E.T. e il regista Steven Spielberg |
Questa non è una recensione. Quella la scriverò subito dopo. J.J. Abrams può aspettare. È il mio 26° film al cinema del 2011. La sensazione è sempre quella. Finché sono in sala, mi sento pervaso da poteri.
di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – web writer
E vorrei che ogni storia cui assisto potesse continuare. O che io la continuassi. E ogni volta che esco fuori, e inizio a osservare il mondo, vedo davvero poco che mi attiri. Cerco ancora il mio salto nel tempo. Sono ancora in tempo? C’è qualcuno che mi crede? Qualcuno ha davvero voglia di credermi?
Nel 2002, quando mi ero da poco trasferito a Firenze e avevo appena cambiato abitazione rintanandomi in un monolocale, per qualche strano motivo, tra le tante cose che mi appesi al muro, su una mensola in legno che usavo per cd e videocassette, c’era anche una foto grande di Steven Spielberg che girandosi verso chi si sedeva sulla scrivania, faceva il gesto di applaudirlo.
Forse non lo avete ancora capito bene. Non mi accontento di vedere un film e poi scrivere una recensione. Vedere un film è come vedere un’opera d’arte per la prima volta, e poi poterla rifare in miniatura con un altro linguaggio. Adesso ho a fianco un bicchiere di latte, e qualche biscotto. E dalla sensazione sempre più forte che una volta c’era davvero il tempo di cambiare tutto, oggi resta l’illusione che qualcosa sia stato fatto. Eppure...già, eppure. Io proseguo.
di Luca Ferrari, ferrariluca@hotmail.it
giornalista/fotoreporter – web writer
E vorrei che ogni storia cui assisto potesse continuare. O che io la continuassi. E ogni volta che esco fuori, e inizio a osservare il mondo, vedo davvero poco che mi attiri. Cerco ancora il mio salto nel tempo. Sono ancora in tempo? C’è qualcuno che mi crede? Qualcuno ha davvero voglia di credermi?
Nel 2002, quando mi ero da poco trasferito a Firenze e avevo appena cambiato abitazione rintanandomi in un monolocale, per qualche strano motivo, tra le tante cose che mi appesi al muro, su una mensola in legno che usavo per cd e videocassette, c’era anche una foto grande di Steven Spielberg che girandosi verso chi si sedeva sulla scrivania, faceva il gesto di applaudirlo.
Forse non lo avete ancora capito bene. Non mi accontento di vedere un film e poi scrivere una recensione. Vedere un film è come vedere un’opera d’arte per la prima volta, e poi poterla rifare in miniatura con un altro linguaggio. Adesso ho a fianco un bicchiere di latte, e qualche biscotto. E dalla sensazione sempre più forte che una volta c’era davvero il tempo di cambiare tutto, oggi resta l’illusione che qualcosa sia stato fatto. Eppure...già, eppure. Io proseguo.
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