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mercoledì 22 novembre 2017

Hayao Miyazaki, l'animazione infinita

65° Mostra del cinema di Venezia - il regista Hayao Miyazaki © Federico Roiter
Hayao Miyazaki è tornato a lavorare. A breve uscirà il corto Boro il bruco, in CGI. Kaku Arakawa ce ne racconta la genesi col documentario-intervista Never-Ending Man: Hayao Miyazaki (2017).

di Luca Ferrari

Hayao Miyazaki si è ritirato dal mondo del cinema. La notizia non è certo una novità. Ma può un pozzo creativo come il premio Oscar per il Miglior film d'animazione La città incantata (2001) pensare davvero di restarsene con le mani in mano fuori finché mente & corpo girano ancora? No, non è possibile. Eccolo dunque tornare (leggermente) indietro sui suoi passi e calarsi in una nuova avventura, il corto di "Boro il bruco" in CGI (computer-generated imagery). Come ci sia arrivato, ce lo racconta Never-Ending Mad: Hayao Miyazaki (2017, di Kaku Arakawa), distribuito da Nexo Digital.

Sigaretta sempre in bocca. Tazza di un non imprecisato liquido (probabile caffè). Si comincia con i saluti del produttore dello Studio Ghibli e lo stesso Miyazaki al pubblico italiano. “È stato uno schizzo. Disegno per divertimento”. Hayao sembra davvero arrivato al capolinea. Per sua stessa ammissione, non si ritiene più in grado. “Voglio creare qualcosa di straordinario ma non so se sono in grado di farlo” ammette a metà strada tra il divertito e lo sconsolato.

Sul grande schermo si susseguono brevissimi frammenti dei suoi indiscussi capolavori a cominciare da Nausicaa della Valle del vento (1984), tornato due anni fa sul grande schermo. Ecco poi i protagonisti de Il mio vicino Totoro (1988), Kiki - Consegne a domicilio (1989, anch'esso riproposto di recente), le inimitabile peripezie volanti di Porco Rosso (1992), l'ecologista Principessa Mononoke  (1997) fino ai più recenti Il castello errante di Howl (2004) e Si alza il vento (2013).

Dal passato al presente. Lì, sulla carta c'è lo schizzo di Boro il bruco. “Farò un corto in CGI”. Caratteristica dello Studio Ghibli, co-fondato da Miyazaki nei lontani anni '70, quella di realizzare tutti i disegni a mano.  Adesso i tempi sono cambiati e bisogna fare i conti con l'era digitale. Cambiano gli strumenti ma non l'uomo alla base dell'invenzione e con lui non si scherza, né allora né oggi. “È importante disegnare esseri umani completi” spiega, “Ho sempre creato panorami mai visti. Adesso sono attratto da quelli insignificanti. Sarà l'età”.

Capitolo dopo capitolo, Arakawa ci mette sempre più a stretto contatto con Miyazaki, un “arzillo vecchietto” con ancora un po' di voglia di darsi da fare. I problemi non mancano. Ciò che sgorga dalla sua matita non trova l'esatta comprensione nelle giovani generazioni già espertissime della tecnologia digitale più avanzata. Un po' si spazientisce. Un po' vorrebbe mollare tutto. “Preferisco morire pensando che devo continuare a vivere” scandisce deciso ed energico. Vorrebbe davvero chiudere ma non ci riesce. “Voglio una copia di me stesso” sentenzia.

Hayao Miyazaki, un legame profondo mi unisce al regista giapponese. Per la prima volta inviato stampa al Festival del Cinema di Venezia, quella era la 65° edizione. L'anno in cui fu presentato in anteprima in concorso Ponyo sulla scogliera. Sgommando su e giù per le sale e le conferenze stampe, d'improvviso me lo trovo lì. Seduto fuori dell'hotel Des Bains. Gli chiedo se lo posso fotografare con in mano una rivista per cui collaboravo dove c'era un articolo scritto dal sottoscritto su di lui. Accettò senza battere ciglio e mi regala un momento di pura cine-magia.

Oggi di Mostre del Cinema vissute in prima linea giornalistica ne ho collezionate dieci. È il 21 novembre 2017 e a Venezia non è una giornata come le altre, è la festa della Salute. Come ogni anno migliaia di donne, uomini e bambini si riversano in pellegrinaggio ad accendere una candela votiva per la Madonna. Non è il mio caso. Questa non è una mia tradizione, non sono credente e non mi sognerei mai di rivolgermi a qualcuno (il cui mito, o presunto tale, è stato ampiamente romanzato) per elemosinare ciò che non sono in grado di realizzare da me.

Se c'è qualcosa in cui posso fermamente sostenere di credere, oltre agli esseri umani, è la fantasia e tutto ciò che ne consegue. Giornata ideale dunque per venire qui, al cinema Rossini, ad assistere alla proiezione di Never-Ending Man: Hayao Miyazaki. Il consueta regalo a Instagram come segno di tributo al grande schermo e posso accomodarmi. Taccuino aperto e proteso con tutta l'anima ad ascoltare “i deliri senili di un vecchio”, come il Maestro giapponese stesso riferisce di sé con non poca autoironia.

Assisto alla proiezione di Never-Ending Man: Hayao Miyazaki (2017, di Kaku Arakawa). Riaccese le luci, sgattaiolo veloce nell'oscurità lagunare. Vorrei già mettermi al lavoro ma è giusto concedere una minima pausa. Lascio che le parole e le immagini sedimentino quel tanto. Mi rintano nei pensieri senza il minimo sforzo. Ripenso a queste parole “Il movimento parte dalla volontà. Bisogna renderlo espressivo”. Oggi, 21 novembre 2017, ho scelto con ferma volontà di essere qui, a imparare dal lavoro di Hayao Miyazaki... per creare qualcosa di straordinario!

Il trailer di Never-Ending Man: Hayao Miyazaki

Venezia, l'ingresso del cinema Rossini con locandina “Miyazakesca” © Luca Ferrari
il regista Hayao Miyazaki in azione
Never-Ending Man: Hayao Miyazaki (2017, di Kaku Arakawa)

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