Il quinto potere - Daniel e (Daniel Brühl) e Julian Assange (Benedict Cumberbatch) |
di Luca Ferrari
Inarrestabili cicale dei dati contro ignare formiche della spensierata condivisione. WikiLeaks per un mondo libero e trasparente. WikiLeaks inflessibile rivelatore dei segreti dei potenti della Terra. Da una parte un esercito di cyberpunk e sostenitori dei sacri diritti dell’individuo, dall’alta una democratica dittatura privato-globalizzata che monitora ogni passo digitale-telematico dei cittadini, conservando il tutto in appositi scaffali (il)legali.
Diretto dal newyorkese Bill Condon, Il quinto potere (The Fifth Estate) accende la telecamera sul giornalista australiano Julian Assange (uno straordinario Benedict Cumberbatch), ideatore e fondatore di WikiLeaks, organizzazione internazionale senza scopo di lucro che sostiene la privacy dei cittadini e la trasparenza per Governi e Corporations, pubblicando in modo integrale documenti riservati senza mai citare le fonti.
Il quinto potere scorre sulle montagne russe della personalità di Assange, tendente nel corso dei 129 minuti a scemare sempre più in favore del suo più morigerato braccio destro, Daniel Domscheit-Berg, qui interpretato dall’altrettanto eccellente Daniel Brühl, passato dal mito di Niki Lauda in Rush (2013, di Ron Howard) ad alfiere della rivoluzione dell'informazione online.
Anche il giornalista del Guardian, Nick Davies (David Thewlis), che in principio sposa la causa wikileaksiana di Assange, presentando addirittura Julian e Daniel come i nuovi Woodward e Bernstein (i cronisti del Washington Post la cui inchiesta sullo scandalo Watergate portò alle dimissioni l’allora presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon), inquadra Assange sempre più come un egocentrico del tutto incurante delle conseguenze delle sue pubblicazioni.
La condivisione sul web di centinaia di migliaia di questi documenti diplomatici confidenziali/segreti ha di fatto scoperchiato molti lati oscuri del modus operandi di Washington. E il film in qualche modo (più di uno) tende quasi ad assolvere certi comportamenti.
Palesemente di parte e mirante alla commozione, le lacrime del funzionario governativo Sarah Shaw (Laura Linney) quando un suo storico collaboratore nel governo libico riesce a fuggire da Tripoli prima che certe notizie pubblicate da WikiLeaks arrivino alle aguzzine orecchie della famiglia Gheddafi.
Nel giro di pochi anni il sito di WikiLeaks è passato da mero canale di controinformazione più o meno conosciuto ad autentica minaccia per la sicurezza mondiale, Stati Uniti in testa. E il suo deus ex-machina Julian Assange uno degli uomini più ricercati d’America.
A oggi il giornalista australiano vive a Londra rintanato nell’ambasciata dell’Ecuador, nazione che gli ha garantito asilo politico. Di fatto però non può abbandonare la sede diplomatica. Sulla sua testa c’è un’accusa di violenza carnale ai danni di una donna svedese per la quale il governo di Stoccolma lo vorrebbe processare, ma il timore è che verrebbe subito estradato negli alleati States.
Dalla realtà rivisitata sul grande schermo al presente più attuale. Nell’ottobre 2013 è esploso il Datagate con gli USA in prima linea nello spiare telefonate di Germania, Francia, Italia e perfino (pare) di Papa Francesco. Critiche mosse da ogni latitudine. Ma aldilà dell’evidente violazione (prassi comunque tra le nazioni più “evolute”), il dato impressionante è che nessuno si scandalizza nel regalare ogni singolo dettaglio della propria vita ai social network, dicendo così addio per sempre a qualsiasi brandello di privacy.
Assange o non Assange, la triste verità è che siamo sotto stretta osservazione dalla mattina alla sera. I governi sono stati così bravi a renderci dipendenti da telefonia mobile e internet. Così agendo, lasciamo tracce e anche in questo momento, voi che state leggendo, sanno che avete aperto questo articolo e a meno che non mi critichiate aspramente, il vostro silenzio potrebbe avere il sapore di condivisione delle mie idee o di quelle di Julian Assange.
Il coraggio è contagioso, ripete Julian Assange. Per opportunismo le persone cambiano opinione, sottolinea l’attore inglese Benedict Cumberbatch nei panni del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange. La libertà mondiale è sempre più in pericolo. Tanto nelle dittature proclamate come Cina e Russia, tanto nel libero Occidente Fallaciano.
Cosa vogliamo fare della libertà? Vogliamo provare a riprendercela o ci limiteremo a condividere il nostro disappunto su Facebook e Twitter?
Il quinto potere (2013, di Bill Condon) |
Il quinto potere (2013, di Bill Condon) |
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