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venerdì 24 ottobre 2025

Genocidio a Srebrenica... Quo vadis, Aida?

Quo vadis, Aida? - le milizie serbe

Il disperato tentativo di salvarsi dall'imminente genocidio di Srebrenica, tra derive assassine e immobilismo internazionale. Quo Vadis, Aida? (2020, di Jasmila Žbanić).

di Luca Ferrari

La follia nazionalista serba. La pianificazione per l'eliminazione sistematica di oltre 8.000 bosgnacchi (musulmani bosniaci) a Srebrenica. L'indifferenza della comunità internazionale e l'incapacità delle truppe olandesi di far valere il diritto internazionale di una safety zone delle Nazioni Unite. Le vergognose bugie del generale Mladic, date in pasto ai civili prima di iniziare il più spietato dei massacri contro civili inermi. Una delle pagine più tragiche della Guerra dei Balcani (1991-1996) è sbarcata sul grande schermo. La regista Jasmila Žbanić ce lo racconta in Quo Vadis, Aida (2020)? attraverso gli occhi imponenti dell'interprete locale Aida Selmanagic (Jasna Đuričić), film presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e candidato agli Oscar 2021 per il Miglior film internazionale.

Luglio 1995. Srebrenica è accerchiata dalle forze militari della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. La cittadina bosniaca però, è stata dichiarata safe area dalle Nazioni Unite. Alla falange serba questo non interessa. È già stato tutto pianificato. I maschi musulmani di Bosnia (bosgnacchi) devono essere catturati ed eliminati. La gente ha paura. Cerca rifugio nella base ONU presidiata da un incapace contingente olandese sotto i comandi del colonnello Jhom Karremans (Johan Heldenbergh). I serbi hanno vita facile. Promettono un salvacondotto per chiunque desideri andarsene: donne, bambini e uomini. Lo stesso generale Ratko Mladic (Boris Isaković) parla lucidamente senza far trasparire alcuna emozione. Sta mentendo e lo sa bene. Il regista non si inventa nulla. La realtà supera l'orrore. Lo potete vedere voi stessi nel video (originale) successivo, quando il macellaio tranquillizzò la gente di Srebrenica.

Srebrenica 1995- Ratko Mladic 

In questo teatro di morte imminente, Aida prova l'impossibile per salvare migliaia di persone, inclusa la sua famiglia, il marito Nihad (Izudin Bajrović), i due figli Hamdija (Boris Ler) e Sead "Sejo" (Dino Bajrović). Li nasconde nella base, cerca di farli mettere nella lista del personale ONU ma nulla può contro la cieca burocrazia e la scure della morte. L'orrore fa il suo corso senza che nessuno opponga resistenza. I civili vengono ingannati. Addirittura i militari serbi regalano pane, dolci e coca cola, per poi caricarli in autobus e ucciderli nel nome di non si sa bene quale ideologia, ma questo non è ancora il peggio a cui assistere. La guerra dilania. La guerra terrorizza. La guerra distrugge e poi... poi finisce. La gente torna alla vita di una volta. C'è chi addirittura torna a vivere nel cuore della carneficina, lì, a Srebrenica. Ed è allora che l'orrore ritorna, ancora più violento poiché silenzioso e legalizzato.

Aida è ormai una vedova e senza più l'amore dei suoi figli. Ha deciso di riprendere l'insegnamento proprio lì, dove ha perduto tutto. Rivede gli aguzzini di un tempo. Perché sì, i grandi nomi saranno anche stati portati alla sbarra del tribunale dell'Aja (Milosevic, Karadžić, Mladic) ma i pesci più piccoli, gli esecutori materiali, quelli che provavano anche piacere a premere il grilletto come il terribile Joka (Emir Hadzihafizbegovic), sono a piede libero, e conducono una vita come se nulla fosse successo. Joka ha una moglie e una figlia. Lavora e vive come se con le fosse comuni, dove furono nascosti i corpi di Srrebrenica, lui non c'entrasse nulla. Aida lo vede e prosegue. Continuerà a vederlo e a essere vista. La storia di Aida, come di migliaia di altre vittime innocenti, si spegne nel silenzio di un pianto strozzato senza alcun conforto.

Nel 1995 è stato commesso un genocidio a Srebrenica. Nel 2025 è avvenuto sulla striscia di Gaza per mano del governo israeliano (fonte, Nazioni Unite). Gli anni sono passati ed è tutto peggiorato. Trent'anni fa si sapeva poco. Oggi si sa tutto ma non cambia niente lo stesso. Tante futili manifestazioni e/o prese di coscienza non hanno cambiato di una virgola il destino di morte di migliaia di palestinesi. L'attenzione mediatica e le flebili prese di posizione politica hanno sortito lo stesso effetto dei militari olandesi dinnanzi ai macellai serbi. Allora come oggi, i documenti per fermare il massacro li ha imposti chi è stato la causa del sangue versato. I vergognosi accordi di Dayton non sono differenti dal cessate il fuoco ratificato a Sharm el-Sheikh, in Egitto, dai mercanti di morte. 

La guerra dei Balcani è una delle pagine più tragiche e dolorose dell'Europa del dopoguerra. Una vicenda che non è mai interessata al Vecchio Continente e su cui ha frettolosamente deposto una cappa di fumo pesto. Di quel conflitto che coinvolse in particolare le ex-regioni slave di Croazia, Bosnia e Serbia, si racconta ancora troppo poco o niente. Nel 2025 il nome di Srebrenica è balzato alle cronache semplicemente perché era il 30° anniversario del genocidio, per altro tutt'ora negato dall'attuale presidenza serba. Dai grandi organismi internazionali solo tanta messinscena e poco altro, come veniva raccontato nel bellissimo The Hunting Party (2007, di Richard Shepard). Quale che sia il suo "colore", il fascio-nazionalismo è una piaga che continua ad avvelenare il mondo, la ex-Jugoslavia così come l'Italia. Trent'anni dopo il genocidio di Srebrenica è ancora sempre più vergognosamente e crudelmente noi contro di voi e voi contro di noi. Ma noi chi? Ma voi chi?

Il trailer di Quo Vadis, Aida?