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The Lady (2012)
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Venerdì 23 marzo, in mezzo alle nuove uscite cinematografiche, sul grande schermo arriva anche The Lady (2012) di Luc Besson, distribuito dalla neonata Good Films e patrocinato dalla Sezione Italiana di Amnesty International. Un film sulla storia della Birmania vissuta attraverso l’esperienza umana e politica di Aung San Suu Kyi (interpretata da Michelle Yeoh), leader della Lega Nazionale per la Democrazia e premio Nobel per la Pace 1991, rimasta agli arresti domiciliari per 15 degli ultimi 21 anni per mano della Giunta Militare che illegalmente prese il potere nello stato asiatico. La pellicola darà ampio spazio alla situazione dei detenuti politici, sbattuti senza pietà in carceri disumani. È la legge dittatoriale della Birmania, dove la voce del dissenso non è tollerata e la tortura è una prassi ben collaudata. Ma solo perché la coraggiosa donna è libera, non significa che le maglie della repressione si siano allentate. Il giogo continua. E anche se molti brindano a una nuova era, situazioni analoghe si ripresentano puntuali nel sanguinoso presente.
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The Lady (2012)
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In certi ambienti ideologici
The Lady (2011) riscuoterà molto successo. Eppure qualcosa non mi convince. Troppe falangi di volenterosi pacifisti, in nome della loro ideologia, lascerebbero massacrare popoli interi pur di restare casti dinnanzi a qualche rigo. Fatte rare eccezioni (
Amnesty International inclusa), in pochi sono scesi in piazza per protestate contro la dittatura quarantennale dell’ex-premier libico
Muammar Gheddafi (1942-2011), eppure tutti hanno gridato allo scandalo quando la NATO si è alzata in volo per aiutare gl’insorti, e ovviamente per accaparrarsi i contratti petroliferi libici. Pochi giorni fa ho letto da qualche parte un punto interrogativo che associava il nome del boia
Bashar Hafiz al-Asad, presidente siriano, a stato canaglia o resistenza all’Imperialismo. Quindi devo dedurre che sparare missili contro la popolazione sia un atto per impedire all’Occidente di conquistare la Siria. E questa stessa gente che presumibilmente se ne stava allegramente a manifestare sotto casa propria durante la squallida repressione del governo birmano, che i militari al potere hanno rinominato in altro modo e che io non intendo fare per nessuna ragione, adesso inneggiano a
Aung San Suu Kyi. Allora, é proprio così?
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Aung San Suu Kyi |
Vorrei che qualcuno mi spiegasse il senso di questi “pacifisti” da quattro soldi che sanno sparare strali solo dove non ci sono conseguenze, tacendo invece dinnanzi alle più allucinanti atrocità a chiunque sia aldilà del Muro di Berlino. Eh si, sarà anche caduto in quel lontano 9 novembre 1989, ma è evidente che a livello ideologico esiste ancora. Eccome se esiste. L’
ONU ormai (...) è un’associazione a delinquere che agisce solo per interesse, e questo è pressoché appurato. La
Lega Araba non è da meno. Il governo siriano lo ha ben capito, e ne sta approfittando. Dal fronte euro-statunitense nessuno ha il coraggio di muovere un dito perché altrimenti quattro esaltati inizieranno a sparare fesserie sulla guerra ideologica, dando poi campo aperto alle correnti xenofobe che insozzano il mondo. E in mezzo chi ci sta? Sempre loro. I civili. La popolazione vessata e abbattuta. Perché vedete cari nessuno, l’importante non è che la gente sia felice e che possa vivere in pace. L’importante è che un’ideologia prevalga. Aggiornate orsù la frase di herr
Marx, perché non è solo la religione a essere l’oppio dei popoli.
In conclusione mi chiedo: quanti anni dovrò aspettare perché esca un filma sulla resistenza siriana? Quanti cadaveri dovremo contare? Quanto sangue ancora dovrà bagnare questo schifo di pianeta? Quand’è che la Storia sarà narrata senza nascondere tutte quelle masse di scheletri che nessuno ha il coraggio di mostrare?
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