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venerdì 29 marzo 2019

Dumbo, il coraggio dell'amore

Dumbo (2019, di Tim Burton)
Da Walt Disney a Tim Burton, lì nel mezzo un tenero elefantino dalla grandi orecchie. Preparate i fazzoletti, sul grande schermo è arrivato il live action di Dumbo (2019).

di Luca Ferrari

L'amore di un cucciolo per la sua mamma. L'amore di un padre per i propri figli rimasti orfani della loro dolce madre. L'amore di una sorella e un fratello che attendevano, speranzosi, il ritorno del padre. L'amore struggente di un mammifero gigante allontanato dal suo neonato. Il regista delle meraviglie, Tim Burton, rilegge il classico Disneyano, Dumbo (2019). Preparate i fazzoletti per piangere e sorridere perché su quelle grandi orecchie troveremo tutti la forza e il coraggio di andare e tornare da chi amiamo veramente. E nulla e nessuno lo potrà mai impedire, soprattutto se ad aiutarci ci saranno dei veri e autentici amici.

Max Medici (Danny De Vito) è il titolare dell'omonimo circo. I tempi moderni però non sembrano essere di aiuto per gli affari. Nella carovana sempre in viaggio intanto, è tornato (menomato) dalla guerra il buon Holt Farrier (Colin Farrell), atteso con molta ansia dai figlioletti Milly (Nico Parker) e Joe (Finley Hobbins), nel frattempo orfani della loro mamma deceduta per malattia. Rispetto ai tempi pre-bellici però, il circo se la passa piuttosto male. Gli stessi cavalli che Holt domava con maestria insieme all'amata dolce metà, sono stati venduti. Per rilanciare la "baracca"  è in arrivo un cucciolo di elefante la cui mamma, di recente comperata, è prossima al parto.

Il cucciolo nasce ma non è esattamente come gli altri, avendo infatti due orecchie gigantesche. Con la notizia del nascituro già inviata alla stampa, Max affida a Holt la gestione elefantesca ed escogitano il modo di nascondergliele. Il trucco ovviamente non regge e il piccoletto, davanti a un pubblico divertito, viene sbeffeggiato senza pietà. Qualcosa che ovviamente mamma elefante non gradisce per niente, reagendo (provocata) con intensità. La risposta è la sua vendita, lasciando il piccolo col cuore spezzato. Fortuna sua che gli stanno vicino i piccoli Farrier, che anzi fanno una scoperta sensazionale. Il piccolo sa volare.

Volare? Un elefante? Esattamente! La notizia fa il giro del globo e tutto ciò che luccica, attira sempre gli avvoltoi affamati di danari. Ecco dunque presentarsi al circo Medici, lo spavaldo e arrogante V.A. Vandevere (Michael Keaton), accompagnato dalla sua stella "volante, la trapezista francese Colette Marchant (Eva Green). La proposta è semplice: entrare in società con lui e portare Dumbo nel proprio parco delle meraviglie, Dreamland. La prospettiva di una casa e un lavoro più sicuro per tutti i circensi, spinge Max ad accettare, ma dell'atmosfera familiare che si respirava nel prima, ormai non c'è più nulla. Dumbo sarà la star, e va sfruttata a dovere.

Arriva il giorno della prima, ma qualcosa non va. Davanti (anche) al potente banchiere J. Griffin Remington (Alan Arkin), l'elefantino vola si, ma poi scappa fuori dal tendone. Per la stampa è un fiasco, Vandevere  non lo gradisce e reagisce di conseguenza. I circensi di Max Medici però cominciano ad averne abbastanza e il popolo insorge. Obiettivo numero uno, ridare libertà a Dumbo e la sua mamma, nel frattempo diventata la terrificante Kali al servizio proprio dei visitatori del Dreamland. Ci vole un piano e le persone giuste. Quelle con un cuore vero. Quelle persone capaci poi di cambiare davvero il mondo.

Gotico. Traumi infantili. Fantastico. Sono gli elementi chiave nella cinematografia del regista di Burbank, Tim  Burton (Edward mani di forbiceSleepy Hollow, Ed Wood). Riappacificatosi con la Disney con il "a suo tempo scartato" Frankenweenie (2013), solo lui poteva accettare la sfida di portarci davanti al grande schermo per una fiaba che ha traumatizzato intere generazioni. Una storia, quella di Dumbo, a tratti così dolorosa da arrivare a far dire anche, "no, non ce la faccio proprio a vederlo". Quale bambino d'altronde riuscirebbe a guardare un suo coetaneo perdere la propria mamma senza versare lacrimoni? E quale adulto a sua volta, potrebbe sopportare di vedere un suo corrispettivo allontanato a forza dal proprio fagottino? 

Già diretta da Tim Burton in Dark Shadows (2013) e Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali (2016), Eva Green è una creatura in apparenza superficiale, in realtà è una donna imprigionata che troverà nelle ali e nel cuore di Dumbo, la spinta per volare via e vivere insieme a chi la sa davvero apprezzare. Falso duro ma dal cuore d'oro, Danny DeVito (Qualcuno volò sul nido del cuculo, I gemelli, La guerra dei Roses) anch'esso bi-diretto da Tim nel commovente Big Fish (2003) e ancor prima nei panni del letale Pinguino, nemico di Batman (Il ritorno, 1992), quest'ultimo interpretato proprio da Michael Keaton (4 pazzi in libertà, Il caso Spotlight, The Founder), indimenticabile Beetlejuice, altra grandiosa creatura Burtoniana.

Pochi attori hanno la versatilità di Colin Farrell (Alexander, The Lobster, L'inganno). Alla sua prima incursione davanti alla telecamera di Tim Burton, l'attore irlandese incarna un padre privato della sua amata moglie, e diventato l'unico sostegno per i due figli. La guerra e le vicissitudini della vita lo hanno spinto a guardare solo il lato pratico delle cose. Per sua fortuna, come la stessa Colette gli fa notare, è circondato da un figlio e una figlia. E sotto la loro guida (e sentimento), saprà trovare la forza necessaria per compiere imprese straordinarie e tornare a essere l'uomo deciso e combattivo che era un tempo.

Una fiaba? Una storia vera? Nella vicenda di Dumbo c'è un pezzetto di ciascuno di noi. L'abbandono. La riscossa. L'amicizia. La famiglia. Ne è stata un'ulteriore conferma il variegato pubblico nella prima giornata di programmazione al cinema Rossini di Venezia. Adolescenti, over 50. Qualche temerario genitore con figli piccoli e le classiche età di mezzo. Tutti lì, a prendere appunti per il nostro cuore. Tutti lì, sapendo cosa ci aspetta e allo stesso tempo con la speranza che quelle grandi lacrime che ci solcheranno il viso, si tramutino presto nell'abbraccio della felicità. Tutti lì, per credere in ciò che rende grande una creatura.

Dumbo (2019, di Tim Burton). Una scena su tutte. Imbizzarrita la mamma e intervenuta per proteggere il suo piccolo deriso nel corso della prima apparizione circense, viene messa sotto chiave in un'angusta e stretta stalla su quattro ruote. Dumbo la sente, e si avvicina. Dall'inferriata ci passa la lunga proboscide della mamma che si stringe a quella più piccina di suo figlio. Una scena di struggente amore tra due creature che nessun avido imprenditore potrà mai separare. Ci vorrà del tempo, certo. Ci vorrà coraggio e collaborazione, assolutamente. Ma nel nome di chi si ama e di chi amiamo, siamo pronti a tutto. Noi e Dumbo.

Il trailer di Dumbo

Dumbo - mamma e cucciolo
Dumbo - l'elefantino coccolato dalla piccola Milly (Nico Parker)
Dumbo - Holt (Colin Farrell) e Colette (Eva Green

martedì 19 marzo 2019

Mr Banks, buona festa del papà

Mary Poppins - il volto preoccupato di George Banks (David Tomlinson)
Alla tristezza si risponde con amore e leggerezza. Lo sanno bene Mary Poppins e ancor di più George Banks, inflessibile papà, pronto a imparare e cambiare con l'affetto dei propri figli.

di Luca Ferrari

Chi è il papà? Che cosa fa un papà? E' un uomo disposto a sacrificarsi per i propri figli se necessario, affrontando anche il silenzio e la tristezza dell'ingiusto castigo. Da solo. Lasciando il fardello delle preoccupazioni ai pensieri e alle lacrime trattenute, sorridendo comunque a quelle piccole creature che lo guardano sicuri del suo essere invincibile e comunque forte a dispetto della avversità. E' esattamente quanto accadeva al buon Mr Banks, nella fiaba universale Mary Poppins (1964, di Robert Stevenson). In apparenza un uomo preciso, freddo e determinato, nei fatti una tenera persona sedotta dall'amore per i propri figlioli.

Londra, inizi del XX secolo. Questa volta i piccoli Jane (Karen Dotrice) e Michael Banks (Matthew Garber) l'hanno combinata davvero grossa. Portati in gita nella rigida Banca d'Inghilterra dove il padre è un importante funzionario, nel rifiutarsi di consegnare due penny all'anziano direttore, il sig. Dawes (Dick Van Dyke), scatenano il panico tra i correntisti, spingendoli senza volerlo a ritirare tutto il contante depositato. La cosa ovviamente ha avuto conseguenze gravissime, e l'adulto George Banks (David Tomlinson) adesso sta per pagare le più amare conseguenze, convocato dai dirigenti a notte fonda d'urgenza nell'austera fortezza creditizia.

Jane e Michael assistono alla telefonata da sopra le scale, guardando preoccupati coi faccini tra le ringhiere di legno. Il maschietto gli consegna allora il "corpo del reato". Lui li ringrazia, salutandoli con delicata tenerezza, calza la tipica bombetta inglese e si avvia mesto. La musica sale di tono in un crescendo di romantica tristezza. C'è la tipica nebbiolina di Londra. George percorre il vialetto. Attraversa il parco solitario. Scende per la piccola scalinata. La luce soffusa dei lampioni è una carezza che fa male, lasciando alle lacrime del cuore una speranza per un futuro diverso. George Banks arriva allora davanti alla Cattedrale di San Paul, lì dove ogni giorno siede la vecchina che vende briciole di pane per sfamare i piccioni. Proprio quelle che Michael voleva comperare ma il suo inflessibile padre gl'impedì.

La musica sale ancora nella sua più gravosa andatura. George Banks è ormai davanti all'ingresso della banca, puntuale come sempre. Si, adesso è davvero solo. Non c'è sua moglie, la suffragetta Winifred (Glynis Johns) né nessun altro ad alleviare il peso di un probabilissimo licenziamento che porterà la sua famiglia in grave difficoltà. E' esattamente come spiegava il candido spazzacamino Bert (Dick Van Dyke) ai due piccoli Banks. "Se c'è un problema voi avete la mamma, Mary Poppins e anche me che bada a voi, ma vostro padre? Per lui non c'è nessuno". Ed è  esattamente ciò che accadrà una volta entrato.

Nessuno conosceva davvero la storia di George Banks, o comunque in molto pochi. Ci è voluto il commovente Saving Mr. Banks (2014, di John Lee Hancock) per farci comprendere il senso della storia e di quella tata magica, interpretata nell'omonimo film Mary Poppins da Julie Andrews (Leone d'Oro alla carriera della 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia), comparsa dal cielo in via dei Ciliegi non per aiutare i due bambini come tutti credevamo, ma per l'appunto venuta in soccorso del loro padre". E quando finalmente Walt Disney (Tom Hanks) capisce il senso di quel manoscritto così amato dalle sue figlie e dai bambini di tutto il mondo, ecco l'acida Pamela Travers (Emma Thompson) abbassare gli scudi, concedendogli gli agognati diritti per la trasposizione cinematografica. "Tutti ameranno George Banks" le promette il geniaccio creativo.

Venezia, 19 marzo 2019. Per il secondo anno consecutivo posso anch'io festeggiare la "festa del papà". Tra un'oretta o poco più gli terrò la manina e lo accompagnerò al nido come faccio ogni mattina. Cammineremo insieme. L'uno accanto all'altro. Momenti meravigliosi ma non sarà sempre così. Arriverà il tempo delle difficoltà e incomprensioni. Sarà allora che capirò davvero se sia degno di vivere questa festa (e questa fiaba), e sarà mio dovere e privilegio stargli MaryPoppinsianamente vicino per insegnargli a fronteggiare le tante avversità della vita, anche a costo di parare i colpi in silenzio senza comunque farsi abbattere. Non era questo d'altronde che accadeva all'appena licenziato Mr. Banks, rialzandosi dalla tristezza e tornando dalla sua famiglia per fare un aquilone tutti insieme?

In quel solitario cammino nell'oscurità di George Banks, sconsolato ma pieno dell'amore dei/per i suoi figli, c'è tutto il senso della vera paternità. Il comprendere di avere sbagliato senza scaricare le proprie colpe su nessuno. L'amare ancor di più i propri figli. L'affrontare la vita e nel momento peggiore, rispondere con un sorriso, o magari una parola perfetta per ogni occasione suggeritale proprio da quella stravagante Mary Poppins. George Banks è senza lavoro e non ha idea di come andrà avanti la sua vita, ma oramai non ha più importanza. Ha una moglie meravigliosa e due splendidi figli, solo questo conta. Lui sta tornando a casa per stare con loro. Vivere insieme a loro. Guardare e affrontare il mondo, sinceramente e amorevolmente insieme a loro.

Mary Poppins - Mr Banks si avvia triste verso la banca per essere licenziato

Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) preoccupato ha appena ricevuta la telefonata dalla banca
Mary Poppins - Jane (Karen Dotrice) e Michael Banks (Matthew Garber)
Mary Poppins - il viso pacioccone-preoccupato di George Banks (David Tomlinson
ary Poppins - Jane (Karen Dotrice) e Michael Banks (Matthew Garber)
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) si avvia da solo
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) lentamente viene inghiottito dalla nebbia di Londra
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) attraversa solitario il parco
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) sempre più lontano dal calore della sua casa
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) prosegue mesto il suo cammino
Mary Poppins - la cupola della Cattedrale di San Paul emerge nella nebbia notturna di Londra
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) si ferma a riflettere
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) guarda dove'era seduta la vecchina dei piccioni
Mary Poppins - Scende la tristezza sul volto di George Banks (David Tomlinson
Mary Poppins - George Banks (David Tomlinson) sta per entrare in banca

mercoledì 13 marzo 2019

Serendipity, l'amore è il nostro destino

Serendipity - Sarah (Kate Beckinsale) e Jonathan (John Cusack) dolcemente vicini
In un'affollata New York City natalizia, l'amore imprevedibile e maledettamente romantico fa il suo trionfale e devastante ingresso. E' la magia di Serendipity (2001, di Peter Chelsom).

di Luca Ferrari

Un uomo e una donna vivono la loro vita, relativamente sereni e soddisfatti. Lei è psicologa e sentimentalmente impegnata. Lui lavora nella televisione ed è in procinto di sposarsi. Jonathan e Sarah non si conoscono e nemmeno avrebbero intenzione di farlo. Il destino però è sempre dietro l'angolo. Sarah e Jonathan s'incontrano senza volerlo. Qualcosa si accende. Qualcosa li avvicina, allontanandoli subito dopo. Passano gli anni ma di quel romantico incontro vi sono ancora soffici fiocchi ad alimentare il sogno di un sentimento perfetto. Adesso tocca a loro decidere. Adesso tocca a loro capire se credere davvero in quella serendipità. Serendipity - Quando l'amore è magia (2001, di Peter Chelsom).

Jonathan Trager (John Cusack) è un documentarista. A ridosso del 25 dicembre, nell'affollatissimo Bloomingdale's nella Grande Mela, sta per comperare un paio di eleganti guanti per la fidanzata Halley (Bridget Moynahan). Peccato che sul medesimo capo ci abbia appena messo le mani, e nel medesimo istante, anche una donna: Sarah Thomas (Kate Beckinsale), impegnata col musicista Lars (John Corbett). Tra i due sconosciuti è subito colpo di fulmine. Due chiacchiere, una pattinata sul ghiaccio a Central Park ed ecco scattare la magia di un (im)possibile amore, sussurrato e illuminato dal chiarore degli astri. Che fare a questo punto? Seguire l'ispirazione di questo incontro casuale (serendipità) o salutarsi e dirsi addio per sempre?

Più perplessa lei di lui, si decide in modo consensuale per uno scambio di numeri di telefono ma nel momento cruciale qualcosa va storto e per Sarah è un chiaro segno-avviso del destino. Un richiamo alle rispettive relazioni. La dimostrazione che c'è qualcosa di sbagliato. Un suggerimento deciso sul fatto che sia meglio volgere lo sguardo altrove. La donna allora gli offre un'ultima possibilità. Ognuno scriverà il proprio numero da qualche parte, lui su di una banconota e lei dentro le pagine del libro L'amore ai tempi del colera. Se lo ritroveranno, allora il loro amore potrà provare a sbocciare. Manco a dirlo i due si perdono di vista eppure qualcosa è rimasto di quel momento. Molto, molto di più.

Passano gli anni. Arrivati entrambi a ridosso delle rispettive nozze, prima di votarsi al proprio compagno/a, senza saperlo decidono entrambi di provare a ritrovarsi accompagnati in questa "mission impossible in the name of love" dai rispettivi compari. Per Jonathan, l'amico e collega giornalista dei necrologi per il New York Times, Dean (Jeremy Piven - in un ruolo analogo al fianco di Nicolas Cage nell'altrettanto romantico-natalizio The Family Man). Per Sarah invece, Eve (Molly Shannon). Ha inizio una corso contro il tempo che li porterà (anche) a dover interpretare frammentarie informazioni fornite per lo più da stravaganti personaggi, su tutti il petulante e inflessibile commesso (Eugene Levy) di Bloomingdale's.

La resa è sempre dietro all'angolo ma nessuno dei due protagonisti sembra crederci fino in fondo. Quell'incontro è stato davvero speciale e quello stesso beffardo destino che li ha allontanati, forse adesso è pronto per riavvicinare questi due cuori follemente romantici. Ma cosa succederebbe se una volta deciso, uno dei due scoprisse che tutto quel penare è stato solo fatica sprecata? Abbandono e qualche lacrima. Nulla però che una soffice nevicata non possa cancellare, magari facendo sbocciare quell'amore così voluto. L'amore ha i suoi rischi. Il grande amore di una vita impone sacrifici. E forse adesso è arrivato il momento di Sarah e Jonathan.

Da sempre uno dei mie cult natalizi per eccellenza, Serendipity - Quando l'amore è magia (2001, di Peter Chelsom) è un film confezionato ad arte per chi non ha paura di soffrire le peggiori pene d'amore. Faccia da schiaffi, spavaldo e oltre modo romantico, il Jonathan Trager di John Cusak (Con Air, I perfetti innamorati, Cell) è un vero poeta metropolitano dei sentimenti, di ben altro spessore rispetto ai fallaci miti moderni sedotti e slavati da carnali sfumature di qualsivoglia colorazione. Il dubbio lo attanaglia. Le responsabilità della vita reale lo chiamano ma lui crede davvero in quell'incontro. Si getta nel dubbio. Non ha difese contro il gelo della solitudine e del rischio. Si gioca tutto per amore e questa è la sua nobile scelta.

Dolce e ancor più romantica, con un'irrefrenabile fede nel destino, la Sarah di Kate Beckinsale (Pearl Harbor, The Aviator, Underworld) è un invito all'amore più dolce. Vorrebbe lasciarsi andare e non è mai del tutto convinta. Complice anche un fidanzato non così ideale per lei, prende i dadi e gioca la sua partita impossibile. Corre sue giù per NY arrivando vicino alla meta. In un mondo sempre più ammalato di anoressia sentimentale, Sarah espone il proprio cuore alla fragilità delle proprie lacrime incurabili. Se dovesse sbagliare, sarebbe difficile rialzarsi ma non ha importanza. Lei è lì, e se quella volta fu davvero serendipità, adesso è il momento di scoprirlo in modo definitivo. 

Non sono molti i film romantici del terzo millennio capaci di emozionare. Insieme agli ancor più natalizi Love Actually - L'amore davvero (2003, di Richard Curtis) con cast stellare all British e The Holiday - L'amore non va in vacanza (2006, di Nancy Meyers), trova legittimo posto anche Serendipity - Quando l'amore è magia. Innamorati perfetti i due protagonisti capaci di trasmettere quella giusta dose di poetica e coraggiosa malinconia. Un film questo, capace di far riscoprire cosa significhi vagare da soli affidando le proprie "cupidesche" sofferenze a un cielo stellato in attesa del doveroso happy end. Serendipity - Quando l'amore è magia (2001, di Peter Chelsom) è un film per sognatori veri. Quelli decisi e pronti a tutto pur di trasformare il loro più incredibile sogno d'amore nella realtà di tutti i giorni.

Il trailer di Serendipity - Quando l'amore è magia

Serendipity - l'incontro di Sarah (Kate Beckinsale) e Jonathan (John Cusack)
Serendipity - Jonathan (John Cusack) e Sarah (Kate Beckinsale) a Central Park
Serendipity - Sarah (Kate Beckinsale) e Jonathan (John Cusack
Serendipity - la banconota da 5 dollari col numero di telefono di Jonathan
Serendipity - l'edizione del volume "L'amore ai tempi del colera" con il numero di Sarah
Serendipity - i fidanzati Halley (Bridget Moynahan) e Jonathan (John Cusack)...
Serendipity - i fidanzati Lars (John Corbett) e Sarah (Kate Beckinsale)
Serendipity - i compari Jonathan (John Cusack) e Dean (Jeremy Piven)
Serendipity - le amiche Eve (Molly Shannon) e Sarah (Kate Beckinsale)
Serendipity - uno sconsolato Jonathan (John Cusack) sulla pista da pattinaggio
Serendipity - Sarah (Kate Beckinsale) e Jonathan (John Cusack) si sono ritrovati!

mercoledì 6 marzo 2019

Elizabethtown, l'amore è un viaggio

Elizabethtown - il romantico abbraccio tra Claire (Kirsten Dunst) e Drew (Orlando Bloom)
Romantica poesia moderna dove il viaggio è il lasciapassare per sentimenti sopiti e la giusta dose di lacrime. Elizabethtown (2005, di Cameron Crowe), un cammino alla scoperta di sé.

di Luca Ferrari

Un giovane votato al lavoro si ritrova d'improvviso senza più nulla, e per di più con un padre scomparso all'improvviso che non vedeva (e non ci parlava= da anni. Inizia così un viaggio verso la famiglia di origine nel tradizionalista stato del Kentucky, dovendo tenere alto l'onore dei suoi cari, da sempre vissuti nella più progressista costa occidentale. Nel suo percorso di avvicinamento, una persona venuta dal nulla lo metterà sulla retta via tra fiumi di parole, romantiche telefonate e un insperato viaggio solitario dentro di sé su quattro ruote che lo potrebbe condurre a cambiare vita. Preparate i fazzoletti, oggi si parte per Elizabethtown (2005, di Cameron Crowe).

Drew Baylor (Orlando Bloom) è un rampante design di calzature sportive. La sua ultima creazione, che avrebbe dovuto rivoluzionare il mercato, si è rivelata un fallimento colossale portando l'azienda, guidata dal potente Phil DeVoss (Alec Baldwin) che tanto aveva investito su di lui, a tagliare su tutto il possibile a cominciare proprio dal suo stipendio. Tornato a casa senza neanche più la fidanzata Ellen (Jessica Biel), il futuro di Drew appare alquanto compromesso e proprio quando pare disposto ad alzare definitiva bandiera bianca, ecco arrivare una telefonata che gli annuncia la morte di suo padre.

Dall'Oregon dunque, depresso e abbattuto, Drew si mette in viaggio per il Kentucky. Ed è lì, nella tratta aerea che fa la conoscenza di Claire Colbun (Kirsten Dunst), hostess logorroica che lo investe di parole poiché unico passeggero. Una ragazza dallo charme innegabile che gli spiega con tanto di piantina disegnata a mano come raggiungere Elizabethtown, la città nativa del padre Mitch, e dove ad attenderlo c'è tutta la famiglia di lui a cominciare dal cugino Jessie (Paul Schneider), lo zio Dale (Loudon Wainwright III) e l'ambiguo amico di famiglia, Bill Banyon (Bruce McGill).

Come se Drew non avesse già abbastanza preoccupazioni e pensieri, c'è in atto uno scontro tra i progressisti dell'Ovest che intendono cremare il defunto, e i conservatori del Sud che ovviamente ne pretendono la sepoltura. Tra un atterraggio e un volo intanto, Drew viene sempre più coccolato dalla nuova amica Claire, con cui continua a sentirsi fino a un intenso e romantico secondo incontro all'alba. Hollie Baylor (Susan Sarandon) intanto, la vedova, è arrivata insieme alla figlia Heather (Judy Greer) sorella di Drew, sfidando tutto e tutti. Decisa a dare l'ultimo saluto all'amato marito e seppellendo per sempre l'ascia di guerra con i parenti acquisiti.

Anche per Drew arriva il momento dei saluti, adesso però deve riprendere a fare i conti con se stesso e i propri demoni. L'impresa è ardua e le miglia sono tante fa fare prima di arrivare a casa. Adesso però non è più solo o quanto meno, lo dovrà decidere o meglio comprendere. Nella sua testa ricordi e rimpianti sfidano un futuro che ha bisogno di aria fresca e persone nuove per sopravvivere. Nel cuore di Drew si fanno largo quei sentimenti che aveva sempre tenuto alla larga ma adesso, con qualcuno di autentica che gli sussurra da lontano, neanche la più impervie delle risalite controcorrenti potrebbero fermarlo.

Dietro la macchina da presa di Elizabethtown (2005) c’è la sensibilità artistica e la passione musicale del regista Cameron Crowe (Singles - L'amore è un gioco, Jerry Maguire, La mia vita è uno zoo). Nelle parole della saggia hostess Claire, registrate per un ancora troppo sconsolato Drew, c'è un messaggio universale per iniziare a svegliarsi dal torpore, credere in se stessi e prendere il largo verso la propria felicità. E come avrebbe detto anche il menestrello Bob Dylan, La tristezza è più facile perché è una resa. Io dico, trova il tempo di ballare da solo... con una mano che si agita nell'aria! 

Vidi Elizabethtown per puro caso. Una mia amica mi telefonò dalla Mostra del Cinema dicendomi di avere un biglietto per questo film. Non ero ancora il cinefilo che sono ormai da un pezzo, e di questo film sapevo qualcosa più per il regista che per altro. Mi recai incuriosito e del tutto ignaro che quel biglietto fosse per la Sala Grande del Festival veneziano. Traduzione, mi sarei accomodato poco distante da Susan Sarandon, Orlando Bloom e Kirsten Dunst. Il film mi conquistò all'istante. Infatuazione totale. Uscii già fremendo all'idea di comperare il DVD e la colonna sonora, semplicemente grandiosa.

La musica già, cosa aspettarsi d'altronde da un ex-giornalista di Rolling Stone, che seguì l'evoluzione del sound di Seattle e che nel ventennale della rock band Pearl Jam, girò un ottimo documentario? La musica è sempre stata una parte fondamentale della cinematografia di Cameron Crowe. Il diario di Claire per Drew è qualcosa dal sapore antico. Una di quelle creazioni che fino agli anno Novanta avevamo ancora voglia di fare, per poi farci assorbire dalla facilità e istantaneità di internet e gli smartphone. Foto. Frasi. Colori. Citazioni. Incontri. Il regista Premio Oscar per la Miglior sceneggiatura di Almost Famous (2001) fa risuonare la poesia dell'anima più vera.

Se Orlando Bloom (Il signore degli Anelli, Troy, Le crociate - Kingdom of Heaven) è ingenuo e naif, Kirsten Dunst (Wimbledon, Marie AntonietteL'inganno) è semplicemente travolgente. Dolce. Romantica. Decisa. Il suo gesto di mimare una macchina fotografica che fa click è cult del cuore. Il suo autorichiamarsi - Ti prego Claire, non te ne andare - dopo la prima notte d'amore con Drew/Orlando che nel frattempo ronfa beato, è romance dai toni più ilari. Non è una svampita però, e capisce subito il motivo del viaggio del ragazzo. Lo lascia solo quando è il momento di guardarsi dentro, lei lo aspetterà se vorrà venire. Sarà così? Il suo basco rosso nella folla è un cuore palpitante, aperto e sincero.

Standing ovation per Susan Sarandon (Thelma & Louise, Shall We Dance?, Romance & Cigarette). Il suo monologo in terra "straniera" davanti a una rigida platea è tanto commovente quanto da risate incontrollate. Il suo conforto arrivato da "batacchio-Bob" è un toccasana in un'atmosfera di composto dolore. Danza da sola il tip tap, dedicando quei passi al marito defunto. Li guarda in faccia tutti, quella famiglia che l'accusò di averglielo strappato senza considerare che quell'uomo avesse fatto una scelta d'amore. L'amore di Hollie per l'appunto, e oggi è qui, a ricordarlo a tutti loro. Volendo essergli vicina per tramandare la memoria imperitura di un uomo che hanno amato.

In viaggio con l'amore fino a raggiungere Elizabethtown (2005, di Cameron Crowe). Elizabethtown è il viaggio che tutti dovremmo fare almeno una volta nella nostra vita.

Elizabethtown (2005, di Cameron Crowe)

Elizabethtown - la vedova Hollie (Susan Sarandon) tra i figli Heather (Judy Greer) e Drew (Orlando Bloom)
Elizabethtown - la simpatica hostess Claire Colburn (Kirsten Dunst)