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sabato 25 febbraio 2017

T2 Trainspotting, il domani del passato

T2 Trainspotting - Mark (Ewan McGregor) e Simon "Sick boy" (Jonny Lee Miller)
Emozioni in libera uscita dal passato ma ormai è tutto cambiato. Anche i demoni sono solo tiepidi spiritelli. T2 Trainspotting (2017, di Danny Boyle) vive di rendita senza un autentico domani.

di Luca Ferrari

Superfluo. Leggero. Un revival di (chiamiamola) nostalgia per chi vent'anni fa, all'apice dell'esplosione del Brit Pop, si stava affacciando al mondo adulto. L'epopea di Trainspotting è tornata sul grande schermo ma non è neanche un lontano parente dell'unico e vero cult sempre diretto dal regista Danny Boyle in quel lontano 1996. Il terzo millennio è una realtà a se stante. La musica è cambiata. Il turismo, le compagnie aree, le interazioni sociali, le teste. È cambiato tutto. T2 Trainspotting (2017) si accoda nel trend del momento usando il sangue sgorgato per ottenere comodi like e svendere ricordi da condividere in privato.

Sono passati vent'anni esatti da quando Mark Renton (Ewan McGregor) abbandonò i suoi amici Sick Boy (Jonny Lee Miller), Spud (Ewen Bremner) e Begbie (Robert Carlyle) con in tasca 16mila sterline di cui gliene sarebbero spettati solo un quarto. Con quella somma Mark ha detto addio alle siringhe e si è rifatto una vita ad Amsterdam, lasciando nel passato il violento Francis Begbie, finito in galera, il buon Spud (il cui vero nome è Daniel Murphy), solo con se stesso, e Sick Boy, sempre a bazzicare in loschi traffici dalla dubbia moralità.

Complice un attacco cardiaco, Mark adesso è tornato a casa, in Scozia, arrivando giusto in tempo per soccorrere Murphy detto appunto Spud, deciso a farla finita. Spud ha una moglie e un figlio che si vergognano di lui, ma non li vede quasi mai. Ovviamente va a trovare anche Simon (Sick Boy) che non gradirà troppo la sua presenza. Tra un bar e una piccola piantagione di cannabis, prova comunque a coinvolgerlo nell'apertura di una sauna-bordello, guidata dalla sua pseudo-fidanzata Veronika Kovach (Anjela Nedyalkov).

Mark e Simon. Rent Boy e Sick Boy. Si guardano. Si studiano. Entrambi raccontano bugie sulla propria vita. Non si fidano l'uno dell'altro ma si riavvicinano. Erano grandi amici un tempo. Hanno diviso gioie e dolori. Si sono separati nel peggiore dei modi, ma eccoli qui. Di nuovo insieme a Edimburgo. Di nuovo pronti a fare squadra per dare un senso a un'esistenza zoppicante e per troppo tempo abusata.

Ai margini e al centro delle loro figure c'è Daniel "Spud". È sempre stato l'anima debole del gruppo. Drogato senza speranza. È solo con la sua tossicodipendenza. Un talento naturale nel falsificare firme soppiantato dalla tecnologia del terzo millennio. La vita gli è scivolata sopra e una volta entrato nel club degli “anta”, ha davvero poco di cui sentirsi fiero. Qualcosa dentro di lui però splende ancora. Senza dirlo a chiare lettere, vorrebbe una seconda possibilità. I nuovi sviluppi Sick-Rentiani sono lì a calamitarlo.

Irrecuperabile, sboccato e violento come sempre, è Begbie. Secondo la propria opinione (che nessuno si permette di controbattere), lui è sempre il più in gamba. O si fa come dice lui o sono botte. In galera come altrove, nei suoi occhi, fra le mani e le sue fauci c'è solo rancore e violenza. Lui è la strada che non perdona. Pur essendo il solo non tossicomane, è l'elemento più dipendente dal vecchio mondo. Una moglie e un figlio non gli bastano per credere in un futuro migliore. O magari si, ma il vuoto da colmare è troppo ampio e scuoiante.

E fu così che arrivò il giorno di T2 Trainspotting. Dopo il biopic su Steve Jobs (2015) interpretato da uno strepitoso Michael Fassbender, il regista classe '66 di Manchester Danny Boyle (premio Oscar per The Millionaire, 2009) torna all'usato sicuro, riformando quel quartetto di amici che ne consacrò il talento cinematografico. Fin dalla prima indiscrezione che faceva presagire il sequel di Trainspotting (1996), le reazioni sono sempre state agli antipodi: un sogno che diventa realtà da una parte, pura blasfemia dall'altra.

Arrivato in sala nel primo giorno di programmazione al cinema Rossini di Venezia (dove la pellicola sarà visibile fino a mercoledì 1 marzo... escluso lunedì 27), il destino ha voluto farmi un'inaspettata sorpresa. Accanto a me infatti, si sono sedute quattro adolescenti. Ragazzine che all'epoca in cui vidi Trainspotting non erano ancora nate. Come un registratore vecchio (…) stile, ho teso l'orecchio ai loro eventuali commenti, reazioni, interesse. L'impatto è stato alquanto tiepido, più impegnate talvolta a guardare lo smartphone che non ad emozionarsi davvero.

Trainspotting parlava in modo spietato e veritiero di stupefacenti, dipendenza e iniezioni di eroina. A parte qualche "banalissima" sniffata di polvere bianca, T2 è poco più di una commediola di emarginati, il cui peso integrale del dramma poggia sulle spalle macho-manesche di Begbie. Qualche azzeccato flashback della storia originaria non basta a dare smalto a una sceneggiatura carente. Certo, il mondo è andato avanti e i protagonisti non sono più (...) gli sballati di un tempo eppure i loro demoni sono ancora in forma smagliante, jogging o meno.

Non basta riascoltare la generazionale Slow Slippy degli Underworld, l'immortale Radio Ga Ga dei Queen o il remix targato Prodigy della "IggyPoppiana" Lust for Life per far rinascere un tempo che ormai è passato. Glielo dice anche la più saggia Veronika, che la loro tendenza è quella di crogiolarsi nel passato sotto ogni punto di vista: ricordi, sport, etc. Trainspotting resterà sempre il tragico ritratto di una generazione schiacciata dal nichilismo e le droghe. T2 Trainspotting già tra un paio di mesi finirà nell'oblio della settima arte soppiantato dall'ennesimo film super-eroico.

Avevo vent'anni esatti quando uscii e vidi Trainspotting. In quell'anno assistei per la prima volta uno show live dei Pearl Jam. Tra qualche mese invece vedrò il mio primo concerto solista del cantante di quella band (Eddie Vedder, ndr). In questi 20-21 anni è passato di tutto sotto i ponti della mia vita, alcuni dei quali sono stati spazzati via. Nel corso del mio cammino ho collezionato cicatrici e di sicuro c'è ancora un amico cui devo tornare a bussare alla sua porta. O magari lo farà lui alla mia. Chi lo sa. So di meritare di essere vivo, ma per esserne davvero sicuro dovrò ancora scrivere e imparare molto.

Il trailer in lingua originale di Trainspotting 2

T2 Trainspotting - Mark (Ewan McGregor) e Daniel (Ewen Bremner)
T2 Trainspotting (2017, di Danny Boyle)

mercoledì 22 febbraio 2017

Manchester by the Sea, dolore cammina con me

Manchester by the Sea - il volto provato di Lee Chandler (Casey Affleck)
Lento. Inesorabile. Immobilizzante. Manchester by the Sea (2016, di Kenneth Loregan) affonda le sue dolorose membra in uno stazionario proseguo autopunitivo.

di Luca Ferrari

Joe Chandler (Kyle Chandler) è un energico padre di famiglia. Il suo cuore però è debole a causa di una malattia rara, e l'epilogo è quanto di più tragico e inesorabile ci possa essere nella vita. Con la madre lontana e non proprio in perfette condizioni di sanità mentale, il parente più prossimo ad accudire il figlio adolescente Patrick (Lucas Hedges), è l'emarginato zio Lee (Casey Affleck), che d'improvviso viene (ri)chiamato a Manchester by the Sea (2016, di Kenneth Loregan).

Lee Chandler lè l'idraulico tuttofare palazzo di Boston. Conosce molto bene il suo mestiere ma in quanto a relazioni umane è una frana, rispondendo (spesso) male ai clienti. Qualcosa nel suo passato si agita, anzi peggio, lo ha lasciato devastato senza possibilità di ritorno. È un animale ferito (a morte). Non cerca l'aiuto né compassione. Nel presente e futuro della propria esistenza c'è solo la solitudine del seminterrato dove vive, birra e qualche pugno alcolico. Scoperta la malattia, il fratello maggiore lo aveva indicato come tutore di Patrick. Una scelta forse non proprio felice.

Tornato nella sua città natale, arriva anche il fatidico momento dell'incontro con l'ex-moglie Randi (Michelle Williams). Insieme sono stati segnati dal dolore ma mentre lei è andata avanti, lui è rimasto lì. A bofonchiare traumatizzato. Lee cammina ma è come se non uscisse mai. Che soffi il gelido vento o splenda un sole estivo, lo strazio mummificato ha ormai messo radici nella sua anima e nulla è capace di sradicare ciò che si porta dentro, nemmeno un nipote rimasto orfano di padre.

Patrick al contrario reagisce subito. Un po' se l'aspettava, un po' sente il frastuono di una nuova vita che dovrà affrontare. Il suo allenatore di hockey (Tate Donovan – uno degli ostaggi "iraniani" di Argo) gli offre conforto ma preferisce trovarlo tra sbaciucchiamenti (e non solo) con le fidanzate Silvie (Kara Hayward) e Sandy (Anna Baryshnikov), ignare rispettivamente l'una dell'esistenza dell'altra.

Patrick è ben educato e molto ben disposto verso la madre Elise (Gretchen Mol), che all'insaputa del padre, sentiva via e-mail. Adesso la donna ha un nuovo fidanzato, il cattolicissimo e un po' viscido Jeffrey (Matthew Broderick). Quanto durerà la convivenza tra Patrick e Lee? Il grande di famiglia se lo vorrebbe portare a Boston, l'adolescente vuole (ovviamente) restare a Manchester by the Sea dove c'è tutta la sua vita e l'eredità paterna, materiale e spirituale.

Già vincitore del Golden Globe e BAFTA 2017 per la suddetta interpretazione, ora Casey Affleck (Ocean's Eleven, Gone Baby Gone, Interstellar) proverà a centrare anche l'Oscar come Migliore attore protagonista. Una sfida questa che lo vedrà opposto ad Andrew Garfield (La battaglia di Hacksaw Ridge), Denzel Washington (Barriere), Ryan Gosling (La La Land) e Viggo Mortensen (Captain Fantastic).

Alla serata degli Academy poi, Manchester by the Sea concorrerà anche per la Miglior regia e sceneggiatura originale (Kenneth Lonergan), Miglior attore non protagonista (Lucas Hedges) e Miglior attrice non protagonista (Michelle Williams). Niente nomination invece per Kyle Chandler, volto del grande schermo, anch'esso nel cast di Argo (diretto da Ben Affleck), e co-protagonista di altre importanti pellicole come Carol (2015 - era il marito di Cate Blanchett) ) e lo "Scorsesiano" The Wolf of Wall Street 2013), dove interpretava l'agente federale che incastra Jordan "Leonardo DiCaprio" Belfort.

L'interpretazione di Casey Affleck è impeccabile e di sicuro vedere la sua performance in lingua originale l'avrebbe ulteriormente valorizzato. Forse è anche troppo perfetta. È più facile raccontare il dolore che far emergere una risata. Il protagonista parla lo stretto necessario. È scontroso, irritabile ed egoista. Pensa solo al proprio dolore, dimenticandosi che c'è un adolescente dinnanzi a lui che ha appena perso il proprio padre. Lee Chandler si vota all'auto-martirio accettando una vita di espiazione senza onore né memoria.

Qualche perplessità anche sulla figura del giovane Patrick. Senza madre, con il papà appena morto e alle prese con uno zio più problematico che mai, vive questa nuova fase della sua vita praticamente senza problemi a parte un piccolo sfogo. Gioca a hockey, suona in un gruppo rock e ha una vita sessuale assai movimentata. A tratti la morte del padre sembra più una scocciatura per il proseguo della vita che non un effettivo trauma capace di minare quanto meno l'immediato vivere.

Finale sussurrato nello strascico dello "stra-abusato" adagio di Albinoni, Il vento soffia sul mare. La vita scorre via. Il mondo si divide. Chi vuole vivere da una parte, chi vuole soggiornare nell'oblio paludoso dall'altra. Non ci sono questioni in sospeso nel ticchettio di Manchester by the Sea (2016, di Kenneth Lonergan). I macigni guardano imprigionati le scorribande delle nuvole e delle stelle. Gli echi dei propri demoni hanno chiuso le finestre e i propri occhi, rincorrendosi all'infinito in un labirinto a unica stanza e in moto perpetuo.


Il trailer di Manchester by the Sea
Manchester by the Sea - i fratelli Chandler, Joe (Kyle Chandler) e Lee (Casey Affleck)

lunedì 20 febbraio 2017

Billions, la seconda stagione

Billions - Chuck Rhoades (Paul Giamatti) vs Bobby Axelrod (Damian Lewis
Ricomincia l'eterna lotta tra il denaro e la legge. Prende il via oggi la II stagione della serie statunitense Billions. Il ring è caldo. Nessuna esclusione di colpi.

di Luca Ferrari

Li avevamo lasciati entrambi feriti, il miliardario Bobby Axelrod (Damian Lewis) e il procuratore Chuck Rhoades (Paul Giamatti). Le tipiche due facce della stessa medaglia. Il potere contro la giustizia, eppure entrambi con lati oscuri e meno nobili di quello che gli piaccia mostrare al mondo intero. Adesso sta per ricominciare la guerra. Da lunedì 20 febbraio fino all'8 maggio, sul canale satellitare Sky Atlantic, verrà trasmessa la seconda stagione della serie televisiva americana Billions.

Sono due uomini che “amano” il proprio lavoro. Sono due uomini abituati a comandare. Sono due uomini che non accettano la sconfitta. Sono due uomini che alla fine della giornata non hanno alcuna intenzione di tornare a casa con qualsivoglia ferita. Chuck Rhoades è il procuratore distrettuale del Southern District di New York. Bobby Axelrod è a capo di una compagnia finanziaria specializzata in fondi speculativi.

Salvatosi (per sbaglio) dagli attentati dell'11 settembre e approfittatone a livello finanziario, Axelrod è ora uno dei più attivi miliardari della città nonché filantropo. Sebbene il procuratore Rhodes parli di giustizia e integrità, non si può dire che il proprio padre, Charles senior (Jeffrey DeMunn), ne sia un impeccabile esempio. Uomo di potere, cerca (senza riuscirci) di farsi aiutare dal figlio per  certi affarucci.  Axelrod e Rhodes perseguono i rispettivi obiettivi ma da quando si sono ritrovati l'un contro l'altro, nulla è stato nè sarà più come prima.

Al fianco due uomini così tosti, è inevitabile ci siano anche due donne di carattere. Lara Axelrod (Malin Akerman) è una grintosa casalinga. Viene dalla strada e non intende vedere i propri figli (due maschi) adagiarsi nella bambagia servitagli dal padre. Wendy Rhoades (Maggie Siff) invece, è la psicologa dell'azienda di Axe. Un pericoloso conflitto d'interessi? Per Wendy proprio no. Attività professionale e vita privata sono due realtà diverse e da tenere separate, una scelta questa che lo stesso procuratore dovrà imparare ad accettare.

Grandi mogli ma non solo, un guerriero intelligente sa circondarsi di elementi di valore. Nella squadra di Rhodes ci sono Bryan Connerty (Toby Leonard Moore) e Kate Sacker (Condola Rashad). Oltre a viscidi avvocati senza scrupoli e una schiera di dipendenti che lo ammirano e venerano alla stregua del Jordan Belfort “Scorsesiano” (The Walf of Wall Street, 2013. ndr), Axelrod lavora fianco a fianco con il deciso Mike "Wags" Wagner (David Costabile).

Le serie televisive sono ormai la nuova frontiera della settima arte. Nella passata edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica sono state addirittura presentate le prime due puntate di The Young Pope, serie nostrana diretta dal premio Oscar Paolo Sorrentino con protagonisti Jude Law, Silvio Orlando e Diane Keaton. Qualità e grandi attori sono ormai la parola d'ordine, vedi anche la mefistofelica serie House of Cards con Kevin Spacey e Robin Wright o Breaking Bad con Bryan Cranston, candidato al Premio Oscar 2016 come Miglior attore protagonista per L'ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo.

Protagonisti indiscussi di Billions, i due diretti contendenti. Ex-fidanzato violento di Jennifer Lopez ne Il vento del perdono di Lasse Hallstrom e di recente al fianco di Ewan McGregor ne Il traditore tipoDamian Lewis rappresenta il classico young-adult imprenditore moderno nato dall'ispirazione di Steve Jobs. Veste casual, ascolta i Metallica ed è deciso. Sa alzare la voce e farsi rispettare da chiunque, amici o colleghi che siano. Sa essere molto glamour. Non cerca i riflettori ma nessuno dovrà mai a provare a togliergli ciò che è diventato suo.

Vuoi anche per l'età, Paul Giamatti (Sideways - In viaggio con Jack, Rock of Ages, Le idi di Marzo) incarna una figura più classica, il procuratore che sfida il potere economico. Non ha mai ancora perso una causa e non intende cominciare proprio ora, Ha fiutato la preda grossa (Axelrod) ed è pronto a usare tutti i mezzi per incastrarlo dimostrando che dietro tanto glamour c'è solo un imbroglione. Insieme alla moglie ha una vita privata alquanto particolare, qualcosa da tenere però lontano da occhi indiscreti.

Oggi quei due ricominciano. Da stasera la città di New York torna protagonista delle ambizioni di due uomini sempre meno agli antipodi. Parafrasando la poetica di Don Camillo e l'onorevole Peppone (1955) e aggiornandola al mondo spietato e globalizzato del terzo millennio, "Ecco ricomincia l’eterna gara dove ognuno dei due vuole disperatamente arrivare primo, però se uno dei due si attarda, l’altro colpisce ancora più duro per dire al mondo chi è stato il più forte fino a conseguire il pieno e totale successo nella proprio vita”.

Billions - Lara Axelrod (Malin Akerman) vs Wendy Rhoades (Maggie Siff
Billions - Axelrod (Damian Lewis) vs. Rhoades (Paul Giamatti) 

domenica 19 febbraio 2017

Elvis & Mary... Poppins, live al Carnevale di Venezia

Carnevale di Venezia, Marilyn Monroe ed Elvis Presley © Luca Ferrari 
Elvis Presley e Marilyn MonroeMary Poppins e i suoi amici spazzacamino. Sono alcuni dei protagonisti del Carnevale di Venezia.

di Luca Ferrari

Si è da poco conclusa una nuova edizione della Regata di Carneval a Venezia. Regatanti, amici e qualche turista affollano campo San Marcuola. Tra elfi, corsari e appartenenti alla famiglia Addams, ecco spuntare la coppia d'oro Elvis Presley e Marilyn Monroe. Visto di recente sul grande schermo (2016, di Liza Johnson) nel suo epico incontro con il presidente Nixon, interpretati rispettivamente da Michael Shannon e Kevin Spacey, la somiglianza del vogatore veneto con il Re è davvero simpatica.

E come per magia, ecco arrivare anche Mary Poppins insieme agli spazzacamino. Anche se tra non molto la rivedremo al cinema interpretata da Emily Blunt insieme a Jessica Fletcher, quella incredibile tata volante avrà sempre i connotati di Julie Andrews diretta da Robert Stevenson (1964). Anche a Venezia è arrivata sorridente, pronta a portare allegria e salvare gli ancora troppi Mr Banks che si aggirano nel mondo. Il tempo di gustare una frittella e via, si può ripartire ripartire... lungo il Canal Grande, ovviamente!

Carnevale di Venezia, Mary Poppins tra gli spazzamino © Luca Ferrari

martedì 14 febbraio 2017

Smetto quando voglio - Masterclass

Smetto quando voglio - Masterclass, i ricercatori tornano in azione
La banda dei ricercatori è tornata. Preso qualche rinforzo, è pronta a colpire (questa volta) i neo-spacciatori di smart drugs. Smetto quando voglio - Masterclass (2017, di Sydney Sibilia).

di Luca Ferrari

Archeologi, latinisti, biologi, antropologi e... droga. Tanta droga. Questa volta però le parti sono cambiate. Non è passato troppo tempo da quando la banda dei ricercatori universitari scombussolò il mercato delle smart drug a Roma. Dopo le sbarre per il "capo", adesso è tempo del processo per tutti e le cose non sembrano mettersi troppo bene per i malcapitati. Forse è il caso di ricomporre la squadra e fare ufficiosamente le cose" ancora meglio". Distribuito da 01 Distribution, è uscito sul grande schermo Smetto quando voglio - Masterclass (2017, di Sydney Sibilia).

Sono laureati. Sono brillanti. Sono sotto processo. Il giovane capitano della polizia Paola Coletti (Greta Scarano) ha però un'idea. Un tacito accordo. La banda si riforma per sgominare i nuovi cattivi, identificando le droghe di fresca produzione non ancora illegali per lo Stato. Il neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo) è la mente, ma nulla potrebbe senza l'esperto chimico Alberto Petrelli (Stefano Fresi) e il resto del "clan". L'impresa è tosta e servono rinforzi, tra cui Giulio Bolle (Marco Bonini).

Inseguimenti. Discussioni. Decisioni. I ricercatori non sono dei gangster ma una volta sulla strada, sono implacabili. Giorno dopo giorno, dalla città eterna escono sempre più arresti e qualcuno comincia a interessarsi senza badare troppo alle conseguenze. Quando tutto sembra volgere all'happy end, un nuovo ostacolo però, Walter Mercurio (Luigi Lo Cascio), si mette sulla loro strada, anzi sui propri binari. La banda dei ricercatori sarà ancora una volta messa a dura prova e ci vorrà una nuova prova di forza per venirne fuori. Anzi, un nuovo film (Ad Honorem, 2017).

Squadra che vince non si cambia, e così è stato dopo il travolgente successo di Smetto quando voglio (2014). Se nel primo film era più l'aspetto della generazione sfiancata (umiliata) a catalizzare l'attenzione, non senza qualche ricca dose di verve comica, in questa nuova pellicola il regista salernitano classe '81, Sydney Sibilia, gioca ancor di più con le gag. Più che Leo e Fresi, a salire in cattedra sono Libero De Rienzo e Paolo Calabresi, rispettivamente l'economista Bartolomeo e l'archeologo Arturo.

Più malinconiche le figure degli ex-benzinai Mattia (Valerio Aprea) e Giorgio (Lorenzo Lavia), oggi impiegati nell'hotel dove nel primo film erano diventati gli inquilini dell'attico più lussuoso (godetevi la gag in lingua hindi, ndr). Non può ovviamente mancare un altro personaggio chiave, l'antropologo Andrea (Pietro Sermonti), alle dipendenze proprio di quello sfasciacarrozze col compito di sgominare i laureati sotto mentiti spoglie che si fingono dei burini senza cultura pur di lavorare e avere uno stipendio.

Si è molto parlato delle similitudini tra Smetto quando voglio - Masterclass e la serie televisiva Breaking Bad dove il protagonista, il professore di chimica Walter White (Bryan Cranston) malato di cancro, si mette a produrre droga pur di fare soldi, pagarsi le cure e lasciare un fondo per la propria famiglia nella peggiore delle ipotesi. La realtà dei ricercatori italiani ha molto poco a vedere con la DEA, pestaggi e sparatorie. Al contrario, la formula dei criminali che si mettono al servizio della legge potrebbe strizzare l'occhio ai meno violenti e più leggeri Prova a prendermi (2002, di Steven Spielberg) e/o la saga Soderberghiana di Danny Ocean (George Clooney).

Fare commedia in Italia è un po' la prassi ma c'è modo e modo, ed è evidente che siamo difronte a una nuova generazione di cineasti di qualità. Non c'è solo uno sbattere in faccia la realtà senza speranza condita da risatine amare, facili battute e luoghi comuni. Questa è una generazione di registi-allievi modello della scuola-Tarantino (Quentin, ndre avida di cinema '80-'90, ma non solo. Questo è il tempo di Matteo Rovere (Veloce come il vento), Garbiele Mainetti (Lo chiamavano Jeeg Robot) e appunto Sydney Sibilia, senza dimenticarsi dello stesso Edoardo Leo, già regista di Diciotto anni dopo (2010), Buongiorno papà (2013), Che vuoi che sia (2016) e il grandioso Noi e la Giulia (2015).

Curiosità. Attore versatile e forse non valorizzato quanto meriterebbe, è già la seconda volta che Libero De Rienzo (FortàpascHo ucciso NapoleoneLa macchinazione) sbarca al cinema con il nome di Bartolomeo. La prima volta accadde nel 2001, al fianco di Stefano Accorsi in Santa Maradona (di Marco Ponti), altra pellicola che in modo ancor più spietato raccontava la vita agli esordi dei non-contratti, i colloqui farse e il precariato che lentamente stava già inghiottendo la nuova gioventù del lavoro.

Non è mai facile girare un sequel e film alla mano, il secondo di una trilogia è quasi sempre l'anello più debole. Smetto quando voglio - Masterclass (2017) invece è stata un piacevole sorpresa. Il regista ha diretto un nuovo film con la banda dei ricercatori perché aveva delle idee vere e le ha messe su pellicola. Adesso manca l'ultimo atto. Sydney Sibilia ha dimostrato di poter reggere il peso di un'attesa e di qui a un altro anno ci ritroveremo per capire quale sarà il destino di questi geniacci d'improvviso catapultati in una realtà mai lontanamente immaginata nei loro calcoli.

Smetto quando voglio Masterclass, il trailer

Smetto quando voglio Masterclass - (da sx) il capitano Paola Coletti (Greta Scarano) in trasferta
con Giulio Bolle (Marco Bonini) e Pietro Zinni (Edoardo Leo), 
Smetto quando voglio - Bartolomeo (Libero De Rienzo) in una non facile posizione

giovedì 9 febbraio 2017

John Hurt, è tempo di onorare... Sua Maestà

Sua Maestà viene da Las Vegas - Lord Percival Graves (John Hurt)
Fiero. Orgoglioso. So British! E come avrebbe detto Lord Percival Graves in Sua Maestà viene da Las Vegas (1991), "Io vi dico è tempo di onorare la memoria di John Hurt (1940-2017)!".

di Luca Ferrari

Caratterista. Protagonista. Spietato. Altezzoso. Borderline. La carriera cinematografico-teatrale di John Hurt è un universo costellato di tanti e variegati ruoli, cominciando a farsi davvero notare nel segno del dramma incarnando l'eroinomane Max in Fuga di mezzanotte (1978 di Alan Parker) e il deforme Joseph Merrick di The Elephant Man (1980, di David Lynch). Pellicole queste con cui l'attore britannico ha ottenuto le due uniche nomination della carriera ai Golden Globe e agli Oscar, vincendo un solo "globo d'oro" per il più datato.

Dal lontano Un uomo per tutte le stagioni (1966, di Fred Zinnemann) al biopic Jackie (2016, di Pablo Larrain), film presentato a Venezia 73 con protagonista la premio Oscar Natalie Portmn nei panni (insanguinati) della vedova Kenendy. Lì nel mezzo, cinquant'anni di cinema e oltre 120 interpretazioni sul grande schermo dove John Vincent Hurt (Chesterfield, 22 gennaio 1940 – Cromer, 25 gennaio 2017) ha lasciato il segno.

In tempi più recenti, oltre alla saga di Harry Potter, è stato al servizio del sig. Dickinson nel poetico Dead Man (1995, di Jim Jarmusch) e dieci anni dopo lo spietato Cancelliere Adam Sutler nella dittatura non così impensabile di  V for Vendetta (2005, di James McTengue). In tempi più recenti ha preso parte al corale La talpa  (2011, di Tomas Alfredson), film presentato in concorso a Venezia 68, e ancora diretto da Jarmush nel cupo Solo gli amanti sopravvivono (2014) insieme a Tom HiddlestonTilda Swinton e Mia Wasikowska.

Dei tanti ruoli interpretati, la performance in Sua Maestà viene da Las Vegas (1991, di David S. Ward) ha un qualcosa di speciale. Sua Maestà viene da Las Vegas è un film divertente, a tratti romantico e anche commovente con la chicca della scatenata performance “reale” di Good Golly Miss Molly (cover di Little Richards). Londra, buoni sentimenti e scontri caratteriali British-USA. Un film da vedersi tanto in solitaria sua in compagnia di un amico fraterno (cine-fotografo a Venezia73 così come alle ultime nove edizioni del festival veneziani), magari addentando un bel cheeseburger o fish & chips che sia.

Durante una normale session fotografica, a causa di un cavo inzuppato di pioggia, l'intera Famiglia Reale passa a miglior vita. Occorre dunque trovare un erede e al più presto. Incredibile a dirsi, il solo che abbia ancora sangue blu Windsor è il cantante (squattrinato) da sala, Ralph Jones (John Goodman) di Las Vegas, USA. Il destino però alle volte sa fare strani scherzi, così ecco passare il corpulento musicista da una scialba vita nella capitale del vizio a essere servito & riverito a Buckingham Palace.

L'avvento del nuovo re d'Inghilterra però, non fa esattamente "tutti" felici. E qualcuno, che vorrebbe rivedere i Tudor a regnare sulla Gran Bretagna, l'infido Lord Percival Graves (John Hurt), inizia a tramargli contro. Fortuna che al fianco dell’impacciato neo-sovrano ci sono i leali Cedric Willingham (Peter O'Toole), Duncan Phipps (Richard Griffiths), l'attenta guardia del corpo Tommy McGuire (Niall O'Brien) e la dolce Miranda (Camille Coduri), conosciuta in uno strip-club londinese, agli esordi del proprio regno.

Re Ralph ci prova ma il compito è arduo e come se non bastasse gli viene imposto di sposare la Principessa Anna di Norvegia (Joely Richardson - grandioso il doppiaggio "basso tuba" in italiano", ndr). Lord Graves però è in agguato, e con l'involontaria complicità della sua fiamma Miranda, cala il proprio asso nella manica al ballo in onore dei Reali di Norvegia, ottenendo proprio quello che voleva: una frittata colossale e un sovrano ormai indifendibile e condannato all'auto-abdicazione. Che la figuraccia sia costata anche migliaia di posti di lavoro, all'aristocratico non interessa niente.

L'indomani, davanti alla Camera dei Comuni e dei Lords, Lord Percival Grey è furioso e tuona contro il sovrano con un discorso potente e da grande oratore. Parole al termine delle quali l'intero Parlamento si alza in piedi per applaudire Graves. Ed è insieme a loro che cineluk-il cinema come non lo avete mai letto si unisce per omaggiare quel grande attore che è stato e resterà sempre John Hurt, e lo fa trascrivendo integrale quell'epico discorso scandito in Sua Maestà viene da Las Vegas.

"Mai, in tempi recenti, un monarca aveva tanto coperto di vergogna e imbarazzato questo paese!" arringa Lord Percival - Hurt -, "Dobbiamo restarcene inerti, fare buon viso e aspettare che si compia il degrado delle nostre più sacre tradizioni ad opera di questo scriteriato e maldestro guitto venuto da oltreoceano? Io vi dico no! Io dico che è anche tempo di recuperare il nostro retaggio. Io vi dico che è tempo di recuperare il nostro orgoglio nazionale. Io vi dico signori che è tempo di agire e di recuperare il nostro trono!".

Sua Maestà viene da Las Vegas (in lingua originale),

Sua Maestà viene da Las Vegas - (da sx) Graves, il Primo Ministro (J. Villiers) e Willingham (Peter O'Toole)
Sua Maestà viene da Las Vegas - (da sx) la giovane Miranda (Camille Coduri) e Lord  Graves (John Hurt)
Sua Maestà viene da Las Vegas - Un perplesso Lord Percival Graves (John Hurt)
Sua Maestà viene da Las Vegas - Lord Graves (John Hurt) tuona in Parlamento
Sua Maestà viene da Las Vegas - Lord Percival Graves (John Hurt) al cospetto di re Ralph (John Goodman)
Lido, 68° Mostra del Cinema - John Hurt alla prima veneziana de La talpa © La Biennale foto ASAC

lunedì 6 febbraio 2017

Venezia, circuito cinema 9-15 febbraio

Lego Batman Il film
I cinema veneziani si colorano di sensualità con Cinquanta sfumature di nero ed eroica animazione con Lego Batman Il film. Conferme in sala per Hacksaw Ridge e La La Land.

di Luca Ferrari

Nuova rubrica su cineluk - il cinema come non lo avete mai letto. Un degno tributo ai cinema veneziani dell'omonimo Circuito che tanto mi regalano anno dopo anno, permettendomi di raccontare al mondo film, film e ancora film. Sarà un caso, ma il periodo dell'anno in cui ha preso il via questa rubrica del lunedì, è caduto proprio nella settimana (cinematografica) della festa di San Valentino. E il cinema è proprio questo, un amore infinito.

Amore. Possessione. Giochi (pseudo) erotici. Il giorno di Cinquanta sfumature di nero (2017, di James Foley, con Dakota Johnson, Jamie Dornan e Kim Basinger) è arrivato, e i cinema veneziani rispondono presente. A partire da giovedì 9 febbraio, l'atteso (…) sequel di Cinquanta sfumature di grigio (2015, di Sam-Taylor Johnson) sarà in proiezione al Multisala Rossini 1 (h. 17.15/19.30/21.45) fino mercoledì 15. Da lunedì 13 invece nella sala 1 del cinema Astra del Lido di Venezia (h. 19.10/21.30)

Altro nuovo arrivo,  Lego Batman Il film (2017, di Chris McKay), spin-off del film del 2014 The LEGO Movie. Anch'esso sarà in visione in due sale. Fino a lunedì 13 sia al Rossini 2 h. 17/19.10/21.20 sia all'Astra del Lido (h. 17). Nei due giorni restanti della settimana cinematografica, martedì 14 e mercoledì 15 febbraio, sbarca “Io, Claude Monet” (2016, di Phil Grabsky). Viaggio intimo nella vita del grande artista impressionista e nei luoghi che lo hanno ispirato (h. 17/19.10/21.20).

Doppio cambiamento per due dei sicuri candidati alla prossima edizione degli Academy il prossimo 25 febbraio al Dolby Theatre di Los Angeles. Dalla sala 2 del cinema Rossini, La battaglia di Hacksaw Ridge (2016, di Mel Gibson), film presentato fuori concorso a Venezia 73 e candidato a sei premi Oscar, si sposta nella sala A del cinema Giorgione. Spettacoli h. 16/18.40/21.20 fino a mercoledì 15 (escluso martedì 14).

Cambio di “casa” anche per l'acclamatissimo La La Land, film di apertura alla passata edizione del festival veneziani, candidato a 14 premi Oscar, e vincitore di sette Golden Globbe (tra cui  Miglior film commedia o musicale, Miglior regista a Damien Chazelle,  Migliore attore in un film commedia o musicale a Ryan Gosling e Migliore attrice in un film commedia o musicale a Emma Stone). Sempre in casa Rossini, il film si sposta dalla sala 1 alla 3 e sarà visibile fino a martedì 14 (h. 16.30/19/21.30).

Da segnarsi in agenda la data mercoledì 15 in sala 3 del Multisala Rossini. Torna sul grande schermo infatti Il disprezzo (1963), il capolavoro di Jean-Luc Godard restaurato dalla Cineteca di Bologna, con protagonisti Brigitte Bardote e Michel Piccol.  Proiezioni in versione originale sottotitolate h. 16.30/18.45/21.

Chiudono il parterre delle proposte cinematografiche di questa nuova settimana (9-15 febbraio), 150 milligrammi di Emmanuelle Bercot) in sala B del Giorgione, mentre nella sala più piccina del Lido, il divertente Smetto quando voglio Masterclass (2017, di Sydney Sibilia) per due spettacoli h. 17,20 e 21,40 intervallati da United Kingdom – L'amore che ha cambiato la Storia (di Amma Asante, con David Oyelowo e Rosamund Pike).

i film in programmazione al Multisala Rossini, alla Casa del Cinema e il Cinema Dante d'essai
i film in programmazione al cinema Giorgione e al Multisala Astra

giovedì 2 febbraio 2017

La battaglia di Hacksaw Ridge

La battagli di Hacksaw Ridge - il soldato Desmond Doss (Andrew Garfield)
La storia vera del primo obiettore di coscienza americano a ricevere la medaglia d'onore. Presentato fuori concorso a Venezia73,  La battaglia di Hacksaw Ridge (2016, di Mel Gibson).

di Luca Ferrari

Un ragazzo e la sua fede. Un ragazzo e la sua determinazione. Un ragazzo e la sua missione. In Europa bruciava spietata la II Guerra Mondiale e Desmond Doss voleva fare la sua parte. Appartenente alla Chiesa cristiana avventista del settimo giorno, rifiutava l'uso delle armi. Prima ancora di partire per il fronte dunque, Desmond dovette vincere la sua personale guerra per prestare servizio disarmato come assistente medico. Presentato fuori concorso a Venezia 73, esce oggi sul grande schermo La battaglia di Hacksaw Ridge (2016, di Mel Gibson).

Desmond Doss (Andrew Garfield) faceva la sua placida vita al di qua dell'oceano. L'orrore del secondo conflitto mondiale era ormai ben dentro le porte anche degli USA con la minaccia dell'impero giapponese più letale che mai. Dopo l'attacco a Pearl Harbour, gli Stati Uniti entrarono ufficialmente in guerra e così pure Doss, desideroso di provare il proprio valore alla sua innamorata, la dolce Dorothy (Teresa Palmer). Desmond si arruola ma c'è un problema, lui non vuole (può( toccare armi. La sua fede e l'appartenenza alla Chiesa avventista glielo proibiscono.

Una recluta che vuole combattere senza dover sparare? Sa di barzelletta ma nell'esercito non hanno il senso dell'umorismo, men che meno il Sergente Howell (Vince Vaughn) e il Capitano Glover (Sam Worthington). A turno fanno di tutto per fiaccare lo spirito di Doss facendolo apparire come un misero vigliacco. Non sono da meno i commilitoni che in più di un'occasione lo picchiano senza che Desmond però faccia alcun nome o li denunci. Sembra un vicolo cieco fino a quando non interviene l'austero padre di Desmond, Tom Doss (Hugo Weaving), eroe di guerra nel primo conflitto mondiale e oggi alcolizzato.

Desmond alla fine riesce a partire, ma c'è ancora molta diffidenza nei suoi confronti a cominciare dal commilitone Smitty (Luke Bracey). La fanteria americana è pronta per la Battaglia di Okinawa e in mezzo al fuoco mortale c'è anche un obiettore di coscienza, Desmond Doss. Quello che accadrà è storia vera. Quello che accadrà è il coraggio di un ventitreenne che non si è tirato indietro e non ha accettato quello che il mondo gli ordinava, gridandoglielo e colpendolo. Lui si è alzato, e ha continuato a farlo. E saranno in molti quelli che alla fine gli dovranno dire grazie.

Per niente fan del genere e ancora meno delle fedi religiose, La battaglia di Hacksaw Ridge è un film commovente. Solo in mezzo a macerie umane e col nemico ovunque a cercare soldati americani ancora vivi da uccidere, Doss chiedeva a Dio solo questo: “Fammene trovare un altro vivo”. E una volta fatto, ancora una volta e sempre così. Potrebbe essere musulmano, fare riti voodoo o credere in qualsiasi altra cosa, è irrilevante. Gibson non sponsorizza la religione. Mel Gibson accende i riflettori su di un essere umano che lotta per salvare vite.

Nei decenni scorsi i war movie erano sinonimo di successo, oggi molto meno. Una volta la guerra era più definita, oggi situazione è piena di sfumature e labirinti. Non c'è chissà quale retorica né esaltazione religiosa ne La battaglia di Hacksaw Ridge. Artista decisamente controcorrente (che piaccia o meno), Mel Gibson racconta una di quelle storie che non si conoscono, celebrando un vero eroe.

Nel corso della 73° edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica sono stati molti i film che hanno raccontato la fede. La battaglia di Hacksaw Ridge mostra quanto potente possa essere nell'anima di una persona. Desmond non fa proselitismo. Desmond rispetta chi ha il coraggio di prendere un fucile in mano e difendere la propria casa ma allo stesso tempo pretende lui stesso di essere rispettato e accettato per quella che è il suo modo di porsi e combattere nel mondo.

Gran prova attoriale di Andrew Garfield che ha regalato una prova con P maiuscola. Ottimo anche Hugo Weaving (Matrix, Il Signore degli Anelli, V for Vendetta), incapace di uscire dall’orrore di ciò che vide nella I Guerra Mondiale e per questo ostile alla scelta dei figli di arruolarsi. Volto noto delle commedie, Vince Vaughn dimostra di potersi cimentare con ruoli differenti mentre Sam Worthington (Avatar, Le paludi della morte, La furia dei titani) è garanzia di ruvido valore quando si tratta di incarnare coraggio e azione.

Distribuito in Italia da Eagle Pictures e candidato a sette premi Oscar tra cui Miglior film e Miglior regia, La battaglia di Hacksaw Ridge spinge a una inevitabile riflessione aggiornata al terzo millennio. All’epoca il nemico parlava tedesco o aveva gli occhi a mandorla. Chi si sognerebbe di dipingerlo così oggigiorno se non per film d'epoca? Magari tra dieci anni nessun velo islamico farà più "paura" e parleremo di Bibbia e Corano senza problemi né esasperazioni.

Momento d'oro per l'ex-Spiderman Andrew Garfield (Leoni per agnelli, The Social Network, 99 Homes), classe '83 di Los Angeles. In sala nei giorni scorsi anche nelle sofferenti vesti del predicatore Sebastião Rodrigues in Silence (2016, di Martin Scorsese), è grazie alla convincente interpretazione del coraggioso Desmond Doss che ha ottenuto la prima nomination agli Oscar come Miglior attore protagonista.

Venezia 73 fucina di Oscar. Il prossimo 26 febbraio al Dolby Theatre di Los Angeles, a contendersi i prestigiosi Academy ci sarà anche il nuovo film diretto da Mel Gibson, La battaglia di Hacksaw Ridge. 6 le nomination ricevute, 8 per Arrival , 3 per Jackie e 14 per La La Land, anch'esso sbarcato al Lido, sez. concorso e dove la protagonista Emma Stone ha conquistato la Coppa Volpi. In laguna  due film alla corte di Alberto Barbera e Paolo Baratta si sono solo guardati di sfuggita.

Agli Oscar sarà sfida totale. L'opera di Damien Chazelle è senza dubbio il film da battere. Nessuno vuole metterne in discussione la qualità ma dovendo fare un confronto, in quanto a spessore umano non c'è partita. La La Land è un film ben recitato (più al femminile) ma anche molto commerciale. Sognante. Una dichiarazione d'amore al jazz e alla vecchia Hollywood ma la trama è di una semplicità disarmante e se ne sta ormai parlando in modo esagerato.

Al contrario l'opera di Mel Gibson è un film coraggioso e toccante. Sentire tanti applausi all'anteprima stampa veneziana per una pellicola che vede l'eroismo di guerra al centro della scena, non è così scontato, anzi. Non è solo Garfield a meritare la standing ovation. Lui è l'anima candida, ma per nulla debole. I più ruvidi e marziali Vaughn e Worthington formano una squadra impareggiabile e Weaving è un leone azzoppato che sa farsi ascoltare anche senza un fucile. La La Land potrà anche prendersi le luci, ma il cuore è ne La battaglia di Hacksaw Ridge.

Il trailer de La battaglia di Hacksaw Ridge 

La battagli di Hacksaw Ridge - il capitano Glover (Sam Worthington)
Lido di Venezia, 73° Mostra del Cinema - (da sx): Hugo Weaving, Mel Gibson,
Steve Vaughn, Teresa Palmer, Andrew Garfield e Luke Bracey © La Biennale foto ASAC