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martedì 31 dicembre 2013

2013, un anno al Cinema

Un anno al cinema
Il viaggio cinematografico 2013 si conclude oggi. Inizio e fine nel nome “hobbitiano” di Peter Jackson. Lì nel mezzo, una miriade di mondi raccontati.

Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – web writer

Un’altra annata vissuta dentro e fuori il grande schermo si sta per concludere. Cominciai il 1 gennaio 2013 nell’ormai ex-cinema Execlsior di Mestre (Ve) insieme a Lo Hobbit – un viaggio inaspettato, ho porseguiito tra recensioni e il consueto reportage alla Mostra del Cinema di Venezia per concluderlo sempre nella cittadina dell’entroterra veneziana nel nuovissimo IMG Candiani ancora con il regista neozelandese.

Vi lascio con dieci dei miei più significativi articoli di questa stagione:

25.01.13 - Pearl Jam Twenty: We're All Still Alive
01.02.13 - Lincoln, uguaglianza o niente
08.02.13 - Valjean o Javert? Gli occhi dolci di Cosette 
07.05.13 - Supereroi a New York, Stan Lee?!?
21.06.13 - Rock of Ages, rock ‘n’ roll forever
09.10.13 - Marvel, il giorno di Loki 
05.11.13 - WikiLeaks, i segreti sono online
21.11.13 - Il profumo del cuore selvatico
23.11.13 - Il mio amico Zoran
03.12.13 - Forrest Pif, La mafia uccide solo d'estate

Arrivederci al 2014 con la prima recensione del nuovo anni sul film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug. Comincia un nuovo viaggio cinematografico...

Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2012, di Peter Jackson)

giovedì 26 dicembre 2013

La magia del Polar Express

...in carrozza del Polar Express (2004, di Robert Zemeckis)
"Una cosa sui treni: non importa dove si va. L'importante è decidere di prenderli" il Controllore (Tom Hanks) a bordo del Polar Express (2004, di Robert Zemeckis).

di Luca Ferrari

È una cosa magica, che fine ha fatto? 

sono il campanello che squilla
sulla bicicletta abbandonata
… crederci è quasi impossibile,
ma devi unire tutti i puntini… il mio primo segreto
fu aperto senza che nessuno
si prodigasse di ridarmi il tempo
che era scaduto… non serve conoscere tutte le risposte
se non sei pronta ad accettarne l’anarchia;
… in tanti hanno portato via
i giocattoli da ogni casa
e li hanno sostituiti
con camere oscure di carbone
lasciandoci solo il tempo
di dire che sta accadendo così in fretta

… può esistere un’unità di misura per le meraviglie
o per le lusinghe d’inverno?

… vedo così tante tazze vuote
che solo il più improbabile dei viaggi al Polo Nord
saprebbe spingermi a salire sul tetto di un treno
per aspettare che un angelo si avvicini
e mi offra una cioccolata calda

                                                  (Frenetica Storia Infinita, 2004 - La Versiliana Editrice)

Polar Express (2004, di Robert Zemeckis)

martedì 24 dicembre 2013

Le masturbazioni di Don "porno" Jon

Don Jon - Jon Martello Jr. (Joseph Gordon-Levitt) davanti a video porno
Alla sua prima incursione alla regia, Joseph Gordon-Levitt dirige l'originale commedia Don Jon con se stesso protagonista, Scarlett Johansson e Julianne Moore.

di Luca Ferrari

Porno. Masturbazione. Pompini. Siamo onesti, non sono termini che si sentono con molta frequenza nel cinema commerciale. Il giovane Joseph Gordon-Levitt alla sua prima prova in cabina di regia, racconta del barista Jon. Una vita scolpita rigorosamente tra palestra, serate, famiglia, chiesa e video porno. Don Jon (2013).

Jon Martello Jr. (Gordon-Levitt) conduce la sua vita indipendente tra amici, serate e valori. Tutto fila liscio finché nel proprio “radar di abbordaggio” irrompono le curve seducenti di Barbara Sugarman (Scarlett Johansson). “Una da 10 e lode” sentenzia l’esperto, ribattezzato dai fidi amici Don Jon proprio per le sua abilità col gentil sesso nel concludere alla svelta la serata sotto le coperte, e poi dirsi addio con la stessa facilità.

Jon però è insoddisfatto. Il sesso non lo appaga mai abbastanza. Vorrebbe di più e non lo ottiene mai dalle sue partner. Da anni ormai non c’è giorno che non si conceda visite accurate a siti porno per avere  quelle sensazioni fisiche “suggerite” da prestazioni che, seppur in un video, gli regalano di più del sesso con una donna. Ogni domenica si confessa in chiesa, specificando numero di masturbazioni e rapporti al di fuori del matrimonio. Ottenuta la penitenza, ripete in palestra i vari "Padre Nostro", "Ave Maria" e si può ricominciare.

Che il problema sia che le sue relazioni siano solo passeggere? Il dilemma dura poco. Jon riesce a mettersi con Barbara ma dopo un iniziale periodo di “astinenza”, non riesce proprio a smettere con i suoi adorati porno. E anche quando la sempre più invasiva e prepotente fidanzata (ricca e viziata) lo obbliga a fare un corso per aspirare a qualcosa di più nel mondo del lavoro, tra una lezione e un’altra di un indefinito corso, si rilassa guardando porno dal proprio smartphone.

Barbara in apparenza è un’ottima persona. Dolce e Sexy. Vuole una relazione seria. Adora i film romantici. Ci tiene a conoscere amici e famiglia di Jon. Il castello di perfezione però s’infrange fin dalla prima scoperta di Jon ai porno degeneranfo in rottura totale quando ne scopre la costante visione anche dopo un pezzo che stanno insieme. Ma siamo davvero sicuri che a mandare in bestia la dolce Barbara sia questo vizietto di Jon?

Per capirlo a dovere, il regista Joseph Gordon-Levitt fa entrare una terza persona. La più adulta, sola, triste e saggia Esther (Julianne Moore). Jon non è abituato a parlare con le donne. I primi contatti sono scontrosi, poi si apre e inizia a capirci qualcosa di più. Di sé soprattutto.

Nel lungo percorso di avvicinamento a Don Jon, Joseph Gordon-Levitt è stato “l’anziano” Tommy Solomon della sitcom Una famiglia del terzo tipo (1996-2001). Dopo l’originale performance in Hesher è stato qui (2010, di Spencer Susser) a fianco di Natalie Portman, ha fatto il suo debutto alla corte di Christopher Nolan calandosi in primis nei panni di Arthur, il socio di Leonardo DiCaprio nel mondo immaginifico di Inception.

Passano due anni e Joseph si trasferisce a Gotham City per indossare la divisa dell’onesto poliziotto Robin John Blake nell’ultimo capitolo della trilogia dell’uomo pipistrello, Il Cavalie Oscuro – il ritorno (The Dark Knight Rises). In prima linea per aiutare il commissario Gordon (Gary Oldman) e Batman (Christian Bale) contro la follia distruttiva di Bane (Tom Hardy) e Miranda Tate/Talia al Ghul (Marion Cotillard).

Altre tre pellicole prima del suo debutto da regista: Senza freni (2012, di David Koepp), Looper (2012, di Rian Johnson) e Lincoln (2012, di Steven Spielberg), dove interpreta Robert Todd, il figlio maggiore del Presidente, quest’ultimo incarnato Daniel Day-Lewis, premio Oscar per la suddetta interpretazione.

In un panorama sempre più in mano a grandi produzioni, con la Marvel Comics a scandire i tempi senza alcuna sorpresa, film animati sempre più esagerati, commedie romantiche senza alcun mordente, Don Jon (2013, distribuito dalla Good Film) si guadagna un posto speciale nella poco affollata sezione dell’Originalità.

Il trailer di Don Jon

Il quiz sul sito italiano del film Don Jon
Don Jon - Barbara (Scarlett Johansson) e Jon (Joseph Gordon-Levitt) guardano un film romantico
Don Jon - Eshter (Julianne Moore) e Jon (Joseph Gordon-Levitt) parlano
Don Jon (2013, di Joseph Gordon-Levitt)

mercoledì 18 dicembre 2013

Dietro i candelabri di Liberace e Soderbergh

Dietro i candelabri - Liberace (Michael Douglas)
Nell’ultimo film (pare) diretto da Steven Soderbergh, Dietro i candelabri (21013), un fantastico Michael Douglas intepreta lo smagliante pianista Liberace.

di Luca Ferrari

Esagerato, sgargiante e talentuoso. Tra gli anni Cinquanta ai favolosi Settanta, prima di Rolling Stones, Led Zeppelin e Jimi Hendrix, sui palchi americani imperversava l’eccentrico pianista Liberace. Una storia incredibilmente mai portata sul grande schermo considerato il personaggio e le possibilità sceniche. Inspiegabilmente si fa per dire. Liberace aveva un “difetto” per una certa morale ancora dominante: era gay.

Il 5 dicembre 2013 è uscito Dietro i candelabri (2013 - Behind the Candelabra) di Steven Soderbergh (Erin Brockovich, Ocean’s Eleven, Contagion), distribuito in Italia dalla 01 Distribution, con protagonisti due sontuosi Michael Douglas e Matta Damon.

Se il regista stava cercando un progetto con cui chiudere la sua attività dietro la telecamera (dice), facendo volare il due volte premi Oscar Michael Douglas nei panni (e piume) dell’eccentrico pianista Liberace, di sicuro ha scelto bene. Ancor di più considerando l’altrettanto straordinaria prova messsa in campo da Matt Damon nelle vesti anch’esse sbrilluccicanti del suo compagno Scott.

Dietro i candelabri è un film autobiografico che ripercorre la vita del pianista di origini polacche Władziu Valentino Liberace a partire da un suo concerto a Las Vegas a cui assiste il suo amico Bob Black (Scott Bakula) in compagnia del giovane Scott (Damon). Tra quest’ultimo e la star c’è subito attrazione e molto presto diventeranno focosi innamorati. Ma in ogni storia che si rispetti, star incluse, dopo lo sbandamento iniziale il desiderio ha un calo fisiologico. A quel punto la relazione può progredire e ampliare lo spettro di emozioni oppure sciorinare via.

Soderbergh ci mostra un insaziabile Liberace talmente pieno di sé da obbligare Scott a sottoporsi a interventi di chirurgia plastica per assomigliarli, pensando poi di adottarlo e trasformare una relazione sessuale in un chissà quale indefinito rapporto padre-figlio.

Dalla quiete di campagna della sua famiglia adottiva, il giovane Thomas passa al lato oscuro dello show biz, sottoponendosi  alle cure del viscido dottor Jack Startz (un ambiguo Rob Lowe, bentornato sul grande schermo) che lo impasticca all’inverosimile per farlo dimagrire rendendolo così dipendente da droghe varie. Scott tenta una via di fuga ma ormai fa parte dell’ingranaggio Liberace e per uscirne ci vorranno le maniere forti.

Inutile aspettare televisione, computer o dvd. Dietro i candelabri (2013, di Steven Soderbergh) si merita il grande schermo. Un prodotto di alta qualità capace di creare spettacolo senza fumosi ed evanescenti effetti tridimensionali.

Parvenze di facciate a parte, Hollywood ha ben poco feeling con l’omosessualità. Pare esserne ancora intimorita. I casi degli attori Rock Hudson e Rupert Everett sono due dei più emblematici, e chissà quanti ancora non si dichiarano per paura di essere emarginati dalle sceneggiature. Non è un caso che lo stesso regista abbia dichiarato quanto sia stato difficile portare sul grande schermo la storia di Liberace, e soprattutto trovare una distribuzione.

 Il trailer di Dietro i candelabri (2013, di Steven Soderbergh)

Dietro i candelabri - Liberace (Michael Douglas) e Scott (Matt Damon)
(da sx) Bob Black (Scott Bakula), Dietro i candelabri (2013) e il Dr. Jack Startz (Rob Lowe)
Dietro i candelabri - Liberace (Michael Douglas)

lunedì 16 dicembre 2013

Benicio Del Thor, il collezionista

Thor: The Dark World - Taneleer, il Collezionista (Benicio Del Toro)
Da Alan Taylor a Guy Ritchie. Nel cameo del poco entusiasmante Thor: The Dark World (2013), Benicio Del Toro ci riporta a Snatch – Lo strappo (2000).

di Luca Ferrari

Cos’hanno in comune il trafficante di diamanti e scatenato giocatore d’azzardo Franky dettp "Quattro dita" e Taneleer detto “Il Collezionista”? In apparenza nulla. Nemmeno l’appartenenza allo stesso mondo. Il primo opera sul Pianeta Terra, il secondo nel Regno di Asgard. Ad accomunarli c’è il medesimo interprete cinematografiico, il portoricano Benicio Del Toro, premio Oscar come migliore attore non protagonista in Traffic (2000, di Steven Soderbergh).

Per chi non è scappato subito dopo la fine del deludente Thor: The Dark World (2013, di Alan Taylor), non avrà avuto difficoltà nel riconoscere sotto la cresta platinata di Taneleer il Collezionista, l’ex-Che Guevara, Benicio Del Toro. Non so però in quanti hanno abbiano avuto la mia stessa sensazione e ciòè quella di essersi ritrovati anche dinnanzi al malavitoso Franky "Quattro dita", sempre interpretato dal suddetto nel corale Snatch – Lo strappo (2000, di Guy Ritchie).

I doppiatori sono diversi. Francesco Pannofino per "Benicio Quattro Dita" e Massimo Lodolo per "Taneleer Del Toro". Sarà stata la viscida pacatezza nel modo di parlare del "Blly Idol di Asgard", ma per un attimo ho sentito abbandonata la dimensione intergalattica (...) e ho riassaporato con estremo piacere l’odore di bische e pallottole della vecchia Inghilterra. 

Snatch - Franky "Quattro Dita" (Benicio Del Toro)

venerdì 13 dicembre 2013

Golden Globe 2014, l’apparenza non inganna

Golden Globes
Alla 71° edizione dei Golden Globe l’attesissimo American Hustle di David O’ Russel domina con sette nomination ma c’è anche aria veneziana di Mostra del Cinema.

di Luca Ferrari

La stagione 2014 entra nel vivo. Mentre il pubblico si divide tra penosi polpettoni natalizi e il secondo capitolo della seconda trilogia Tolkeniana di Peter Jackson, sono state comunicate le nomination della 71° edizione dei premi cinematografici Golden Globe la cui cerimonia si terrà domenica 12 gennaio 2014 a Beverly Hills, California,

Film, film e ancora film. Sarà contenta la Mostra del Cinema di Venezia che vede due dei film presentati nella 70 ° edizione, Gravity e Philomena, protagonisti con più nomination tra attori, registi, film e sceneggiature.

Per il Miglior Film Drammatico si contenderanno il premio 12 Years a Slave (di Steve McQueen), Captain Phillips - Attacco in mare aperto (di Paul Greengrass), Gravity (di Alfonso Cuarón) e Philomena (di Stephen Frears), entrambi presentati in anteprima alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, quindi a chiudere il quintetto il molto applaudito Rush di Ron Howard.
    Sempre Miglior Film ma come Musical o Commedia ecco la prima delle sette nomination di American Hustle - L'apparenza inganna (di David O. Russell), Her (di Spike Jonze), Inside Llewyn Davis (di Joel ed Ethan Coen), Nebraska (di Alexander Payne) e The Wolf of Wall Street (di Martin Scorsese).

    Per la Miglior Attrice in un Film Drammatico, come paventato da Cineluk, c’è l’australiana Cate Blanchett per la grandiosa interpretazione in Blue Jasmine di Woody Allen. A contenderle l’ambito premio le colleghe Sandra Bullock (Gravity), Judi Dench (Philomena), Emma Thompson (Saving Mr. Banks) e Kate Winslet (Labor Day).

    Per il Miglior Attore in un Film Drammatico si sfideranno Chiwetel Ejiofor (12 Years a Slave), Idris Elba (Mandela: Long Walk To Freedom), Tom Hanks (Captain Phillips), il sempre pèiù lanciato Matthew McConaughey (Dallas Buyers Club) e Robert Redford (All Is Lost).

    Miglior Attore in un Film Musical o Commedia: Christian Bale (American Hustle), Bruce Dern (Nebraska), Leonardo DiCaprio (The Wolf of Wall Street), Oscar Isaac (Inside Llewyn Davis) e Joaquin Phoenix (Her).

    Per la Miglior Attrice in un Film Musical o Commedia, in prima fila c’è Amy Adams (American Hustle) subito seguita dall’immortale Meryl Streep (August: Osage County), Julie Delpy (Before Midnight), Julia Louis-Dreyfus (Enough Said) e Greta Gerwig (Frances Ha).
    le cinque nomination per la Miglior Attrice in un Film Musical o Commedia
    Nella categoria Miglior Attore Non Protagonista non poteva non esserci lui, “Niki Lauda Daniel Bruhl (Rush). Sarà uno scontro epocale contro il Michael Fassbender di 12 Years a Slave, il Bradley Cooper di American Hustle, Barkhad Abdi in Captain Phillips e infine Jared Leto da Dallas Buyers Club.

    Per la Miglior Attrice Non Protagonista ecco irrompere la sorella adottiva delal depressa Jasmine, ossia Sally Hawkins, che dovrà affrontare la sempre più lanciata e già Prermio Oscar & Globe Jennifer Lawrence (American Hustle), quindi Lupita Nyong’o (12 Years a Slave), June Squibb (Nebraska) e Julia Roberts (August: Osage County).

    Infine, dei premi più importanti, si contenderanno il Globo d’Oro per la Miglior Regia il regista Alfonso Cuaron (Gravity), Paul Greengrass (Captain Phillips), Steve McQueen (12 Years a Slave), Alexander Payne (Nebraska) e David O. Russell (American Hustle).

    Per la Miglior Sceneggiatura tocca a Spike Jonze (Her), Bob Nelson (Nebraska), Jeff Pope e Steve Coogan (Philomena), John Ridley (12 Years a Slave), quindi Eric Warren Singer e David O. Russell (American Hustle).

    Tre le nomination per il Miglior film d'animazione che vede protagonisti I Croods (di Kirk De Micco e Chris Sanders), il divertente Cattivissimo Me 2 (di Pierre Coffin e Chris Renaud e Frozen - Il regno di ghiaccio (regia di Chris Buck e Jennifer Lee).

    Infine il Miglior film straniero dove in modo del tutto immeritato si trova il ruffianesco La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Insieme a lui: La vita di Adele (di Abdellatif Kechiche), Il sospetto (di Thomas Vinterberg), Il passato (di Asghar Farhadi) e Kaze tachinu (di Hayao Miyazaki).

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    giovedì 12 dicembre 2013

    Woody Allen, ma quanto è depressa Jasmine

    Blue Jasmine - Jasmine (Cate Blanchett)
    Cate Blanchett nuova musa delle nevrosi di Woody Allen in versione Blue Jasmine (2013). Al suo fianco Sally Hawkins, Peter Sarsgaard e un poco valorizzato Alec Baldwin.

    di Luca Ferrari

    Addio alla scandente linea corale di To Rome with Love (2012). Addio agli spudorati spot di città europee (Londra, Barcellona, Roma, Parigi). Bentornate singole nevrosi. Blue Jasmine (2013), il nuovo film di Woody Allen vive e conquista nella bravura dei suoi interpreti/personaggi, alfieri di potere decadente e semplice trasandata quotidianità.

    Jasmine (Cate Blanchett) e Ginger (Sally Hawkins) sono sorelle. Entrambe figlie adottive. La prima è tutto apparenza e sempre alla ricerca di un marito benestante. Viveva in un attico della Grande Mela. Organizzava eventi mondani e sfoggiava gioielli. Era sposata con il facoltoso Harold Francis (Alec Baldwin), arrestato poi per truffa e suicidatosi in carcere.

    Oggi Jasmine è una donna sola, spiantata e depressa (blue in inglese). Si rifugia allora dalla sorella Ginger, un’anima umile e onesta. Questa lavora in un piccolo supermercato di San Francisco. Ha due figli. È divorziata. Insieme all’ex-marito Augie (Andrew Dice Clay) avevano vinto una forte somma di denaro alla lotteria, poi persa del tutto poiché affidata alle mani di Harold per re-investirla.

    La ruota della fortuna per la bionda Jasmine è ormai girata. Dall’alta nobiltà newyorkese a ospite nella modesta casetta della sorella. È al verde ma sempre snob. Viaggia comunque in prima classe con valigie firmate. Deve trovarsi un lavoro, studiare e sperare così di accalappiare un nuovo pezzo da novanta da portare all’altare.

    Spara giudizi e ha la puzza sotto il naso. Senza nemmeno conoscerlo, etichetta subito il nuovo uomo della sorella, Chili (Bobby Cannavale), come uno sfigato solo perché non si veste elegante e non è ricco. Punta ad allontanarla sostenendo che meriti di meglio.

    L’occasione di rilancio sociale per Jasmine si materializza quando viene invitata a un party bene da un’amica del corso di computer che sta frequentando. Si porta dietro anche Ginger, e per entrambe nascono nuovi amori e nuove speranze. Quest’ultima incontra Alan (Louis C.K.), tutto sesso e coccole passeggere, di cui presto scoprirà qualche "segretuccio".

    Non è da meno in quanto a scorrettezza Jasmine con il belloccio Dwight Westlake (Peter Sarsgaard), prossimo ambasciatore americano a Vienna e deciso a buttarsi in politica una volta rientrato negli Stati Uniti. Tra bugie e belle speranze la scaltra donna cambia “alcuni dettagli” del proprio passato e presente. Un castello che s’infrangerà in zona Cesarini con l’involontaria complicità di Augie.

    La carrellata di personaggi interpretati da Cate Blanchett è davvero notevole. Dalla (doppia) epopea della Regina Elizabeth alla mitologia Tolkeniana dove infonde diafana purezza all'elfa Galadriel. Tornando in ambientazioni d'oltremanica, è sempre lei a interpretare la coraggiosa giornalista Veronica Guerin (2003, di Joel Schumacher) e l'impavida Lady Marion del Robin Hood (2010) di Ridley Scott.

    In Blue Jasmine l'attrice australiana mette in campo un'ulteriore prova sopra le righe che potrebbe far pensare alla conquista di una seconda statuetta agli Academy dopo l’Oscar come miglior attrice non protagonista ottenuto nei panni di Katharine Hepburn in The Aviator (2004, di Martin Scorsese).

    La "sua" Jasmine parla da sola. Pensa solo a se stessa. Beve. Il senso di fastidio per gli amici popolani di Ginger le traspare in modo imbarazzante. Il suo benessere la fa voltare ogni qual volta ci sia aria di problemi. L’odore dei preparati sulla sua pelle hanno tutta la pesantezza di un'esistenza spalmata tra superficialità e finzione. Jasmine è la vera donna sbandata il cui unico scatto di onestà la segnerà per il proseguo della vita.

    In un mondo di costanti collassi finanziari, il maestro Woody Allen, pur senza rinunciare mai al proprio stile da psicofarmaci realistico-esistenziali, lascia emergere in Blue Jasmine una facile lezione di vita che è sempre bene tenere a mente. I soldi non fanno la felicità. Per quella bastano un compagno amorevole e una voglia (combattiva) di condividere felici la vita senza vendere la propria anima a temporanei vitelli d'oro.

    Guarda il trailer di Blue Jasmine (2013, di Woody Allen)

    Blue Jasmine - Ginger (Sally Hawkins) e Augie (Andrew Dice Clay)
    Blue Jasmine - Jasmine (Cate Blanchett), Chili (Bobby Cannavale) e Ginger (Sally Hawkins)
    Blue Jasmine - Dwight (Peter Sarsgaard) e Jasmine (Cate Blanchett)
    Blue Jasmine - Jasmine (Cate Blanchett) e Chili (Bobby Cannavale)

    sabato 7 dicembre 2013

    Thor, non so proprio se tornerò ad Asgard

    Thor: The Dark World - Loki (Tom Hiddleston) e Thor (Chris Hemsworth)
    Sceneggiatura fiacca. Inutile ed esoso 3D. Thor senza carisma. Loki poco valorizzato. Benvenuti nel mondo di Thor: The Dark World (2013).

    di Luca Ferrari

    No, non so proprio se avrò voglia di tornare nel Regno di Asgard. Dovrei incontrarmi in separata sede con Loki, auspicando di ricevere garanzie sulle proprie intenzioni degne di una vera storia. I saggi muscoli di Thor saranno anche nobili ma non dicono nulla che d’immacolato compimento non sia già passato sul grande schermo. No, non so proprio se tornerò ad Asgard.

    E il tanto atteso giorno di Thor: The Dark World (2013, di Alan Taylor) alla fine è arrivato. Nessuno dei presenti era lì per assistere a baci appassionati tra il dio del tuono (Chris Hemsworth) e la scienziata terrestre Jane (Natalie Portman). Gli occhi degli spettatori erano tutti concentrati su di lui, l’infido Loki (Tom Hiddleston).

    Già si sapeva che sarebbe uscito dalla prigione di Asgard per volontà stessa del fratellastro Thor, ma come si sarebbe comportato? Fin dal primo capitolo della saga (2011, di Kenneth Branagh) e ancor di più poi con The Avengers (2012, di Joss Whedon), era chiaro (…) che fosse il figlio adottivo di Odino il cavallo su cui puntare per il sequel delle vicende d’ispirazione norrena.

    Invece no. Alan Taylor ha sospinto Thor: The Dark World (2013) in tutt’altra direzione. Quella collaudata. Il film è stato pompato. Incensato nell’anticipazione dei vari Comics. Un’attesa eccessiva per poi constatare l’ennesimo prodotto confezionato senza qualità. Una scialba vicenda con il possente Thor a dieta stretta di carisma e il mezzo antagonista Loki a cercare di tappare le troppe carenze di script con ghigni, qualche divertente mutazione e battutine adolescenziali.

    In Thor The Dark World il reietto asgardiano gioca le sue carte. Nasconde i sentimenti e si dimostra spigoloso. In apparenza senza cuore, ma nei fatti distrutto per l’uccisione della donna che gli fecce da madre, la regina Frigga (Rene Russo).

    Ma il cuore dell’azione non è l’auspicato scontro tra i due fratelli bensì tra Thor e Odino (Anthony Hopkins). E come nel primo episodio, è in questo mobile solco umano che s’insinua Loki e i suoi piani. Con l’arrivo degli Elfi Oscuri, Thor è costretto a liberarlo. Una scelta questa per nulla gradita né condivisa dai fidi amici guerrieri.

    Ancora una volta Thor mette in discussione l’autorità del “primo cittadino” del regno di Asgard , arrivando perfino a macchiarsi di alto tradimento con la complicità del leale Heimdall (Idris Elba) pur di salvare l’amata Jane, qui in trasferta extraterrestre poiché malata a causa dell’Aether, penetratole dentro.

    Questi è un pericoloso materiale fluido capace di regalare a chiunque lo possegga un incredibile potere distruttivo. Malekith (Christopher Eccleston), un tempo sconfitto dal padre di Odino, lo sa bene ed è pronto per la sua vendetta e annessa invasione del regno di Asgard, colpendo al cuore gli odiati nemici. Sarà sufficiente il martello di Thor a respingere la letale minaccia?

    Il sempre più azzeccato trailer ci mostrava un Thor alle prese con chissà quale mondo oscuro in procinto di devastare l’universo. Potranno anche raccontarcela, ma se le navi del cattivone di turno avevano pericolose sembianze spielberghiane formato Guerra dei Mondi, il finale appare fin troppo prevedibile.

    Qualcuno poi mi dovrebbe spiegare perché gli spietati invasori, pur inseguendo minacciosi con fucili laser (o simili) in mano Darcy (Kat Dennings), il suo stagista non pagato Ian (Jonathan Howard) e il Dr. Erik Selvig (Stellan Skarsgård), non provino mai nemmeno a sparare. Conversione gandhiana causa fuso orario terrestre?

    Veniamo poi al 3D. Oltre a un prezzo a dir poco esoso, gli effetti tridimensionali di Thor The Dark World sono pochi, per niente particolari né spettacolari e togliendomi di tanto in tanto gli occhiali specifici, ho constatato che in molte scene si poteva farne a meno.

    Immancabile la presenza di Mr. Stan Lee che ormai tutti si aspettano, e che sarebbe bello variare. Magari celandolo sotto mentite spoglie così da lanciare una sorta di contest per riconoscerlo. La sua ennesima battutina da 2 secondi è come la tiepida sorpresa che sai trovare nell’uovo di cioccolato.

    Un consiglio per i Marvel Studios. Se il livello cinematografico è questo, suggerisco caldamente di sospendere la produzione supereroica o quanto meno affidarla a persone più competenti. Dopo i mezzi flop di Iron Man 3 e Thor: The Dark World, i prossimi Captain America: The Winter Soldier (2014) e Avengers: Age of Ultron (2015) avranno ancor più responsabilità. Auguri a registi e sceneggiatori.

     
    Il trailer di Thor: The Dark World

    Thor: The Dark World (2013, di Alan Taylor)
    Thor: The Dark World - il martello di Thor (Chris Hemsworth)
    Thor: The Dark World - Il regno di Asgard

    venerdì 6 dicembre 2013

    L’inglese non era un bastardo

    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer
    Nel cinema di Enzo Barboni gli eroi buoni e i cazzotti non mancavano mai. Finita l’era di Trinità, nel 1972 sbarcò il western E poi lo chiamarono il Magnifico.

    di Luca Ferrari

    Se il nome di Sergio Leone definisce l’epopea dello Spaghetti Western per eccellenza con la trilogia “dollaresca”, il collega Enzo Barboni lo è stato sua nella divertente chiave umoristica. Protagonisti di Lo chiamavano Trinità (1970) e …continuavano a chiamarlo Trinità (1971) erano infatti due fratelli pistoleri sempre pronti (o quasi) a difendere i più deboli: Bambino (Bud Spencer) e Trinità (Terence Hill).

    A dispetto del genere sempre più morente, Barboni aveva ancora voglia di giocare con pistole e cazzotti. Ecco dunque sbarcare sul grande schermo nel 1972 ...E poi lo chiamarono il Magnifico, senza Bud. Insieme a Terence Hill e l’inseparabile spalla Riccardo Pizzuti infatti, questa volta partecipò il corpulento “budspenceriano” Gregory Walcott. Tra i protagonisti principali inoltre altri tre volti noti della "mitologia di Trinità" a cominciare da Dominic Barto, l’indimenticabile bounty killer Mortimer nel primo Trinità, e qui nelle vesti del fuorilegge buono Monkey.

    Insieme a lui tornano anche Yanti Somer, la bella contadina di … continuavano a chiamarlo Trinità e ancora una volta oggetto delle attenzioni del bel Terence, qui come la figlia del ricco Frank Olsen. Sempre dal secondo episodio della saga c’è anche Harry Carey Jr., passato dalle vesti del padre alcolizzato dei due fratelli pistoleri al predicatore Holy Joe.

    La mancanza di Bud si fa sentire ma il risultato è comunque soddisfacente e l’utilizzo del medesimo doppiatore (Glauco Onorato) di Spencer contribuisce. Sebbene con un finale più malinconico deciso a segnare la fine di un’epoca, E poi lo chiamarono il Magnifico racconta un West a corto di cowboy e sempre più intrappolato nella morsa del progresso.

    Non tutti però sono amanti delle novità. Qualcuno crede ancora nelle zuffe da saloon per spaccare tutto e così aiutare un amico falegname in difficoltà. Qualcuno crede ancora che prendersi qualche pugno in faccia sia la strada migliore per imparare a rialzarsi e dare ai “cattivi” ciò che si meritano.

    Siamo appena agli inizi del film quando un gigante muto (Bull) viene seccamente rimproverato dal suo padrone all’arrivo dei due cacciatori di taglie (Salvatore Borgese e Tony Norton). Lui li guarda esterrefatto esprimendo un mezzo grugnito, così ecco arrivare il secco rimprovero: I cavalli, idiota!

    I due bounty iniziano a raccontare al locandiere le loro peripezie, parlando anche della banda dell’Inglese formata da questi, un predicatore pazzo (Holy Joe), un altro (Monkey) in carcere a Yuma e il quarto componente (Bull) di cui non si sa più nulla. Avrà seguito l’inglese l’inferno, sentenzia secco uno dei due uomini in nero.

    Viene così svelato l’arcano della fine del suddito di Sua Maestà. “Morto tra le braccia di una ragazza irlandese in un bordello e lasciato insepolto nella prateria per ringraziarla per ciò che gli aveva dato”. La storia da loro stessa raccontata non ne attenua il disprezzo, finendo con un’inequivocabile Stupido bastardo di un inglese.

    Come si può tacere dinnanzi a un simile insulto? Se potesse, anche chi non ha l'utilizzo della favella parlerebbe. E così è infatti. L’inglese non era un bastardo, si sente dal fondo della locanda non inquadrata. Sta zitto muto, replica subito l’oste rivolgendosi al suo aiutante con evidente successivo sbigottimento per l'assurdità della frase.

    Rivelatosi, Bull si avvicina ai due bounty killer che incuranti della sua presenza continuano a ingozzarsi informandosi solamente della taglia sulla sua testa, e se questa valga da vivo o morto. Ma l’amico ferito ha ben altro per la testa e pretende le loro scuse, specificando subito:

    - Dunque, l’Inglese era mio amico… e non era un bastardo.
    - Come vuoi, non era un inglese – replica uno dei cacciatori di taglie
    - Nooo, io ho detto che l’inglese non era un bastardo - ribatte subito Bull
    - L’inglese, non era un bastardo. Ti va bene adesso? – accondiscende l’altro
    - No, replica finale Bull, Devi dire: l’Inglese non era un bastardo, signore!

    Ed ecco cominciare le scazzottate di E poi lo chiamarono il Magnifico (1972, di Enzo Barboni).

    il viso sgomento dopo aver sentito parlare il "muto"

    ...E poi lo chiamarono il Magnifico (1972)
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico (1972)
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer
    ...E poi lo chiamarono il Magnifico - Bull (Gregory Walcott) e i due bounty killer

    giovedì 5 dicembre 2013

    Ciak, SOS Pianeta Terra

    Think Forward Film Festival 2013
    A Venezia sbarca il cinema “green” del Think Forward Film Festival (5-6 dicembre). Tutti uniti per raccontare (e salvare) il Pianeta Terra.

    di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
    giornalista/fotoreporter – web writer 

    Lo dicono gli studiosi. Lo dice il presente. Lo si evince dai sempre più palesi “cataclismi” che si abbattono in tutti i continenti. Può negarlo solamente chi vuole arricchirsi sulle spalle di quelle generazioni ancora verdi. Il Pianeta Terra è in pericolo. Urgono rimedi. I potenti latitano. Il cinema dice la sua.

    “Il cinema da sempre osserva il Mondo e prova a raccontarlo com’era, com’è e spesso anche come sarà” analizzano i direttori artistici del Think Forward Film Festival 2013, Alberto Crespi e Rocco Giurato, “In questo processo di osservazione e riflessione non poteva non occupare uno spazio sempre più importante il rapporto dell'uomo con l'ambiente che lo circonda”.

    Venerdì 6 e sabato 7 dicembre è di scena a Venezia la III edizione del Think Forward Film Festival, un evento organizzato dall’International Center for Climate Governance (ICCG), che si terrà come al solito presso la Fondazione Querini Stampalia (campo S. Maria Formosa), a pochi minuti a piedi dal ponte di Ri’ Alto.

    Revolution (di Rob Stewart)
    “Il Pianeta Terra sta sempre più subendo la presenza umana. Ecco perché abbiamo accolto con entusiasmo la sfida di dirigere un Festival cinematografico che parlasse di cambiamenti climatici, energie rinnovabili e di buone pratiche per un futuro sostenibile” sottolineano i direttori.

    L’edizione 2013 si svolge nello stesso anno in cui è stato pubblicato il Quinto rapporto sulle basi fisiche dei cambiamenti climatici, uno dei più importanti eventi nel dibattito internazionale sui cambiamenti climatici degli ultimi anni.

    Il rapporto IPCC, frutto di una vasta serie di osservazioni e modelli di nuova generazione mostra che con estrema probabilità (95 per cento), la causa dominante del riscaldamento osservato fin dalla metà del XX secolo è costituita da attività umane.

    Nessuno si vuole illudere che il cinema possa salvare il Pianeta Terra, ma è indubbio che possa diventare motore per le coscienze (soprattutto quelle più giovani e attente) e contribuire alla soluzione di problemi partendo dal basso, dal quotidiano, dal tetto di casa che produce energia, all'orto irrigato grazie alla grondaia intelligente e così via. 

    Per il secondo anno all’interno del Think Forward Festival, il TFFF ha lanciato un Concorso Internazionale Cortometraggi. Dei circa 50 pervenuti da diversi paesi (Uzbekistan, Macedonia, Giappone, Germania etc.) ne sono stati selezionati 17. La giuria che sceglierà il vincitore è composta da illustri studiosi e ricercatori in materie scientifiche, e da volti noti del cinema italiano.

    Alba Rohrwacher © Biennale foto Asac
    Nel dettaglio:
    • Luigi Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale di Legambiente
    • Michele Emmer, professore di matematica all’Università’ di Roma “La sapienza, nonché realizzatore di 18 film della serie “Arte e matematica”
    • Chiara Mio, professore ordinario presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia e Delegata del rettore alla sostenibilità ambientale e responsabilità sociale dell’ateneo
    •  Luigi Lo Cascio (La meglio gioventù, Romanzo di una strage): attore vincitore del David di Donatello 2001 come migliore attore protagonista per I cento passi
    • Alba Rohrwacher (Io sono l'amore, Bella addormentata) : attrice due volte vincitrice del David di Donatello come Miglior attrice protagonista (2009, Il papà di Giovanna) e Miglior attrice non protagonista (2008, Giorni e nuvole)
    Tra le tante proiezioni e i vari appuntamenti, nel corso delle due giorni cinematografica ci saranno:

    Quattro eventi speciali - lungometraggi:

    Revolution (di Rob Stewart, 85‘, documentario, Canada, 2013) – Venerdì 6 dicembre h. 20.30
    Echo Planet Kompim Kemgumnird (animazione, 81’, Thailandia, 2012) – Sabato 7 dicembre h. 14.30
    Peak – Un mondo al limite (Hannes Lang, 86’, documentario, Germania e Italia, 2013) – Sabato 7 dicembre h. 16.30
    La città ideale (Luigi Lo Cascio, 105’, drammatico, Italia, 2012) – Sabato 7 dicembre h. 20.30


    Echo Planet Kompim Kemgumnird
    Tre cortometraggi fuori concorso

    Dust to dust (Francesco Paolo Paladino, 26’18”, fantascienza, Italia) – Venerdì 6 dicembre h. 16.45
    Black Inside - Three Women's Voices (Rodney Rascona, 11’53”, documentario, USA, 2012 ) – Sabato 7 dicembre h. 18.15
    Super Zoo (classe 5^A della scuola primaria "Bernardo Canal" di Venezia, 4’28”, animazione, 2013
    Il Giardino Floreale (classe 5^B della scuola primaria "Bernardo Canal" di Venezia, 4’25”, animazione, 2013) – Sabato 7 dicembre h. 14.30

    I video sono stati realizzati durante il laboratorio di regia di animazione tenuto da Daniele Lunghini, nell'ambito della seconda edizione del Think Forward Film Festival.


    1 mediometraggio fuori concorso

    Con il fiato sospeso (Costanza Quatriglio, 35', drammatico, Italia, 2013) – Venerdì 6 dicembre h. 18.30


    “Dove non arriva il linguaggio accademico o la divulgazione, può arrivare un buon film. Sia esso di finzione o derivante dall'osservazione di un fenomeno reale (dai danni di un'alluvione alla desertificazione di un'area)” concludono Crespi e Giurato, “oppure può riuscirci un'animazione che preconizzi un futuro grigio (magari con uno spunto di speranza sempre a portata di mano), o ancora un lavoro di video-arte che indichi nuove vie concrete verso la sostenibilità”.

    Appuntamento al Think Forward Film Festival. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

    alt="il Pianeta Terra ha la febbre

    martedì 3 dicembre 2013

    Forrest Pif, La mafia uccide solo d'estate

    La mafia uccide solo d'estate - Arturo (Pif) corteggia Flora (Cristiana Capotondi)
    Un po’ Forrest Gump. Un po' Charlot. Così Naif. Pierfrancesco Diliberto "Pif" ci racconta la Palermo dove La mafia uccide solo d'estate (2013).

    di Luca Ferrari

    Arturo e i suoi primi trent’anni (circa) di vita siciliana. Un'esistenza scandita dalla ricerca d’amore per la compagna di classe Floriana e gli orrori dei clan malavitosi. L’ex-Iena Pif, all’anagrafe Pierfrancesco Diliberto, dirige e interpreta con originale sensibilità “Charlottiana” il film La mafia uccide solo d'estate (2013).

    Nelle più tragiche pagine del Dopoguerra Italiano, il capitolo degli omicidi eccellenti per mano della Mafia occupa un spazio abnorme. Troppo ampio. Fra di essi, il commissario Boris Giuliano. Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. I magistrati Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino caddero tutti. Tutti uccisi perché abbandonati. Mandati al macello perché integerrimi Uomini scomodi.

    Il barbaro omicidio di Borsellino fu la goccia che fece traboccare il vaso. Perfino L’Italia politica reagì (fu costretta). Ma se realtà quali Camorra e ‘Ndrangheta, oggi artefici di gesti meno eclatanti, sono vivi più che mai, ciò significa che qualcosa non è mai cambiato. Anche dopo l’era dei maxi-processi mafiosi, quel Sistema di sfruttamento, violenza, intimidazione e assassinio è perdurato.

    Quando sei grande, capirai. Quante volte ogni bambino se l’è sentito dire. A Palermo come in tutta la Sicilia, fino ai primi anni Novanta di mafia quasi non si parlava. Ai bambini veniva raccontato che nemmeno esisteva. E in caso di omicidi, i fatti venivano ridimensionati con frasi fatte e superficiali (vedi appunto il titolo del film). Se lo sente ripetere anche il giovane Arturo (Alex Bisconti) dal proprio padre, Lorenzo (Rosario Lisma), incurante del fatto che proprio sotto casa vengano perpetrate efferate esecuzioni.

    Arturo è impacciato dinnanzi alla bella compagna di classe Floriana (Ginevra Antona) di cui è innamorato. Le studia tutte per conquistarla. Ma il papà non ha tempo per le sue pene di cuore. Il caso vuole che sia il premier Giulio Andreotti a venirgli incontro. Dalla televisione. Nel raccontare a Maurizio Costanzo di come conquistò sua moglie. Il piccolo Arturo lo prende a modello, arrivando perfino a mascherarsi a Carnevale come lui.

    Sarà poi l’incontro con il reporter Francesco (Claudio Gioè), scambiato per un boss mafioso, a farlo avvicinare alla nobile e rischiosa professione del giornalista, mettendolo in guardia da tutte le insidie e la responsabilità del ricercare la verità. Con tutta le generosa ingenuità di un alunno elementare, Arturo riesce a intervistare il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa

    Se in Django Unchained (2012) il regista Quentin Tarantino dipinse il Ku Klux Klan (anche) come un branco di cerebrolesi incapaci perfino di fare due buchi ad altezza occhi nei cappucci, così Pierfrancesco Diliberto in La mafia uccide solo d'estate, va oltre il classico stereotipo del mafioso, troppo spesso rappresentato in scadenti fiction italiane come un “figo berlusconiano” pieno di soldi e potere.

    Ecco dunque ciò che non ti aspetti. Un imbranato Totò Riina (il boss di Cosa Nostra) a disagio con un banale telecomando per l’aria condizionata, e preso a parole dal tecnico che gli spiega il funzionamento per l’ennesima volta. Quentin e Pierfrancesco, uniti da una voglia viscerale di colpire con l’arma dell’ironia dei mostri rendendoli umani, così come sono. Per niente speciali. Semplici uomini. Vulnerabili. Battibili.

    E come lo stralunato Forrest Gump (Tom Hanks), anche Arturo ha il suo modo di sentire la vita e la realtà circostante. Ingenuo ma per niente stupido, anzi. È lui che una volta cresciuto (Pif) bacchetta l’amata Flora (Cristiana Capotondi) quando quest’ultima gli legge il discorso che sta scrivendo per il parlamentare della DC, Salvo Lima. Ed è sempre Pif a soccorrere il suddetto appena ucciso a sangue freddo in un tipico agguato mafioso mentre il suo spocchioso capo gl’intima di continuare a guidare, dicendogli perfino Eh vabbeh, muore tanta gente a Palermo ogni giorno.

    Arriva il giorno dei funerali a Paolo Borsellino e i palermitani insorgono. Arturo e Flora sono in mezzo a loro. Quelle scene penetrano dentro. E anche se non le si ha vissute, a molti ricorderanno le recenti proteste di piazza in Turchia, Egitto, Siria, Ucraina. Di fronte all’orrore dell’indifferenza politica, la gente sfida tutto e tutti. Arturo e Floriana hanno un bambino. Il film si chiude così: "Non basta proteggere i più piccoli dal male, bisogna insegnar loro a riconoscerlo". E nel farlo, portano il loro figliolo sotto le lapidi commemorative sparse per Palermo. Incisioni per ricordare l’impegno e il sacrificio di quegli uomini che hanno provato a cambiare, da soli, una nazione in mano ad assassini.

    Ci vediamo tutti lì. Per ricominciare una nuova storia. E per chi volesse, sul sito ufficiale della pellicola è stato indetto il contest: Trova un modo di dire La mafia uccide solo d’estate

    Il trailer di La mafia uccide solo d'estate 

    La mafia uccide solo d'estate - Arturo (Alex Bisconti)
    La mafia uccide solo d'estate - Arturo (Alex Bisconti)