Bowling for Columbine (2002), Marilyn Manson |
di Luca Ferrari
Il 20 aprile 1999, alla Columbine High School, tra Denver e Littleton in Colorado, gli studenti Eric Harris e Dylan Klebold entrarono armati di fucile e ammazzarono dodici ragazzi, più un insegnante. Al termine della mattanza i due giovani si suicidarono. Il fatto di cronaca fece il giro del mondo. L’America fu paralizzata. Scioccata. Le istituzioni perbeniste si misero subito alla ricerca del capro espiatorio.
Per la Destra religiosa americana, il responsabile fu uno solo, la band Marilyn Manson, trascurando “forse” il fatto che negli Stati Uniti chiunque può avere accesso ad armi anche di grosso calibro con estrema facilità. In questi giorni è di scena il Festival di Cannes, dove nel 2002 il regista Michael Moore presentò il documentario Bowling for Columbine, ispirato alla suddetta tragedia. Nella pellicola Premio Oscar 2003 come miglior documentario, trovò spazio anche un’intervista al presunto istigatore di morte, suicidi e satanismo.
“Da ragazzo la musica era l’unica via di fuga. L’unica cosa che non comportasse giudizi" attacca subito Brian Warner in arte Marilyn Manson, "Capisco perché scelgono me. Credono sia facile buttare la mia faccia in tv perché in fin dei conti sono un ragazzo-manifesto della paura. Rappresento ciò che tutti temono. Faccio e dico quello che voglio.
“I sottoprodotti che quella tragedia ha generato sono stati la violenza nello spettacolo e il controllo delle armi, e guarda a caso sono stati i due temi di cui si sarebbe parlato alle successive elezioni, e anche allora abbiamo dimenticato Monica Lewinsky. E abbiamo dimenticato che il presidente lanciava bombe oltre mare. Eppure il cattivo sono io che canto delle canzoni rock. Ma chi ha più influenza, il presidente o Marilyn Manson? Mi piacerebbe essere io ma punterò sul presidente”.
A quel punto il regista gli chiede: lo sai che il giorno della strage alla Columbine gli Stati Uniti lanciarono sul Kosovo più bombe che ogni altra volta?", Si lo so" replica il rocker, "e mi sembra davvero ironico che nessuno abbia detto, beh, forse il presidente ha avuto qualche influenza su quel comportamento violento, ma non è in quel modo che i media voglio rigirarla e trasformarla in paura.
Poi guardi la televisione, il telegiornale. Ti riempiono fino a quassù di paura. Ci sono alluvioni, l’Aids, ci sono omicidi, pubblicità. Compra la cura. Colgate. Se hai l’alito cattivo, non ti rivolgeranno la parola. È una campagna di paura e consumo, e si basa tutta su questo criterio: lascia che continuino ad avere paura e consumeranno".
“Se dovessi rivolgerti ai ragazzi o alla gente di quella comunità, cosa diresti loro se fossero qui adesso?” chiede in ultima battuta Moore. “Non direi loro nessuna parola” chiude MM, “Ascolterei quello che hanno da dire, ed è ciò che nessuno ha fatto”.
Bowling for Columbine (2002), Michael Moore intervista Marilyn Manson |
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