The Hunting Party - Simon (Richard Gere) |
di Luca Ferrari
Dove sono i Watergate moderni? Sepolti da inchieste d’interesse politico, servizi su toilette per animali domestici e nauseabondi reality show. Il cinema contemporaneo continua a propinare melodrammi d’era precaria senza speranza, alternandoli astutamente a supereroi tridimensionali che non esisteranno mai, ma di cui sentiamo un disperato bisogno.
Gli eroi veri, quelli di cui ignoriamo totalmente le generalità e l’aspetto, non vengono considerati. E la Storia insieme a loro, viene messa da parte. A tacere. La Guerra dei Balcani (1991-95) è una delle pagine più nere della seconda metà del Novecento. È stata ignorata allora insieme ai propri campi di concentramento e nemmeno oggi c’è il minimo interesse per situazione.
Nel 2007, sotto la regia di Richard Shepard, uscì The Hunting Party. Il film, presentato fuori concorso alla 64° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, racconta la storia di uno stravagante gruppetto di tre giornalisti alla caccia dello scoop della vita: trovare e intervistare Radoslav Bogdanović, soprannominato La Volpe, il pericoloso criminale di guerra serbo (e non bosniaco, com’è scritto erroneamente sull’enciclopedia libera Wikipedia).
La pellicola ha il grande merito di riaccendere i riflettori su un conflitto scaraventato nel dimenticatoio e nel disinteresse totale della Comunità Internazionale. Al giorno d’oggi i pezzi grossi di quella follia balcanica li hanno catturati quasi tutti. Per primo Slobodan Milosevic, presidente della Serbia e della Repubblica Federale di Jugoslavia, poi il suo braccio destro Radovan Karadzic, infine, il 26 maggio 2011, il generale serbo-bosniaco Ratko Mladic, responsabile del massacro di Srebrebica dove furono trucidati ottomila musulmani.
Il 5 aprile 1992 iniziò l’assedio di Sarajevo, mettendo così fine a quel sogno multietnico cui tutt’ora l’Europa è stata incapace di dare un’adeguata continuazione. Non solo. Mentre la UE si affanna per far entrare nella propria cerchia economica Ucraina e Turchia, la Bosnia è stata abbandonata a se stessa.
E a 17 anni dalla fine della guerra, per tutte quelle donne che hanno subito torture e stupri da parte dei militari e paramilitari serbi, non è ancora stata fatta alcuna giustizia. A loro non pensa nessuno. Un recente rapporto pubblicato dall’associazione umanitaria Amnesty International sulla situazione a Tuzla, dove negli anni della guerra trovarono rifugio migliaia di donne in fuga, ha evidenziato come queste non abbiano ancora alcuna assistenza medica e psicologica, né un sussidio economico adeguato.
Oltre al danno, la beffa. Delle decine di migliaia di crimini documentati di violenza sessuale commessi in epoca bellica, solo una esigua parte (neanche 40) è finita davanti ai giudici della Corte Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia o ai tribunali nazionali bosniaci. Il neo-governo di Sarajevo infine, si guarda bene dall’agire concretamente sul programma approvato dal precedente esecutivo.
Questa è la politica. Un mondo che non ha nulla a che fare con i bisogni della società civile. I protagonisti di The Hunting Party (2012) lo sanno bene. E se durante le prime battute ognuno pensa più con la propria testa, il mestiere realmente condiviso sul campo tra la puzza di morte che aleggia inquieta in ogni angolo e dove è difficile potersi fidare di chiunque, farà presto capire che nella vita bisogna parlare meno, e agire di più. Il terzetto è quanto di più mal assortito possa esistere. Almeno all’inizio del viaggio.
Richard Gere è Simon Hunt, un tempo inviato di guerra di punta e ora caduto in disgrazia dopo aver detto semplicemente la verità in diretta sul massacro di donne e bambini di Polje (sulla falsariga di quanto accaduto davvero a Srebrenica nel luglio 1995). Insieme a lui c’è Duck (Terrence Howard), un tempo suo cameraman e amico per la pelle ma ora passato a incarichi prestigiosi, e Benjamin (Jesse Eisenberg), giovane rampollo del vicepresidente del network per cui lavora Duck.
Finiranno scambiati per agenti della CIA e grazie alla collaborazione della vendicativa Mirjana (Diane Kruger), verranno rapiti e portati diritti nella tana del lupo. Anzi, della Volpe in persona (Ljubomir Kerekeš) e de suo letale braccio destro, il fanatico Srdjan (Goran Kostic. Incatenati dinnanzi ai due macellai, le cui intenzioni affilate non sono certo quelle di conceder loro un'intervista.
Come spesso non succede per i reporter di guerra, i tre amici riescono a salvare la pelle. Dopo aver rischiato di essere decapitati, e successivamente minacciati di brutto dai veri Servizi Segreti americani, i novelli Bernstein e Woodward non salgono a bordo di un comodo velivolo dell’ONU per tornare a casa. Una vita in pericolo è una vita reale, il resto è solo televisione predica Simon Hunt.
E loro restano lì. Da prede diventano cacciatori. Non accettano il “suggerimento” di chi ha lasciato scappare Bogdanovic. C’è una storia da concludere. C’è troppo marcio nell’aria. Se chi ha il potere non vuole mutare niente di niente, allora questa volta l’intervista può aspettare. Bisogna cambiare le regole e fare vera giustizia.
Il trailer di The Hunting Party
The Hunting Party - Simon (Richard Gere) e Duck (Terrence Howard) |
The Hunting Party - Mirjana (Diane Kruger) |
The Hunting Party - il terribile Srdjan (Goran Kostic) |
The Hunting Party - Benjamin (Jesse Eisenberg) e Duck (Terrence Howard) |
The Hunting Party - Simon (Richard Gere), Duck (Terrence Howard) e Benjamin (Jesse Eisenberg) davanti al manifesto de La Volpe |
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