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domenica 13 dicembre 2020

Fuga per la vittoria, e i "campioni" della vergogna

Fuga per la vittoria - Colby (Michael Caine), Fernandez (Pelè) e Hatch (Sylvester Stallone)

Dal film Fuga per la vittoria (1981, di John Huston), liberamente ispirato a una tragica vicenda, alla partita farsa organizzata dal dittatore ceceno Kadyrov, insieme a tante stelle mercenarie del calcio.

di Luca  Ferrari

Dalle urla “insonorizzate” dei civili torturati mentre si disputavano i Mondiali di Argentina ’78 al divieto anche solo di pronunciare le parole “diritti umani” durante le Olimpiadi di Pechino 2008. Quando sport fa rima con propaganda e omicidio legalizzato. Nel 2011 il presidente ceceno Ramzan Kadryov organizzò una partita di calcio farsa, dove scesero in campo molte stelle del pallone. Una prestazione degna dei più squallidi mercenari, l'esatto opposto di chi pagò con la vita la propria integrità di fare gol. Un fatto quest'ultimo, vero e tragico, a cui s'ispirò liberamente il film Fuga per la vittoria (1981, di John Huston).

1942, II Guerra Mondiale. Durante una visita nel campo di concentramento il Maggiore Karl Von Steiner (Max von Sydow), ex-calciatore della Nazionale Tedesca, riconosce il collega inglese John Colby (Michael Caine), e gli propone una partita internazionale per risollevare il morale. Inizia così il reclutamento al quale cerca d'inserirsi in tutti i modi il poco dotato Hatch (Sylvester Stallone), desideroso di beneficare del regime carcerario agevolato, e tentare così l'ennesima fuga. Una presenza questa molto poco a gradita a Colby, che lo sbatte fuori senza mezzi termini, salvo poi tornare sui suoi passi.

La partita intanto viene inglobata in un preciso messaggio della propaganda nazista che ha deciso una partita ad alto livello da disputare a Parigi, ma non sanno che nel frattempo anche la Resistenza Francese si sta muovendo. La squadra alleata intanto si rinforza, grazie agli innesti di ottimi elementi, alcuni dei quali giunti malnutriti dai campi di concentramento più terrificanti. Ecco dunque indossare la maglia calcistica internazionale Luis Fernandez, Terry Brady, Carlos Rey, Michel Fileu, Paul Wolchek e Gunnar Hilsson interpretati rispettivamente dai veri campioni del pallone Pelè, Bobby Moore, Osvaldo Ardiles, Paul Van Himst, Kazimierz Deyna e Hallvar Thoresen.

Dal grande schermo alla realtà censurata. L’11 maggio 2011 il presidente ceceno Ramzan Kadryov, in barba ai problemi di una nazione traumatizzata dalla violenza che si protraeva quotidianamente nell’indifferenza della Comunità Internazionale, inaugurò in grande stile l’ultramoderno nuovo stadio di calcio da 30mila posti, il Terek Grozny Stadium, con una partita amichevole disputata con vecchie glorie mondiali. Un evento questo, passato sotto silenzio dalla maggior parte dei media. Un fatto, non certo sorprendente ma piuttosto grave. Una vicenda in cui lo sport si piegò al potere e alla politica più assassina.

Una selezione di giocatori del Caucaso guidati in campo dallo stesso Kadryov (presidente dell’FC Terek Grozny, squadra militante nella Premier League Russa e allenata all'epoca dal pallone d'oro, Ruud Gullit) affrontò una formazione di stelle del passato, recente e non, tra cui i palloni d’oro Diego Armando Maradona, Jean-Pierre Papin e Luis Figo, gli ex-milanisti Franco Baresi, Alessandro Costacurta, e altri famosissimi calcatori come l’uruguaiano Enzo Francescoli, il cileno Ivan Zamorano, il francese Fabien Barthez, l’inglese Steve McManaman.

In campo dunque c’era anche il pibe de oro (1960-2020). Proprio lui, che anni or sono si era fatto immortalare con i simboli “anti-imperialisti” Fidel Castro e Hugo Chavez, e in quell'occasione invece è sceso a celebrare Ramzan Kadryov, criminale burattinaio dello zar Vladimir Putin. Ciliegina sulla (nauseabonda) torta, la partita è stata vinta dai caucasici con una tripletta messa a segno dal "fuoriclasse" Kadryov. Una pagliacciata nella farsa. La storia calcistica, e sportiva, però non ha sempre avuto codardi al servizio dei potenti. In territorio russo, quasi settant’anni fa, si disputò un match molto particolare ma dall'esito del tutto opposto.

Nel lontano 9 agosto 1942, allo stadio Zenith di Kiev, città allora sotto occupazione nazista, si fronteggiarono la locale Start e una compagine composta da ufficiali tedeschi dell’aeronautica militare Luftwaffe. In vantaggio la formazione di casa per 3-1 alla fine del primo tempo, durante l’intervallo un ufficiale teutonico intimò agli avversari di farsi battere. Raggiunti sul pareggio, l’orgoglio e la dignità ebbero la meglio sulle minacce e le probabili terribili ritorsioni, e il match finì 5-3 per gli ucraini. La maggior parte dei vincitori vennero in seguito uccisi, altri torturati e ammazzati, altri ancora spediti nei lager. Venne ribattezzata la “partita della morte”. Una tragica pagina di sport a cui si ispirò il celebre film Fuga per la vittoria (1981, di John Huston).

Altro spessore. Altri Uomini. Chi farebbe oggi un film chiamato “La partita della vergogna” mettendo in imbarazzo personaggi intoccabili della politica internazionale e baroni del pallone? Dove sono i Tommie Smith, i Muhammad Alì del terzo millennio? Dove sono gli uomini disposti a combattere per il loro valori? In Cecenia la violenza di stato è sempre continuata contro chiunque non si adattasse alla linea filorussa. Chi osa criticare il regime, o denunciare le costanti violazioni dei diritti umani, viene eliminato. La giornalista Anna Politkovskaja (1958-2006) è solo una delle tantissime vittime spazzate via dalla brutalità di questo distorto sistema. Il governo ceceno è protetto dal potente e vicino alleato.

Non sono arrivate troppe fotografie della partita di Gronzy. Allora proverò a immaginare la scena. Kadryov segna, e i vari calciatori i complimentano con lui. Come se fosse una festa. Le strette di mano. Gli abbracci. Mi piacerebbe mostrare a tutti i calciatori lì presenti le foto di donne stuprate e ammazzate dai commando militari ceceni. E vorrei poi che fossero loro a spiegarmi che cosa si prova a stringere sorridendo una mano inzuppata del sangue di innocenti. Una misera figura. Di tutti. Nessuno escluso. Con la loro presenza questi “atleti” hanno insultato le duecentomila vittime della doppia guerra ceceno-russa (1991-1996 e 1999-2006). Con la loro presenza hanno sputato sui diritti violati di migliaia di innocenti. 

"Hatch, se scappiamo ora, perdiamo più di una partita" lo implorava Fernandz. E voi, cosa avreste fatto se lì fuori non ci fosse stata una telecamera milionaria ma i terribili aguzzini della Ghestapo?

Fuga per la vittoria, il coraggio di non scappare

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