Don Camillo monsignore... ma non troppo - il senatore Peppone (Gino Cervi) |
di Luca Ferrari
Gli anni passano per tutti ma la natura battagliera, quella vera, non muore mai. L’epoca del primo Dopoguerra è passata anche per Don Camillo e Giuseppe Bottazzi detto Peppone, "promossi" per evitare che combinassero ulteriori guai. Oggi (Don Camillo monsignore... ma non troppo, 1961, di Carmine Gallone) i due protagonisti si sono imborghesiti/imbolsiti, ma quando vengono entrambi spediti nell’amata Brescello per sistemare una questione, l’antica lotta si rianima.
È l’epoca della Distensione promossa tra Kennedy e Krusciov. Il neo-reverendo Camillo (Fernandel) e il neo-senatore Peppone (Gino Cervi) si ritrovano l’un contro l’altro in una calda giornata romagnola. L’abile Monsignore concede senza troppe remore una piccola porzione di terra per la costruzione di una Casa del Popolo, lasciando la spinosa questione della Madonnina del Borgetto agli operai comunisti. Ma una volta preso il piccone, di fronte alla statuina di Maria, nessuno vuole colpire e abbatterla.
Peppone alza la voce, e quelle epiche parole continuano a risuonare ancora. Così, rivolgendosi a Don Camillo, lo incalza, “È la terra che ci serve. Ce la dovete dare libera. Madonne e santi sono di vostra competenza. Non vi abbiamo mai chiamato per tirare giù a picconate le statue di Stalin e di Lenin”. Risponde il Monsignore: “Ma se ci aveste chiamati, saremmo venuti”...
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