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lunedì 29 febbraio 2016

Sarajevo città assediata

Benvenuti a Sarajevo (1997, di Michael Winnterbottom)
Vent’anni fa esatti, il 29 febbraio 1996, finiva il sanguinoso assedio di Sarajevo nell’ignorata Guerra dei Balcani. La politica come il cinema l’hanno dimenticata.

di Luca Ferrari

Sarà perché sono i miei vicini di casa ma la guerra dei Balcani sanguina ancora nei miei ricordi, passati e presenti. Un orribile massacro perpetrato in particolare ai danni dei bosgnacchi (i musulmani bosniaci) di cui la Comunità Internazionale non si curò. E anche il cinema non è stato da meno. Tralasciando prodotti indipendenti, solo rarissime grandi produzioni hanno toccato l’argomento. Perché?

È facile raccontare ciò che non c’è più. Aldilà di sparuti e propagandistici proclami dalle parti di Teheran e in qualche scatola cranica vuota, sull’orrore perpetrato dai Nazisti nella II Guerra Mondiale non vi è alcun dubbio. Il problema semmai è che a giudicare dai servizi di Rai Storia, fiction e film, sembra che dal ’45 in poi il mondo abbia trovato la pace universale. Le cose non sono andate esattamente così.

Elencare le guerre dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi mi porterebbe via non so quanto tempo. Anche ora, in questo istante che sto scrivendo, sono in corso scontri sanguinosi: Siria, Iraq, Afghanistan, Yemen, etc. Alcuni dichiarati, altri no. O meglio, ignorati. Emblema di tutto ciò, la Guerra dei Balcani (1991-’95), di cui oggi 29 febbraio 2016 ricorre il ventennale della fine del sanguinoso assedio di Sarajevo, il più lungo della storia postbellica.

Non posso pretendere che all’egocentrica Europa interessi davvero qualcosa che succede al di fuori dei propri Illuministici e ipocriti confini (inclusi i genocidi perpetrati in Africa, Australia e Sud America), ma mi sorprende (si fa per dire) che di un conflitto avvenuto nel proprio cuore multietnico, l’ex-Jugoslavia per l’appunto, non vi sia il minimo sentimento di commemorazione né ricordo con la sola (tardiva) eccezione del genocidio di Srebrenica.

Perché si è parlato-parla così poco della guerra dei Balcani? Forse si vuole fargliela pagare per essere stata una nazione comunista (per la cronaca il capo supremo dell’ex-Jugoslavia, Tito, era uno dei pochi non allineati né con gli USA né con l’URSS) o magari per le atrocità delle foibe? O forse perché alla stregua dei nazisti gli slavi non sono altro che zingari e quindi se si vogliono massacrare tra di loro, facciano pure?

Qualcosa proprio non mi torna e l’ignoranza sull’argomento è a tratti desolante. Se avessi la voglia (e il tempo) di piazzarmi fuori dalle università in stile Walter Veltroni-Quando c’era Berlinguer (2014), sono certo quasi nessuno saprebbe circoscrivermi quella guerra. Parlarmi delle forze in campo. Quando e perché è iniziata, etc. Eppure parliamo di un conflitto piuttosto recente.

In concomitanza con ogni Giornata della Memoria (27 gennaio), puntuali cinema e televisione si scatenano con tutto il possibile sulla Shoah. Quest’anno inoltre sul grande schermo sono arrivati Remember (di Atom Egoyan), presentato a Venezia, e il toccante Il labirinto del silenzio (di Giulio Ricciarelli, prossimamente su cineluk la recensione).

Senza entrare nell’orticello di film indipendenti visti da pochi eletti, se penso a film arrivati al grande pubblico che trattano l’argomento Balcani, ecco: 

  • Benvenuti a Sarajevo (1997, di Michael Winnterbottom con Woody Harrelson, Marisa Tomei)
  • No Man’s Land (2001, di Danis Tanovic), vincitore del Golden Globe e premio Oscar come Migliore film straniero
  • The Hunting Party (2007, di Sam Shepard con Richard Gere, Terrence Howard e Jesse Heisenberg)
  • Venuto al mondo (2012, di Sergio Castellitto con E. Hirsch e Penelope Cruz)
  • A Perfect Day (2015 di Fernando Leon de Aranoa, con Benicio Del Toro, Olga Kurylenko e Tim Robbins)

Emblema di tutto ciò, Nella terra del sangue e del miele (2011) il primo film da regista della premio Oscar, Angelina Jolie. Una superstar mondiale che non riuscì a trovare una distribuzione in Italia. Davvero assurdo, o quanto meno curioso. Menzione a parte per il documentario Miss Sarajevo (1995) di Bill Carter, di cui vennero estrapolati spezzoni per l’omonima canzone-videoclip interpretata dalla rockstar Bono (U2) e il tenore Luciano Pavarotti.

I Balcani non interessano, è indubbio. La Bosnia è una nazione abbandonata a se stessa senza che a Bruxelles freghi nulla. A parte i grossi nomi, i tanti criminali di guerra circolano senza problemi e la UE in tutto questo non mette bocca. Impegno pari allo zero assoluto. In linea perfetta il piccolo e grande schermo, tanto probi a raccontare le sofferenze del popolo ebraico, del tutto indifferente a uno sterminio che ha visto tornare in Europa i famigerati campi di sterminio.

Ma forse è proprio questo il punto: l’ex-Jugoslavia non viene considerata Europa o comunque un'Europa minore. È una cosa a parte. E dunque val bene il menefreghismo. I criminali nazisti o sono morti o stati processati. Moltissimi criminali della Guerra dei Balcani sono ancora liberi. Per capire il presente serve conoscere il passato, ma quest’ultimo non è una prerogativa del ’15-18 o del ’39-’45. Sarebbe ora che anche il cinema e non solo facesse la sua parte.

Venuto al mondo (2012, di Sergio Castellitto)
The Hunting Party (2007, di Sam Shepard)

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