Il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer (1922-1984) |
di Luca Ferrari
“Il film non è un’esaltazione di Enrico Berlinguer” spiega il giovane veneziano Danny Carella, consigliere PD di municipalità di Lido-Pellestrina, “Ne mette in mostra i suoi lati più umani. L’allegria nascosta di una persona che per anni ha portato sulle spalle il peso di milioni di italiani, quelli più bisognosi di aiuto. La sua grinta nello sfidare l’apparato sovietico a Mosca, da solo, rivendicando come la democrazia fosse un valore fondamentale e irrinunciabile”.
A trent'anni dalla sua morte, la settima arte ci (ri)presenta il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer. Dopo il breve documentario La voce di Berlinguer (2013, di Mario Sesti e Teho Teardo), presentato in anteprima nella sez. Fuori Concorso/Proiezioni Speciali della 70° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, l'ex-segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, porta sul grande schermo Quando c'era Berlinguer (2014).
Un giro iniziale fuori dalle università per chiedere ai giovani se conoscano Berlinguer (con alcune risposte ricevute a dir poco imbarazzanti) e poi il viaggio dell'ex-sindaco di Roma prende subito quota tra filmati d'epoca e commenti contemporanei. “Veltroni ha fatto un ottimo lavoro” analizza Carella, “Ha saputo coniugare al meglio immagini, interviste e sentimenti. Tra le scene più toccanti, le parole commosse di Silvio Finesso, operaio della Galileo a Battaglia Terme, e quelle del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano”.
Enrico Berlinguer è stato per più di dodici anni (1972-1984) il segretario del Partito Comunista Italiano, fino al giorno della sua tragica morte a Padova. Non lo si potrebbe nemmeno chiamare un precursore dei tempi perché quel futuro da lui provato a creare insieme all'omologo DC, Aldo Moro (rapito e ucciso dalle Brigate Rosse), nessuno lo ha più voluto. Un futuro dove la coesione del popolo italiano valeva più di qualsiasi ordine impartito dalle rispettive navette madri.
Già le Brigate Rosse. Si parla anche di loro nel documentario. Parlano anche loro. Non solo dal basso delle loro violente azioni assassine, ma sedute e rilassate. “Non mi è piaciuta la presenza di Alberto Franceschini (fondatore della suddetta organizzazione terroristica di estrema sinistra, ndr) chiarisce Danny, laureato in Storia contemporanea con tesi su Berlinguer, “lo trovo l’unico neo del documentario. Persone di quella risma dovrebbero essere colpite da damnatio memoriae, non intervistate e tanto meno in un contesto simile”.
Socialismo della libertà. Fermezza e serenità di spirito. Democrazia universale. Missione della politica. Parole e concetti che in Enrico Berlinguer trovarono realismo e concretezza, facendolo sembrare, a tratti, quasi un personaggio "guareschiano" tanto era genuino. Non è un caso che Veltroni abbia inserito nel documentario uno spezzone del film Don Camillo (1952, di Julien Duvivier), teatro di scontri epocali catto-comunisti tra l'omonimo prete reazionario (Fernandel) e il sindaco rosso Giovanni Bottazzi detto Peppone (Gino Cervi).
Nelle parole dei molti personaggi intervistati tra cui anche la figlia Bianca, si scopre qualcosa di più di Enrico Berlinguer. La sua fermezza. La sua fragilità. Il suo amore per le genti. Tutte quelle lacrime di vero dolore delle milioni di persone accorse al suo funerale danno una chiara idea di cosa quell'uomo significò per una nazione che di lì in poi sarebbe scivolata in una crisi politica e di valori, in cui ancora sguazza e annaspa.
“Un viaggio nel tempo. Io non c’ero in quegli anni però a vedere le immagini di quel palco a Padova provo sempre una strana sensazione. Un qualcosa d'incompleto. È come se sperassi ogni volta che guardando quelle scene, il finale fosse diverso” prosegue Danny subito dopo la proiezione di Quando c'era Berlinguer, “Chiudo gli occhi e vedo Enrico che finisce il suo discorso in maniera ferma ma pacata. Beve un bicchiere d’acqua. Regala un timido sorriso per ringraziare i presenti. Poi si gira, abbraccia un giovane Flavio Zanonato (ex-Ministro dello Sviluppo Economico del Governo Letta, ndr) alla sua sinistra, risaluta il pubblico e scende. Chissà come sarebbe ora l’Italia se la storia non fosse andata così. Ci penso spesso ma non riesco mai a darmi la stessa risposta”.
Berlinguer dal palco ne ha per tutti. Per sé e per gli altri. Se il Partito Comunista dovrà fare i conti con la Democrazia Cristiana, anche quest'ultima "prima o poi si dovrà decidere a fare i conti con il Partito Comunista e l'insieme delle forze della Sinistra". Parole a dir poco rivoluzionarie. Berlinguer voleva una collaborazione che legittimasse tutti (il Compromesso Storico). Berlinguer non voleva un'Italia spaccata in due (…).
Chi era allora Enrico Berlinguer? Uno troppo filo-sovietico per gli americani e uno troppo filo-americano per i sovietici. “Era una persona integerrima. Timida, ma con il martello. Non fu mai incudine. Era il massimo di quello che un democratico poteva desiderare” dice di lui il giornalista Eugenio Scalfari. “Comunista è un termine che non mi ha mai fatto paura perché l'associo con quella faccia, con quelle parole, con quell'onestà” dice il musicista Lorenzo Cherubini.
Quando c'era Berlinguer io non ero ancora nato. Quando c'era Berlinguer io ero solo un bambino che andava all'asilo e frequentava i primi anni della scuola elementare. Quando c'era Berlinguer mi hanno raccontato esisteva un'Italia ancora capace di credere in un ideale, in un'etica e nella politica. Un'Italia con un futuro. Quando c'era Berlinguer si poteva ancora fare il segno della croce e alzare il pugno della mano sinistra nello stesso istante.
Quando c'era Berlinguer (2014, di Walter Veltroni) |
Quando c'era Berlinguer - il giornalista Eugenio Scalfari |
Quando c'era Berlinguer - il comico Roberto Benigni con Enrico Berlinguer |
Quando c'era Berlinguer (2014, di Walter Veltroni) |
Quando c'era Berlinguer (2014, di Walter Veltroni) |
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