|
Elementhal (2023) |
Pixar e Dreamworks ci avevano abituato a capolavori di animazione. Oggigiorno sono mere succursali di un buonismo nauseabondo che ci propina un mondo fasullo che non c'è.
di Luca Ferrari
Viviamo nella società per eccellenza dove il diverso non solo viene emarginato, ma addirittura sbeffeggiato sul web. In questa voragine sociale, l'animazione cinematografica ci snocciola storielle all'acqua di rose dove la diversità è un valore che alla fine tutti apprezzano, travolgendo lo spettatore con moralismi esasperati. Ultimi esemplari di questo trend, Elementhal (di Petere Sohn, 2023, Pixar Animation Studios) e Ruby Gillman - La ragazza con i tentacoli (di Kirk DeMicco, 2023, Dreamworks Animation). Effetti speciali e grafiche sontuose, sì. Film che sapranno conquistare giusto i più piccoli ma che rendono la diversità quasi un scherzo. Un gioco che quando cresceranno, si troveranno a chiedersi: ma non doveva essere tutto bello e amorevole? E alla fine, forse ci faremo tutti una bella gara di pianto (colpo di genio di Elementhal, lo ammetto, ndr) ma questa volta, sul serio.
Dopo la Sirenetta Disneyana, tratta una da novella dello scrittore danese Hans Christian Andersen, improvvisamente spogliata dei suoi canoni nordici, l'ultima pagliacciata in ordine temporale, è la nuova incursione nel mondo di Biancaneve, talmente rielaborata nell'accontentare qualunque sfaccettatura che all'appello mancava solo la "creatura" fascista, comunque ben accolta dal resto del gruppo nel nome della tolleranza e del politically correct. A questo si aggiungano dichiarazioni di attori giovani e navigati, vedi Zendaya e Tom Hanks, che ribadiscono come non farebbero più certi ruoli o li dovrebbero fare solo gente che nella vita reale è proprio quello che è. Curioso, pensavo che il mestiere di attore fosse esattamente l'opposto. Se qualcuno volesse propinarci un insegnamento autentico, non è certo far vedere un mondo a un unico colore multietnico che passerà il messaggio.
Il mondo è vario ma dietro le facciate buoniste, nella vita reale un credo religioso così come un orientamento sessuale, può allontanare le persone, e lo fa. Se al momento i bambini ci chiedono con innocenza se anche due donne o due uomini si possano sposare e avere figli, il banco di prova sarà tra una decina di anni, quando saranno adolescenti in via di sviluppo, ormonale e intellettuale. Raccontare una fiaba esageratamente buonista come se fosse la sola lingua parlata nel mondo, non è (mai stato) un grande affare e prima di dirci che potremo vivere in una società cosmopolita dove si rispettano le peculiarità di chiunque, forse sarebbe più educativo mostrare cosa sia davvero il mondo e lasciare che i bambini siano bambini, godendosi le storie nella loro semplicità anche perché quella cosiddette "differenze", loro non le vedono e non hanno bisogno che nessuno gli dica che "devono essere accettate".
Sono cresciuto col cinema degli anni '80. Come per ogni epoca, ci sono aspetti postivi e altri meno. Alcuni insegnamenti però, andrebbero ripresi e visto che parliamo di animazione, prendo uno dei cartoni animati più iconici dell'epoca: l'Uomo Tigre. Ho passato l'infanzia a vederlo e sì, è estremamente violento ma allo stesso tempo, dietro quella maschera da "diavolo giallo", c'è un orfano che lottava contro le ingiustizie e nello specifico, un'associazione malvagia. Tutto ciò che guadagnava poi, lo devolveva ai poveri nel completo anonimato. Straziante il discorso che fa l'amico Baba sotto mentite spoglie (Grande Zebra), spiegando all'Uomo Tigre perché sia salito sul ring per aiutarlo in un match mortale. Vi consiglio di ascoltarlo per intero dalla community Facebook, ironicamente chiamata: "Sopravvissuti ai traumi infantili provocati dai cartoni animati giapponesi". Fidatevi, le lacrime che vi sgorgheranno dagli occhi, saranno poeticamente sincere.
|
Baba e Uomo Tigre (1970) |