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venerdì 3 marzo 2017

Beata ignoranza, comunicare è scegliere

Beata ignoranza - Ernesto (Marco Giallini), Nina (Teresa Romagnoli) e Filippo (Alessandro Gassmann)
Libri o social network, il risultato non cambia se a cadere è la comunicazione umana. Meglio allora la semplicità espressiva della Beata ignoranza (2017, di Massimiliano Bruno).

di Luca Ferrari

Ernesto (Marco Giallini) è un sinistrorso professore d'italiano vecchio stampo. Rigido. Ama la poesia e la letteratura antica. I computer per lui sono delle scatole per giovinastri e perdigiorno. Filippo (Alessandro Gassmann), docente destrorso di matematica, insegna direttamente con gli smartphone. Il suo tempo libero è tutto incentrato sul mondo dei social network. Le due facce del nuovo millennio si scontrano sul sentiero della Beata ignoranza (2017, di Massimiliano Bruno).

Ernesto e Filippo scorrono sui rispettivi binari. Un tempo però erano amici, fin da bambini. Ma come nel più classico dei drammi Shakespeariani, una donna li ha divisi e ora, ancora una volta, tornerà dal passato per rimetterli di fronte l'un "contro" l'altro. Nina (Teresa Romagnoli) è figlia biologica di Filippo, che non se n'è mai curata. È stata cresciuta dall'ignaro Ernesto dalla quale fu abbandonata adolescente una volta scoperta la verità, con la complicità tecnologica di una email.

Complice una sfuriata tra i due finita in rete, la giovane figlia videomkaer, più matura dei due padri messi insieme, propone loro uno scambio sperimentale per un documentario: Ernesto dovrà entrare nel mondo degli smartphone e dei social, Filippo dovrà rinunciare ad aggiornare il proprio status per una settimana, utilizzando solo un vecchio Nokia (roba da museo ormai, ndr). Ovviamente il tutto continuando a fare la propria vita senza chiudersi in un eremo.

Ha inizio la sfida, che è anche un viaggio per entrambi. Non è solo il cimentarsi con un nuovo mondo ma è anche uno scoprire qualcosa di troppo sopito dentro ciascuno. Un risveglio che sempre di più non siamo in grado di operare da soli. C'è chi ha bisogno di un amico, chi di uno psicologo e chi di una rottura. ;Ma se anche voi arrivaste al punto in cui una figlia vi dice piangendo che vorrebbe solo un vero rapporto col proprio padre, come reagireste?

“Al mio segnale, scatenate la condivisione”. Lo si potrebbe sintetizzare così, a livello popolare, questo inizio di terzo millennio. Pochi film (forse nessuno) come Il gladiatore (2000, di Ridley Scott) sono riusciti a entrare nel vocabolario quotidiano con più di una citazione e allo stesso tempo nulla come i social network hanno mutato ogni aspetto della vita sociale e lavorativa delle persone.

Oggi, nel 2017, siamo a un punto molto critico. Se le vecchie generazioni (quarantenni inclusi) ricordano con nostalgia il mondo naif delle cartoline, le lettere scritte a mano e il telefono di casa, tutti quelli venuti dopo sono ormai a filo diretto con internet. Hanno tutto a portata di clic. Le comunicazioni passano sui social network prima ancora (quasi) dei rapporti umani. Quanto durerà? Ci sarà un'inversione?

I personaggi interpretati da Marco Giallini (ACAB, Confusi e felici, Loro chi?) e Alessandro Gassman (Il nome del figlio, Gli ultimi saranno gli ultimi, Onda su onda) si punzecchiano ma in entrambi è evidente l'incapacità di comunicare, e questo a prescindere dalla devozione per Ugo Foscolo o Mark Zuckeberg che sia. Ognuno vi nasconde le proprie debolezze. Ognuno usa la propria cultura e/o esternazione come scudo “CaptainAmericano” per affrontare il mondo. Eppure, a dispetto degli anni passati, nessuno dei due è ancora davvero capace di gestire una vera relazione sentimentale.

La coppia Gassman/Giallini funziona che è un piacere. Visti sotto la stessa regia in Tutta colpa di Freud (2014, di Paolo Genovese) e nel più recente Se Dio vuole (2015, di Edoardo Falcone), la forza del film, oltre alla grandissima attualità (vedi anche Perfetti sconosciuti, 2016 di Paolo Genovese), può contare su dei comprimari a dir poco grandiosi, a cominciare dal cameraman Nazareno (Luca Angeletti) che ha la brillante idea di farsi chiamare “Nazi”, pur non essendo minimamente simpatizzante del Terzo Reich.

Aldilà degli aspetti più esilaranti come il centro di recupero per smartphone-dipendenti, fenomeno che di sicuro si andrà ad acuire nei prossimi anni, è indubbio che Beata ignoranza (2017, di Massimiliano Bruno) mostri come il mondo non cambi davvero, ma muti solamente i propri strumenti. L'incomunicabilità umana è uno dei tanti mali sottovalutati di ogni secolo. Per cambiare servono persone e volontà, il resto, poesia o post che siano, sono solo degli strumenti a disposizione dei soggetti.

Il trailer di Beata ignoranza

Beata ignoranza (2017, di Massimiliano Bruno)

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