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martedì 8 marzo 2016

Suffragette, il coraggio di essere donna

Suffragette - Maud (Carey Mulligan) al lavoro
Nell'Inghilterra dei primi del '900 le donne sono decise a tutto pur di ottenere ciò che gli spetta: il diritto al voto. Suffragette (2015, di Sarah Gavron).

di Luca Ferrari

Le donne chiedono, l'universo maschile ignora. Le donne si battono, l'uomo risponde con la forza. Siamo nella seconda decade del XX secolo quando per le strade di Londra esplode il malcontento femminile, ancora schiavo dell'altro sesso in ogni aspetto della vita: pubblica, sociale e privata. È tempo di cambiare. È tempo di evolversi. È tempo di lottare strenuamente. Quello era il tempo delle indomite Suffragette (2015, di Sarah Gavron).

Maud Watts (Carey Mulligan) è una lavandaia. È sposata con Sonny (Ben Whishaw), anch'esso impegnato nella medesima fabbrica. Insieme hanno un figlio, il piccolo George. La sua vita non prevede nessuna concessione. Fa la madre, la moglie e la lavoratrice. Per le strade della città intanto, il grido di ribellione delle Suffragette, così come furono etichettate le donne che chiedevano il diritto di voto, inizia a farsi sempre più presente/possente. Maud però se ne tiene alla larga, almeno in principio.

Avvicinata dalla collega neo-assunta Violet (Anne-Marie Duff), suo malgrado si ritroverà esposta in prima linea a parlare dinnanzi al cancelliere David Lloyd George (Adrian Schiller) in persona, diventando così parte integrante del movimento suffragista femminile guidato da Emmeline Goulden Pankhurst (Meryl Streep), nelle cui fila si muovono audaci e determinate anche Emily Davison (Natalie Press) e la farmacista Edith Ellyn (Helena Bonham Carter) insieme al marito Hugh (Finbar Lynch).

Insieme alla prima manifestazione Maud scoprirà la prigione con tutte le conseguenze possibili per una donna in una società non solo ancora fortemente maschilista ma anche terribilmente schiava del (pre)giudizio altri. Che nome avremmo dato se avessimo avuto una figlia? Chiede la ragazza al marito una volta uscita di cella. “Margareth, come mia madre” risponde fiero lui. E che vita avrebbe avuto?, replica Maud ormai sempre più coinvolta in una battaglia che non potrà che avere un solo e unico esito: la vittoria delle donne.

Ogni causa ha i propri martiri e con la stampa imbavagliata dalla politica e dalla corte di re Giorgio V, non resta che una soluzione. L'estremo sacrificio sotto gli occhi delle telecamere in modo che nessuno possa più ignorare ciò che sta succedendo. Di fronte allo spettro dell'ennesimo fallito tentativo di lasciare il segno infatti, qualcuno sta per uscire dagli schemi puntando decisa all'obiettivo. Non importa che prezzo pagherà. Per curare la cieca sordità di una società, alle volte serve la cura più amara.

Suffragette è uscito sul grande schermo a ridosso della Giornata Internazionale della Donna. Suffragette va oltre la mera conquista sociale delle donne inglesi, mostrando alla base un altro e per certi versi ben più grave problema mai affrontato veramente e tutt'ora irrisolto: la violenza sulle donne. Queste lasciatele libere, se ne occuperanno i mariti! si sentono schernire Maud e altre donne. Era appena un secolo fa e la donna, anche nell'elevata e colta società occidentale, non era nulla di più di una proprietà.

Negare il voto alle donne è una palese forma di aggressione. Maud come tante altre colleghe ha subito violenze carnali nell'omertà generale di tutti: uomini, donne e marito stesso. Quel problema non esiste secondo i canoni della società contemporanea eppure i dati (quelli veri) sono imbarazzanti. Nessuno fa nulla. A che serve aver ottenuto il diritto di voto se poi ancora una donna ha paura a denunciare un uomo che la picchia?

Non sono una suffragetta, ripete Maud a metà tra il veritiero e l'impaurito dinnanzi alla ispida autorità dell'ispettore Steed (Brenda Gleeson). Le si può credere o meno ma è dinnanzi all'ennesimo sopruso che l'agnello diventa una fiera decisa. Usando le parole della drammatica Jeremy (Pearl Jam): “Seemed a harmless little fuck/ Ooh, but we unleashed a lion – Sembrava un coglione inoffensivo ma scatenammo un leone”. Maud è debole. Maud è fragile. Maud sarà privata di ciò che più ama al mondo ma non si spezzerà e a quel punto marcerà ancora più decisa.

Terza regia per la britannica Sarah Gavron, in Sufraggette il ruolo principale è stato affidato a Carey Mulligan (Wall Street – Il denaro non muore mai, Il grande Gatsby). Il suo viso lacrimevole al momento del vedersi allontanata dal proprio figlio è una cascata letale verso la disperazione più lacerante. Ma è solo un aspetto di una donna. Helena Bonham Carter (Big Fish, Alice in Wonderland, Les Miserables) è stanca ma non smette di combattere. Offre lezioni di autodifesa alle donne perché non basta alzare la voce quando il poliziotto (o qualcun altro) sta per colpirti.

Emblematica infine la presenza di Meryl Streep (Mamma mia, The Iron Lady, I segreti di Osage County). Giusto poche battute ma l'immedesimazione con la Pankhurst è totale sotto più di un aspetto. Meryl è la miglior attrice in circolazione. Non è mai stata una bellezza preponderante ma ha conquistato il mondo con le proprie capacità. Mostra fiera gli anni che ha, immune al fascino di fantomatici elisir dell'eterna (falsa) giovinezza. Lei è lì, a guardare negli occhi la giovane Carey-Maud per sostenerla nella sua lotta.

Troppo facile in questo 8 marzo 2016 fare i paladini dei diritti delle donne e poi fregarsene nei restanti 364 giorni. La donna è ancora palesemente svantaggiata sull'uomo sotto tanti aspetti nel Bel paese. Ma è la cultura italiana a dover cambiare, slegandosi da qualsiasi forma di ideologia o religione che possa minarne la piena libertà o autoaffermazione. Ma finché anche l'uomo non sentirà propria questa battaglia, difficilmente qualcosa potrà cambiare in modo definitivo.

Molto interessanti le didascalie finali in Suffragette con l'anno in cui le donne ottennero il diritto di voto nel mondo. In Italia nel 1945. Solo 70 anni fa. Fa riflettere a vedere come tante nazioni (mi ha colpito la Svizzera) ci siano arrivate così tardi. Magari tra cent'anni gli asili nei posti di lavoro saranno la normalità e le donne non verranno licenziate se avranno l'ardire di mettere al mondo figli, al momento non è proprio così.

Pochi film hanno fin'ora trattato l'argomento donna-diritti. Nel 2010 sbarcò sul grande schermo Made in Dagenham (di Nigel Cole) con al centro della vicenda le lotte femminili nel mondo del lavoro. In attesa di qualche definitivo cambiamento, mi rimetto davanti a Suffragette (2015, di Sarah Gavron) provando a immedesimarmi in una donna d'inizio '900 e pensare a quello che avrei provato nel non essere padrone di nulla, neanche della mia vita. Che cosa avrei fatto? E tu, donna e uomo del terzo millennio, che cosa avresti fatto?


Guarda il trailer originale di Suffragette

Suffragette - Emmeline Pankhurst  (Meryl Streep)
Suffragette in azione: (da sx) Emily  (Natalie Press) ed Edith (Helena Bonham Carter)

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