazioni è Antoine, nervoso e arrabbiato. È palese che la presenza del fratellino lo indisponga. Ridicolizza Catherine in ogni occasione. Non la lascia parlare. È frustrato.

Lì nel mezzo, Louis. È timido. È al centro dell'attenzione ma non riesce a superare le barricate che lui stesso ha sedimentato in questi anni. È l'anima sensibile della famiglia, eppure a parte qualche sparuta lettera e poco altro non ha saputo fare di meglio. Si dimostra estremamente attento con Catherine. Suo malgrado, la donna diventa il fulcro dello scontro fraterno e lei da brava vittima, subisce. Qualche piccolo accenno di ribellione per poi tornare al suo posto.

A tavola si mangia e si parla. A tavola torna a galla qualcosa. Il lago artificiale della vita familiare è stato creato con recinzioni solide e durature. Alle volte qualche lattina squarciata riemerge in superficie rovinando il panorama, ma è solo questione di tempo prima che una qualche onda la porti a riva abbandonandola in qualche angolo poco assolato. Sono in molti della famiglia Knipper ad avere qualcosa da dire ma non lo fanno puntando (quasi) tutti sulla medesima vittima ubriaca di bile.

Basato sull'omonima piéce teatrale di Jean-Luc LagarceÈ solo la fine del mondo è un film spiazzante. Lontano anni luce dal massacro relazionale di Carnage (2011, di Roman Polanski) e altrettanto dalle scappatoie tecnologiche di Perfetti sconosciuti (2016, di Paolo Genovese), il 6° film di Xavier Dolan nasconde solo in (minima) parte le emozioni. I protagonisti sono tanti piccoli vulcani. Ciascuno col proprio fumo toglie visibilità agli altri. Il risultato è un fagocitarsi l'un l'altro/a alla ricerca di chissà quale redenzione interiore e non.

Un cast a dir poco perfetto, su tutti il protagonista indiscusso Vincent Cassel (Irréversible, Ocean's Twelve, Child 44 - Il bambino n. 44). È un uomo caustico e ferito. Come una mina antiuomo, potrebbe far male a chiunque nei paraggi. Ne si avverte la tensione. Si riesce a percepirne le ossa tirate. Dolan lo rende imbuto di ogni silenzio ingurgitato ed è l'unico realmente a esplodere. “Dicono che chi parla poco sia un buon ascoltatore, ma non è così. Vorrebbe solo essere lasciato in pace” sbraita contro il fratello in macchina. È solo uno dei tanti paradossi della pellicola.

L'altro grande controsenso è Louis stesso. Abita lontano, o almeno così pare. Si capisce però che non vive  in un altro continente, lo stesso protagonista d'altronde quasi lo dice. Presentato come assente da tempo immemore e più o meno (in)giustificato, il regista è molto bravo a non far trapelare il perché nessuno sia mai andato a trovarlo. Forse è per la sua omosessualità, o che altro? È possibile che la sua fama abbia rappresentato un freno alla comunicazione familiare? Ognuno ha il proprio alibi. Ognuno ha il suo invisibile segreto.

In un'epoca ossessionata dal super-eroismo, vedi il prossimo sbarco sul grande schermo dell'ennesimo spin-non-so-cosa di Guerre Stellari e un altro Spiderman versione "teen-adult", tanto di cappello al Circuito Cinema Venezia Mestre che ha mantenuto l'opera di Xavier Dolan per due settimane consecutive (8-21 dicembre) nella nella sala più grande (A) del cinema Giorgione, offrendo così al pubblico lagunare la possibilità di scoprire e apprezzare un cinema differente. Un cinema che non è solo effetti speciali ma soprattutto dialoghi, sguardi e storia.

Pochi spazi, molte parole. Quiete a valle, uragano in pianura. Stagno e/è abisso. Xavier Dolan usa la clava e il pennello. È solo la fine del mondo ti mette a sedere. Apre l'obiettivo e brutalizza la poesia insita in ciascuno di noi. Ti tira per i capelli. Vorresti parlare, ma non vuoi. Non lo dici. Puoi usare qualcuno per far tacere la tua complessità. Sediamoci a tavola e prendiamoci per mano. Un viaggio di ritorno ti aspetta. Sei ancora in tempo per decidere cosa vuoi fare, o più mestamente ti ripeterai che a prescindere di come andranno le cose non sarà la fine del mondo.

È solo la fine del mondo 

E' solo la fine del mondo - da sx Catherine (Marion Cotillard), Antoine (Vincent  Cassel),
Louise (Gaspard Ulliel), Suzanne (Lea Seydoux) e Martine (Nathalie Baye)

sabato 10 dicembre 2016

Animali fantastici e dove trovarli

Animali fantastici e dove trovarli - lo snaso a zonzo per New York
Poetico e dolorosamente contemporaneo. Dall'universo HarryPotteriano è sbarcato sul grande schermo Animali fantastici e dove trovarli (2016, di David Yates).

di Luca Ferrari

Fanatismo oscurantista da una parte, il desiderio di vivere in pace, senza nascondersi e in un mondo libero dall'altra. Lì nel mezzo, interessi abilmente mascherati che qualcuno prima o poi scoverà. o per lo me questa è la speranza. Trattasi di una delle tante pagine politiche contemporanee? No, più poeticamente dicasi Animali fantastici e dove trovarli (2016, di David Yates), film ispirato all'omonimo libro di J. K. Rowling, spin-off della serie cinematografica di Harry Potter e incentrato sul magizoologo Newt Scamander.

La magia si aggira per il mondo. Come ai tempi del Medioevo però, non è troppo gradita. I comizi contro di essa si moltiplicano ben "tuonati" dalla fanatica Mary Lou Barebone (Samantha Morton). Intanto a New York è sbarcato un personaggio fuori dal comune, con un passato un po' turbolento. Il suo nome è Newt Scamander (Eddie Redmayne). È arrivato in America via nave e ha con sé una sola valigia dal contenuto alquanto insolito: tante piccole creature, a cominciare dallo snaso, una sorta di paperottolo nero e ghiotto di tutto ciò che tintinna e luccica.

I guai non ci mettono molto ad arrivare e la sua valigia dal prezioso contenuto viene scambiata con quella dell'umile Jacob Kowalski (Dan Fogler), operaio infelice col sogno di aprire una pasticceria. Un desiderio che resterà tale scontrandosi in modo brutale col rigido mondo bancario. È lì, nel tempio del denaro, che i due si scambiano le valigie. È lì che l'ex-membro del Ministero della Magia (in gergo HarryPotteriano, auror) Porpentina "Tina" Goldstein (Katherine Waterston) si mette sulle tracce di Scamander.

Pesando di trovare i ferri (dolci) del mestiere, nella sua valigia, il buon Jacob apre la valigia con le inevitabili conseguenze. Una situazione questa che insieme al mago inglese non gli farà guadagnare troppa simpatia agli occhi dell'indifo Percival Graves (Colin Farrell), direttore della Sicurezza Magica del MACUSA e la presidente del Congresso Magico degli Stati Uniti d'America, Madame Seraphina Picquer (Carmen Ejogo). In attesa di dimenticare tutto ed essere obliviato, Jacob viene portato a casa di Tina insieme a Newt, dove abita anche la sorella di lei, Queenie (Alison Sudol), sguardo amorevole e con la capacità di leggere il pensiero. Gentile e premurosa.

Intanto il senatore Henry Shaw Jr. (Josh Cowdery), figlio del potente magnate della stampa Henry Shaw Sr. (John Voight), viene ucciso da una misteriosa creatura. Le accuse vanno tutte in direzione di Scamander e i suoi animali a zonzo nella Grande Mela. Non è esattamente così. E per capire cosa stia davvero accadendo, bisognerebbe andare dai figli adottati (e maltrattati) della Barebone, in particolare Modesty (Faith Wood-Blagrove) e Credence (Ezra Miller). Qualcosa di ancor più imprevedibile e spaventoso sta per accadere.

Non posso dire di essere un grande conoscitore dell'universo di Harry Potter, anzi. Ci è voluto il poetico e ispirante post di un collega per convincermi ad affrontare questo viaggio cinematografico, pertanto il mio ingresso in sala ha assunto ancor più significato proprio per la poca dimestichezza col suddetto mondo. Animali fantastici e dove trovarli è un film molto piacevole i cui effetti speciali non sono di sicuro la parte più interessante della pellicola, anzi. Sono i rapporti umani tra umani e maghi a toccare l'animo dello spettatore.

Fantasia o realtà che sia, la paura dell'ignoto porta sempre alla medesima conclusione: la messa al bando. Un discorso lacrimevole che non smette di fare proseliti anche nel terzo millennio digitale. Così, dopo aver costruito ad hoc fantomatiche guerre ideologiche, qualcuno è sempre pronto ad approfittarne lasciando vittime sul proprio cammino e cementando nel profondo della massa che esista, l'idea di due schieramenti opposti, incapaci di dialogare e convivere sotto la stessa volta celeste.

Eddie Redmayne sembra non sbagliare più. Strepitoso come in tutte le sue più recenti interpretazioni. Ha gli occhi languidi ma vivaci. Decisi e amorevoli. Lotta contro un mondo in estinzione che vuole preservare. La sua camminata per riportare dentro la propria valigia un gigantesco animale è commovente. Ottima anche la prova di Alison Sudl (classe '84), cantautrice e attrice originaria Seattle. Lo strudel che prepara con la bacchetta magica è da pur orgasmo culinario.

Nel mondo esiste la magia e bisogna accettarlo, una forza che in molti non hanno. Tra di loro ci saranno malvagi esattamente come tra i nonmag. Il mondo che  Scamander si ostina a voler salvare e studiare, sembra strizzare l'occhio a La storia infinita. Scamander è il mondo che non si arrende all'inevitabile abominio dell'ignoranza. Alcuni lo combattono e lo combatteranno, altri lo comprendono e lo aiutano. È così che tutto può cambiare. Nella fantasia come nella realtà.

Entra nel magico di Animali fantastici e dove trovarli
Animali fantastici e dove trovarli - l'ambiguo Percival Graves (Colin Farrell)
Animali fantastici e dove trovarli - la dolce Queenie Goldstein (Alison Sudol)
Animali fantastici e dove trovarli - Tina Goldstein (Katherine Waterston) e Scamander (Eddie Redmayne)

mercoledì 7 dicembre 2016

Ispirazione fantastica e (so) dove trovarla

Animali fantastici e dove trovarli - il giovane mago Newt Scamander (Eddie Redmayne)
Animali fantastici e dove trovarli, in principio lo avevo snobbato. C'è voluto il casuale e ispirante intervento del collega Fabio Castano per iniziare a sognare e accomodarmi in sala.

di Luca Ferrari 
con il contributo & l'ispirazione di Fabio Castano

"In Animali fantastici la trovata di un nuovo mondo nella valigia è sensazionale. Una metafora visiva stupenda. Solitamente quando facciamo la valigia siamo pronti a vivere un nuovo mondo. Con nuovi occhi, anche magici". Postava così il 29 novembre scorso sul proprio profilo Facebook il giovane Fabio Castano. Per entrare in sintonia con un film l'interesse e la curiosità possono anche non bastare. Alle volte serve quel qualcosa in più, come ad esempio le parole di qualcuno che lo abbia già vis(su)to dentro, cogliendone l'essenza più pura e coinvolgente.

Un paio di righe lanciate nel web. Quanto basta per la scintilla. Amico a distanza ed ex-collega di reportage di viaggi, nel marasma della homepage Facebookiana l'occhio mi cade su Fabio Castano. Il suo ultimo post parla di Animali fantastici e dove trovarli (2016, di David Yates), un film che fino a quel momento avevo snobbato. D'accordo, la pellicola era stata protagonista di una delle mie rinomate cinecolazioni, peròla visione sul grande schermo non era in alcun modo programmata preferendo alla fantasia pre-HarryPotteriana il più solido e politico realismo di Snowden (di Oliver Stone) e La verità negata (di Mick Jackson).

Non sono certo avvezzo a creazioni figlie della mera fantasia, anzi, però è indubbio che negli ultimi tempi senta meno l'urgenza di scriverne in questa forma e devo ammetterlo, la cosa non mi piace per niente. Fu con Shakespeare in Love che scattò l'alchimia poesia-cinema, consacratasi poi con un intero libro dedicatogli: Frenetica storia infinita. Qualcosa insomma dentro c'era anche se oggi un po' sopito. Fabio però, con il suo post me l'ha prepotentemente risvegliato.

Fabio Castano sa usare bene la penna. Già apprezzato ai tempi de il reporter - raccontare oltre confine, quest'anno è uscito il suo primo libro, la silloge di racconti Trentasette passi e la luna (Giovane Holden Edizioni). Le sue parole su Animali fantastici e dove trovarl, film con protagonista il premio Oscar Eddie Redmayne (Marilyn, La teoria del tutto, The Danish Girl) mi hanno attirato come nessun articolo né trailer erano ancora riusciti a fare. L'anima ormai è toccata. Lascio la scintilla lievitare durante il weekend e finalmente lunedì sera, nell'ultimo giorno di programmazione, mi presento davanti al grande schermo del cinema Rossini di Venezia. Intanto però avviso il mio cineispiratore di una idea. Questa idea.

"Scrivimi qualcosa con sconfinata licenza poetica. Quanto e come vuoi. Prima dell'articolo-recensione (in uscita venerdì 9 dicembre) voglio pubblicare un tributo alla fantasia. Tu scrivi la tua parte, io la seconda. Saranno le tue stesse parole a ispirarmi oltre al film". Fabio accetta volentieri. Prendo il suo testo dalla chat di Facebook Messenger e dopo una secca operazione di copia & incolla su cineluk - il cinema come non lo avete mai letto, il resto sono le mie parole scritte un attimo dopo. Due volte grazie Fabio, a te e la tua valigia piena zeppa di ispiranti parole:

IL NUOVO MONDO DELLA MAGIA UMANA

Si spengono
le luci in sala
e nella notte
tra i fotogrammi
mobili
scopri che una valigia
ti apre un mondo,
un punto di vista nuovo,
sulla magia;
senti l'amore
del giovane mago
per i suoi
Animali Fantastici,
e l'obscuriale
che è in noi
può esser dissolto
solo con l'arte consapevole
o con la luce
sui propri poteri.
Si spengono
le luci in sala
e nella notte
tra i fotogrammi
si accende
la tua immaginazione,
la tua pesca arcaica,
favolosa
                 ...
abbozzo un giudizio,
non cerco intrusioni
ma com'è che il mondo
è sempre lì
a inscenare una guerra
che non c'è?... Una
nuova creatura
appena venuta al mondo
vorrebbe solo tornare
a casa, e tu cosa vorresti essere,
un custode
o un apprendista? ... ti
resta ancora
un po' di tempo prima
di vivisezionare
la mia anima oscurata,
eppure non sono certo
tu sia in grado
di voler davvero cambiare
il contenuto del tuo bagaglio
... fin'ora c'erano solo le stelle
poi vennero le parole
e adesso ci siamo tutti
noi... e tu, che mondo vorresti?
La valigia ce l'hai in mano
tu...
                                                  (Gallarate-Venezia, 6 Dicembre '16)

il post "ispirante" di Fabio Castano
La cinecolazione col mensile CiakEddie Redmayne e il film Animali fantastici e dove trovarli © Luca Ferrari
Animali fantastici e dove trovarli al cinema Rossini di Venezia © Luca Ferrari

martedì 6 dicembre 2016

La vita è Un biglietto in due

Un biglietto in due - Neal Page (Steve Martin) e Del Griffith (John Candy)
"Posso suggerirle un film da vedere? - Glielo auguro!". Allacciate le cinture allora, Un biglietto in due (1987, di John Hughes) vi aspetta. Uno spassoso viaggio al limite della... "sopportazione!".

di Luca Ferrari

Immaginate di voler tornare a casa per le feste ma il vostro aereo viene cancellato dando così inizio a una sfiancante odissea senza fine tra cielo, strade e rotaie. È esattamente ciò che accade al rigido e benestante Neal Page (Steve Martin), affiancato suo malgrado da uno sconosciuto e logorroico compagno di viaggio & disavventure, l'ingombrante, Del Griffith (John Candy), professione venditore di anelli per docce. Mettetevi (s)comodi) e godetevi Un biglietto in due (1987, di John Hughes). Si parte.

Del è un vulcano ed estroverso, Neal taciturno e con la puzza sotto il naso. Poco abituato quest'ultimo a cavarsela al di fuori della prima classe di un aeroplano, sarà proprio il nuovo compagno di viaggio ad aiutarlo a tornare a casa, o per lo meno ci proverà. L'avventura comincia in strada, prosegue in una appiccicaticcia sala d'aspetto e sprofonda in una stretta e proletaria "classe turistica" per poi atterrare chissà dove fino al peggio: la condivisione dell'ultima stanza di un motel e soprattutto un unico letto matrimoniale. Una notte che sembrerà eterna. Una notte però che li farà... arrivare lontano!

Rimasti appiedati, Neil e Del trovano un valido aiuto e un passaggio fino alla stazione grazie al ruvido Owen (Dylan Baker), figlio di un amico di vecchia data, che si presenta sbavando. Al momento di prendere i bagagli dei due sventurati, le sue parole rivolte alla propria moglie sono da gentleman d'altri tempi: Scolla il tuo culaccio dal sedile e sistema quel baule nel bagagliaio! le ringhia contro, aggiungendo subito dopo a Del e Neil: "Lei è piccola e ossuta ma è forte. Il primo bambino l'ha cagato sul marciapiede senza cacciare nemmeno un grido!”.

Il viaggio prosegue e le disavventure non cessano, anzi. Quando finalmente sembra arrivato l'happy end dopo un'imbarazzante figuraccia in autobus, Neil è pronto a mettersi al volante e arrivare a casa su quattro ruote. Magari ci metterà più tempo ma almeno ci arriverà, e da solo. Questa almeno è la sua speranza. Arrivato al parcheggio infatti, farà un'amara scoperta che si concluderà con una epica sfuriata contro l'impiegata (Edie McClurgdell'agenzia di autonoleggio con le parole esauste: Io voglio una fottuta macchina e questo entro un fottuto secondo! Che cosa mai potrà rispondergli la signora di fronte a tanta "gentilezza?

I due si ritrovano ancora una volta a dividere il viaggio. Del al volante, Neil a cercare di riposare. Questo almeno fino a quando due automobilisti li chiamano a gran voce dalla corsia opposta. Che li vogliano provocare? Magari una gara ad andare più veloce? O banalmente li vogliono avvisare che stanno andando contromano? E' impossibile, dai. Sarebbe da pazzi ma così è e la situazione precipita ancor due più quando i fari minacciosi di due tir gli stanno venendo incontro.

Uscito quasi trent'anni fa, il 25 novembre 1987, Un biglietto in due è un film capace di mescolare risate, riflessioni e con licenza di commuovere. Ambientato a ridosso della festa del Ringraziamento, con l'arrivo del freddo e della stagione natalizia, è sempre uno spasso riassaporarne le gesta. Le scene cult si susseguono con una velocità disarmante a cominciare dall'iniziale corsa per il taxi nel traffico della Grande Mela con protagonisti Steve Martin e un giovanissimo Kevin Bacon.

Una piccola nota. Spesso e volentieri le traduzioni italiane dei titoli inglesi sono autentiche porcherie. Dal più noto "The Eternal Sunshine of the Spotless Mind" diventato un impossibile Se mi lasci ti cancello, al più tragico Made in Dagenham (2010, di Nigel Cole) storpiato in We Want Sexpassando per "The Upside of Anger" addolcitosi in Litigi d'amore. In questo caso però la traduzione nostrana fotografa molto meglio la pellicola dell'originale e anonimo "Planes, Trains and Automobiles".

Steve Martin e John Candy funzionano alla grande insieme. Un biglietto in due è un film speciale. Un film che ha la capacità e la magia di non farti sentire abbandonato anche quando tutto sembra andarti storto, e magari ti ritrovi solo a una fermata della metro non sapendo dove andare e con qualche lacrima gelida a sfregiarti il viso. Un biglietto in due è un film che ti chiede di avere un po' più fiducia nel futuro e negli altri, anche se vorresti mandare tutto in malora a cominciare dalla tua stessa vita.

Un'esilarante scena di Un biglietto in due



Un biglietto in due - Owen (Dylan Baker) e signora
Un biglietto in due - Del Griffith (John Candy) visto da Neal
Un biglietto in due - un imbufalito Neal Page (Steve Martin)

venerdì 2 dicembre 2016

Snowden, il terrorismo è la scusa

Snowden - l'informatico della CIA Edward Snowden (Joseph Gordon-Levitt)
“Il terrorismo non c'entra. Il terrorismo è la scusa”. Basato sulle rivelazioni dell'ex-tecnico informatico della CIA, il regista Oliver Stone dirige Snowden (2016).

di Luca Ferrari

Ogni giorno il mondo fa milioni di telefonate, manda e-mail, racconta la propria vita sui social network. E se tutto ciò potesse essere usato contro di noi? E se ogni singolo sfogo/segreto potesse diventare una scusa usata dal proprio Governo per convocarci (con le buone o le cattive) e porci varie domande? È stato fatto, e un uomo lo ha reso pubblico. Adesso non ho idea di cosa stia succedendo nel web in questo momento. Io stesso per questo articolo potrei attirare l'attenzione di qualcuno (se non è già così) Presentato in anteprima al Toronto International Film Festival, è uscito sul grande schermo Snowden (2016, di  Oliver Stone).

Edward Snowden (Joseph Gordon-Levitt) era un volitivo e promettente militare dell'esercito americano. Fallito il tentativo di entrare nei corpi speciali a causa della fragilità del suo fisico, ripiega sulla tecnologia. Edward non è un cracker. È un repubblicano. Crede nella propria nazione e perfino nelle idee di George W. Bush. È un autodidatta geniale. Un talento che non passa inosservato e che il direttore dei servizi segreti Corbin O'Brian (Rhys Ifans) deciderà di valorizzare al massimo perché il moderno campo di battaglia è ovunque (dicasi rete).

Gli inizi sono promettenti. Stringe amicizia col veterano geniaccio della Guerra Fredda Hank Forrester (Nicolas Cage) e durante il training trova perfino il tempo per incontrare di persona la bella e progressista Lindsay Mills (Shailene Woodley), conosciuta in una chat. Non passa molto tempo prima che Edward inizi a vedere una certa esasperazione del controllo sul web di cui lui stesso ne diventa complice. La scusa è sempre quella, il terrorismo. Ma lui che è dentro il Sistema ne capisce il senso: il terrorismo è la scusa, proteggi solo la superiorità del tuo paese!

È un sali e scendi di incarichi tra dubbi e ripensamenti fino alla ben nota goccia che fa traboccare il vaso. Edward decide allora di agire, tradire, rivelare. È lì che comincia il film di Oliver Stone. Edward Snowden si trova a Hong Kong, pronto per incontrare la documentarista Laura Poitras (Melissa Leo) e i giornalisti del quotidiano britannico The Guardian, Glenn Greenwald (Zachary Quinto) e Ewen MacAskill (Tom Wilkinson), contattati per rivelare al mondo ciò che sta facendo la NSA – Nationa Security Agency. Una volta diventata di dominio pubblica la notizia, Ed dovrà trovare una nazione sicuro che lo ospiti al sicuro.

Oliver Stone è tornato a fare sul serio. Da sempre occhio critico dell'America guerrafondaia e immacolata, non poteva che essere lui a dirigere un film su di un personaggio che ha lasciato sgomento il mondo intero. Snowden non fa degli Stati Uniti il male in terra, semplicemente racconta ciò che i suoi Servizi Segreti hanno colpevolmente portato avanti prima e dopo l'elezione di Barack Obama. Difficile pensare che siano solo gli yankee a cimentarsi con certe procedure ma di sicuro Edward Snowden ha mostrato cosa stava facendo il suo governo.

Ed è qui il punto, Snowden è stato attaccato da ogni latitudine. Ma perché? Il vero patriottismo non è nascondere la verità alla propria gente, anzi, l'esatto contrario. Battersi perché il proprio governo sia il migliore del mondo, questo è vero amore per la nazione e di certo questo coraggioso ragazzo ha fatto si di non voler più stare al gioco dello spionaggio su scala mondiale. Non serve essere d'accordo coi politici per essere un patriota, dice esausto. Ma finché vincerà la linea del segretezza è sicurezza, sicurezza è vittoria, lui sarà sempre visto come un traditore della patria.

Joseph Gordon-Levitt è un attore molto versatile. Sceglie bene i suoi progetti. Dalla grandiosa interpretazione di Hesher è stato qui (2010), passando per il Lincoln Spielberghiano (2012), l'ultimo capitolo della trilogia di Batman di Chirstopher NolanThe Walk (2015) di Robert Zemeckis, in mezzo ci ha pure messo il suo esordio alla regia in Don Jon (2013), film che lo vede anche protagonista porno-addicted al fianco di Scarlett Johansson e Julianne Moore. La sua immedesimazione in Snowden è davvero totale. C'è da chiedersi quanto l'attore classe '81 ne sia uscito cambiato da questa interpretazione.

Snowden (2016, di Oliver Stone) è l'ennesimo film di spessore uscito in questo autunno 2016, preceduto dai nostrani 7 minuti diretto dal veterano Michele Placido e In guerra per amore di Pif, alla sua seconda regia. Si parla di negazionismo dell'Oloscausto in La verità negata di Mick Jackson sempre con Wilkinson mentre Io, Daniel Blake (di Ken Loach) vincitore della Palma d'oro a Cannes, sprofonda nel dramma lavortivo-sociale dell'Inghilterra del terzo millennio. Storie vere o comunque ispirate a fatti di cronaca. Storie importanti di uomini che hanno messo la propria vita a rischio per una causa più grande, la creazione di un mondo più giusto ma che di sicuro né loro né noi potremo vedere però magari i nostri nipoti un giorno accenderanno una candela alla nostra memoria per ringraziarci di queste battaglie.

Edward Snowden non è Julian Assange, anch'esso arrivato sul grande schermo grazie a un grandioso Benedict Cumberbatch che lo interpreta in Il quinto potere (2013, di Bill Condon).  Assange e Wikileaks pubblicano senza censura. Snowden si raccomanda con la stampa: “Concentratevi sul sistema, nessuno impegnato in qualche operazione segreta deve rischiare la vita”. Basterebbe questa frase per capire quando Edward ci tenesse davvero alla sua casa, ma che per ottusità politica non vi potrà più far ritorno se non in qualche carcere federale.

La verità è che siamo spiati, ma è un qualcosa che non ci fa (ancora) male. Qui, per lo meno. A dispetto delle presenze di pedofili in agguato sul web, i neo-genitori continuano a svendere la vita dei propri figli piccoli. Altri fanno sfoggio di tutta la propria fede politica arrivando perfino a dichiarare che cosa andranno a votare e così via. Non fa differenza. Tutto ciò che Snowden ha rivelato fa gridare allo scandalo ma chi può davvero farlo se poi ogni mattina racconta la propria vita sui vari social network? Farebbe davvero qualche differenza se anche le email venissero lette? No, a questo punto del mondo, no davvero. Purtroppo.

Io credo a Linday che al suo amato Edward, dice. si può sempre tornare indietro! E se non vi fidate di Edward Snowden, fidatevi di lei. La scelta è vostra.



Snowden - la preoccupazione sul volto di Lindsay (Shailene Woodley)
Snowden - da sx: la documentarista Laura Poitras (Melissa Leo), Edward Snowden (Joseph Gordon-Levitt),
i giornalisti Ewen MacAskill (Tom Wilkinson) e Glenn Greenwald (Zachary Quinto

martedì 29 novembre 2016

Sex and the... Bridget Jones's Baby

Bridget Jones' Baby - la dott.ssa Rawlings (Emma Thompson) e Bridget (Renée Zellweger)
Esageratamente corretto, SexandtheCityano, inzuppato di luoghi comuni over 40 e pure mieloso. Bridget Jones's Baby (2016, di Sharon Maguire) è una prevedibile delusione.

di Luca Ferrari

15 anni sono passati dal primo sbarco cinematografico della zitella incasinata Bridget Jones. Alla regia di questa terza (e si spera ultima) "avventura", Bridget Jones's Baby (2016), è tornato Sharon Maguire. La storia nel complesso è stantia. Se nei primi due lavori la pasticciona Bridget (Renée Zellweger) era contesa tra l'impeccabile Mark D'Arcy (Colin Firth) e lo sciupafemmine Daniel Cleaver (Hugh Grant), questa volta si gioca sul binario dell'esageratamente corretto, con la new entry Patrick Dempsey al limite del buonismo zuccheroso.

Londra è cambiata. Bridget è cambiata. E pure l'attrice protagonista lo è, affidatasi a qualche ritocchino di troppo. A metà strada tra una desperate single e una laconica semi-protagonista di Sex and the City, il film vede scendere in campo pure i classici capi giovani, rigorosamente cinici e hipster. Bridget Jones's Baby è un minestrone anemico al cui confronto la mitica zuppa al filo blu preparata per la propria festa di compleanno nel primo e divertente film (Il dirario di Bridget Jones, 2001) è alta cucina. Un film da vedere proprio se in televisione o al cinema non c'è nulla che valga la propria e più bassa attenzione.

Bridget Jones's Baby - Jack (Patrick Dempsey), Bridget (Renée Zellweger) e Mark (Colin Firth)