Cell - Alice (Isabelle Fuhrman) e Clay (John Cusack) si aggirano per le strade |
Due ragazzi vicini digitano sul proprio telefono cellulare senza spiccicare una parola. L’ennesima famiglia in pizzeria ha sbattuto un grande smartphone davanti alla loro bambina così che rimanga tranquilla lasciando loro in pace. Un “altro futuro premio Nobel” spende tutto il proprio tempo di viaggio giocando con qualche futile applicazione. Il vicino osserva con attenzione le vite altrui. L’orrore del quotidiano possiede ancora margini di peggioramento? Si, decisamente. Basato sull’omonimo romanzo di Stephen King, Cell (2016, di Todd Williams).
Clay Riddell (John Cusack) è un disegnatore di fumetti. Dopo un difficile anno lontano dalla famiglia, adesso vorrebbe tornare a casa, esausto ma felice per aver finalmente venduto il proprio lavoro. È all’aeroporto di Boston come tante volte ha fatto nella sua vita. Lui e migliaia di altre persone. Moltissimi, come sempre, sono al telefono. Parlano. Giocano. Chattano. Qualcosa però d’improvviso si verifica. Prima le convulsioni, poi una feroce aggressività cannibale.
Clay ha da poco messo giù la cornetta ed evita per caso il contagio. Non senza difficoltà, fugge via angosciato, riuscendo a trovare un rifugio temporaneo dentro un vagone della metropolitana insieme ad altre persone ancora "normali", tra cui il macchinista Tom McCourt (Samuel L. Jackson). I protagonisti ci mettono poco a capire che non trattasi di chissà quale sofisticato attacco terroristico ma è qualcosa ancor più atroce: chiunque fosse al telefono, è stato colpito da un segnale che ne ha mutato del tutto la volontà, trasformandolo in un automa assetato di sangue. Clay ora vuole una sola cosa, ritrovare moglie e figlio prima che sia troppo tardi.
“Lui toglierà loro la libertà, e loro l’ameranno per questo” sentenziava serafico-preoccupato il senatore Gracco (Derek Jacobi). Sono passati più di 16 anni da Il gladiatore (di Ridley Scott) e di libertà ce n’è sempre meno, travestita magnificamente da intrattenimento alla portata di ciascuno. Il dittatore del terzo millennio però, non è uno e unico. Non ha volto. Sono molti. Invisibili e non hanno le sembianze di truci carcerieri ma di simpatici mattacchioni.
L’era del mobile è in piena evoluzione. L’era del mobile scandisce il tempo. Il mondo si sveglia e la prima azione da compiere è quella di accendere il telefono in attesa di scoprire subito se qualcuno ci ha scritto o magari ci ha dato qualche “mi piace” sull’ennesimo commento o post che sia. I neo-genitori così come i nonni più digitali regalano entusiasti al web e ai tanti pedofili in agguato le foto dei loro figli/ nipotini.
Parafrasando il già citato Scott (rif. Robin Hood), "L’era del mobile fagocita e fagocita ancora finché tutti gli esseri dotati di pensiero non diventeranno automi". Ogni giorno aumentano le connessioni nel mondo. Ogni giorno le persone spendono sempre più tempo sui social network il cui supporto mobile ha ormai distanziato il normale computer da tavolo. Ormai in quel mondo senza guerrela gran parte della popolazione non sa più vivere senza il proprio telefono portatile.
Distribuito da Notorious Pictures, Cell (di Todd Williams) è sbarcato sul grande schermo in un’estate alquanto povera di film originali, riscuotendo però poco successo e venendo per di più criticato a discapito di pacchianate come Tarzan dove Christoph Waltz fa "addirittura" la parte del cattivo, l’ennesimo Star Trek, e il recordman di non-apprezzamenti (dislike) su Youtbe, Ghostbusters di Paul Feig.
Il rischio non ha mai fermato l’essere umano, neanche di fronte all'evidenza. Sono anni ormai che si parla della presunta pericolosità dei telefoni cellulari, eppure il popolo continua a tenerselo ben stretto alla testa e organi genitali vari, senza prendere alcuna precauzione al riguardo. Se ben ricordate c’è voluto parecchio tempo prima che venisse sancito il danno causato dalle sigarette, e la reazione qual è stata? Lucrarci sopra in modo ufficiale con ipocrite immagini di morte.
A dispetto di un finale forse un po’ troppo semplicistico, la coppia dei protagonisti di Cell funziona bene. Non sono degli eroi esagerati in stile La guerra dei mondi. Un po’ per tenacia, un po’ per fortuna sono ancora vivi. A loro si unirà anche la vicina di casa di Clay, Alice (Isabelle Fuhrman), scossa non poco per aver visto la propria madre uccisa. Cell lascia un’eredità (scomoda) dentro ciascuno di noi. La svendita umana è in pieno svolgimento ma in pochi sembrano davvero intenzionati a tenersi in disparte. Quanti di noi saranno davvero disposti a fuggire dalla massa e cercare il proprio cammino?
Inquietante il segnale che via via passa dal mero telefono all’uomo-donna facendoli diventare loro stessi esportatori di questo insolito virus. Il virus della violenza e del sangue, quello stesso imbracciato dalle masse incapaci di comprendere chi li stia utilizzando per il proprio bieco interesse. Masse pilotate con un suono, un clic, una parola. Il mondo non è mai davvero cambiato nel suo marciume, è solo l’apparenza a essere mutata.
Ma è davvero così fantascientifico il film Cell? La società impone regole. Una struttura che la distanza abbatte. Se nel quotidiano solo chi esercita il potere si lava la bocca col sangue di chi non può reagire, da un telefono è possibile azzannare chiunque, il più delle volte, perché non si condivide il medesimo pensiero.
Stephen King è uno scrittore horror che non ha certo bisogno di presentazioni ma nulla è più spaventoso di una realtà che giorno dopo giorno sta sempre più togliendo spazio alle relazioni umane, alimentando il mito della visibilità e condivisione (che poi tale non è, ndr), relegando come appestati chi crede ancora nella privacy. Cell, una visione estremizzata di qualcosa che si sta verificando anche in questo momento a fianco di ciascuno di voi.
Guarda l'angosciante trailer di Cell
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Cell (2016, di Todd Williams) |
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