L'ultima parola – Dalton Trumbo (Bryan Cranston) |
di Luca Ferrari
“È stato un periodo di paura dove nessuno è stato risparmiato”. Parla così Dalton Trumbo a proposito della caccia alle streghe del Maccartismo. Lui che ha dovuto abbandonare la sua famiglia per trasferirsi in gattabuia semplicemente perché aveva delle banalissime opinioni. Trumbo parlava del Maccartismo ma avrebbe benissimo potuto essere un anti-protagonista di altre epoche, inclusa la nostra. Basato sulla biografia "Trumbo" di Bruce Alexander Cook, L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo (di Jay Roach).
Dalton Trumbo (Bryan Cranston) è uno sceneggiatore di successo. I suoi film vengono visti da milioni di persone. Qualcosa però si sta per complicare. Sono i primi anni del dopoguerra e dalla minaccia del Nazi-Fascismo, cosa che spinse molti americani a simpatizzare per il Partito Comunista (Trumbo e tanti colleghi inclusi), si passa a un periodo buio di sospetto verso i filo-rossi (ora diventati nemici dopo lo “scoppio” della Guerra Fredda) che presto comincerà a far male sul serio con la creazione di famigerate liste nere.
Trumbo è un uomo più che benestante. Vive in una bellissima casa fuori città con tanto di laghetto e cavalli. È un uomo però che parla di diritti dei lavoratori. È un uomo che si espone in prima linea sostenendo lo sciopero dei lavoratori del cinema mettendosi contro i grossi produttori cinematografici. E così, quando inizia la caccia al comunista, inevitabile che lui e altri colleghi, proprio perché visi noti, vengano subito messi al centro della vicenda.
Trumbo e gli altri 10 di Hollywood vengono obbligati a comparire in Giudizio. Il processo è una farsa. Aizzati dalla spietata Hedda Hopper (Helen Mirren), un tempo attrice e ora direttrice di una seguitissima rivista pattinata, li vogliono tutti colpevoli. In prima linea contro di loro, anche il possente John Wayne (David James Elliott). Un uomo che parla di valori americani da difendere, ma che nel corso del secondo conflitto mondiale era sul set a girare mentre il “rosso” Trumbo e altri presunti comunisti-americani, oggi minaccia per la patria, sul campo a difendere la suddetta.
"Ma chi è un comunista?" chiede la giovane figlia Niki (Madisol Wolfe), quando è ancora una bambina. Il saggio Dalton allora le dice: se tu hai il tuo piatto preferito per pranzo e vedi una tua compagna senza niente, cosa fai? "Le do un po’ del mio piatto", risponde lei. Sei sicura? Non te la mangi tutta tu? "No, insiste lei". Ecco, allora sei anche tu una comunista. Dolce spiegazione. Spiegazione semplificata di un concetto che va ben oltre il comunismo. Un modo di intendere la vita (anche) come un aiutarsi l'un l'altro.
Trumbo finirà inesorabile in galera e quando arriverà il momento del reintegro in società, chi mai gli affiderà una sceneggiatura da scrivere? Nessuno, è ovvio. Agli occhi dei suoi concittadini ormai è un traditore venduto a Mosca. Per tirare a campare la soluzione non è che una: scrivere sotto falso nome e così mantenere la famiglia. Ma non è solo il lavoro a risentirne. Trattandosi di una caccia alle streghe, Trumbo viene visto come un appestato e pertanto si merita il peggio come presto scopriranno anche i suoi stessi figli e la dolce moglie Cleo (Diane Lane).
Hollywood è una giungla, ma ciò significa che si può anche trovare chi non frega nulla dei propri interessi politici. Ed è così che Trumbo inizia scrivere a un ritmo frenetico per i fratelli King, Hymie (Stephen Root) e soprattutto il corpulento Frank (John Goodman). Quando poi il divo Kirk Douglas (Dean O'Gorman) gli chiederà espressamente di riscrivere una “epica” sceneggiatura, esponendosi in prima linea per lui, così come farà anche il celebre regista Otto Preminger (Christian Berkel), qualcosa nella macchina della censura e dell'isterismo inizierà a incrinarsi.
A differenza dei troppi idealisti che si accontentano di fare una battaglia convinti di poter cambiare il mondo con le buone azioni, Trumbo si definisce un ricco radicale scaltro come Satana. Combatte una battaglia comune ma la fa in primo luogo per se stesso e senza velleità di martirio. Vuole riprendersi ciò che è suo. Non gli basta vincere premi sotto mentite spoglie. In quella fatidica notte degli Oscar lui vuole essere protagonista perché di male né di sbagliato non ha fatto proprio nulla.
Un film importante L'ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo. Un film dove si parla di “reato d’opinione” e su cui in pochi hanno voglia di far sapere cosa ne pensano davvero. Al timone della pellicola c’è un signore che non si può certo dire sia in prima linea sul fronte del cinema impegnato (Austin Powers, Ti presento i miei, A cena con un cretino). Il suo nome è Jay Roach. A dirla tutta però, nel precedente Candidato a sorpresa (2012), già faceva la sua comparsa una critica non poco velata a quella politica americana più becera e strangolata dalle donazioni dollaresche delle avide corporation.
Strana nazione gli Stati Uniti. Tanto solerti a scendere in campo (armi incluse) e denunciare violazioni dei diritti umani ovunque nel mondo, e allo stesso tempo eccelsa nel minimizzare ciò che gli successe in casa. Dallo sterminio dei veri nativi americani alla segregazione razziale passando appunto per il Maccartismo. Un periodo nerissimo che come riporta a fine pellicola anche il film, portò alla distruzione di centinaia di migliaia di famiglie in un clima da autentico Medioevo. Numerosissimi furono anche i suicidi accertati.
Dulton Trumbo è stato uno dei tanti esiliati di Hollywood. A differenza di altri però, dopo essere finito al tappeto, si è rialzato e ha vinto il match della vita. Un uomo cui tutta l’industria cinematografica forse gli dovrebbe qualcosa, e invece a giudicare dalle nomination & riconoscimenti fin qua non ricevuti, si direbbe l’esatto opposto. Come a dire, “grazie ma la gloria è di chi si attiene al sistema e non certo a chi la pensa fuori dal gregge”.
Protagonista indiscusso del film, Bryan Cranston, un attore che in molti conoscono per il suo Walter White nella serie televisiva cult Breaking Bad. L’attore californiano classe '56 non è certo un neofita. Capo di Ben Affleck in Argo (2012), sindaco adultero in Rock of Ages (2012) senza dimenticare le tante comparsate sul piccolo schermo; di queste, epica la sua “odiosa” interpretazione in How I Met Your Mother dove per alcune puntate fu il celebre architetto Hammond Druthers, capace di progettare un grattacielo a forma di pene.
Co-protagonisti di altissimo lignaggio, la premio Oscar Helen Mirren (malefica e odiosa) e John Goodman. Se della prima c’è ben poco da aggiungere, il secondo, già insieme a Cranston nel sopracitato Argo, continua ad aggiungere performance eclettiche alla sua lunghissima carriera. Per la serie “c’è chi aspetta un meritato Oscar da più un tempo di Leonardo DiCaprio”, constatare che il sig. Goodman (Il grande Lebowski, A proposito di Davis, Monuments Men) sia ancora a dieta stretta di Academy, è una vera e propria vergogna.
Chi non l’avesse ancora fatto, si segni sul taccuino il nome di Elle Fanning (al cinema questo mese anche nel maturo About Ray, 2015, di Gaby Dellal), qui nelle vesti della figlia cresciuta Niki. È una predestinata. Potenzialità da musa di cinema d’autore e allo stesso tempo un viso “vendibile” (La mia vita è uno zoo, Super 8, Maleficent). Sorriso dolce e bellezza raffinata ancora da esplodere (il prossimo 9 aprile compirà 18 anni). A differenza della già ridimensionata sorella Dakota, lascerà il segno nella Settima Arte.
Da oggi sono certo in molti (spero) si ricorderanno di Dalton Trumbo (1905-1976). Eppure, a guardare i film di cui ha curato la sceneggiatura, magari ci si sorprenderebbe visto che alcuni sono titoli famosissimi: da Ho sposato una strega (1942) a La più grande corrida (1956), passando per Spartacus (1960), Exodus (1960) e Papillon (1973). Il suo unico film da regista è E Johnny prese il fucile, di cui numerosi spezzoni sono stai utilizzati dalla celeberrima metal-band Metallica per il videoclip della loro canzone One.
Mi è capitato raramente di essere così emozionato all'idea di vedere un film. Lo sono stato per L'ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo (2015, di Jay Roach). Sarà perché mi ritengo più scrittore che giornalista (il mio excursus parla chiaro). Sarà perché in questi tempi contemporanei ancora molto travagliati nuovi Maccartismi sono pronti a mietere nuove vittime. E io come tanti, potrei venirne risucchiato. E io come pochi, avrei il dovere di rispondere e combattere.
Mi è capitato raramente di essere così emozionato all'idea di vedere un film. Lo sono stato per L'ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo (2015, di Jay Roach). Sarà perché mi ritengo più scrittore che giornalista (il mio excursus parla chiaro). Sarà perché in questi tempi contemporanei ancora molto travagliati nuovi Maccartismi sono pronti a mietere nuove vittime. E io come tanti, potrei venirne risucchiato. E io come pochi, avrei il dovere di rispondere e combattere.
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