Alabama Monroe, Una storia d'amore - la piccola Maybelle tra le cure dei genitori |
di Luca Ferrari
Il contagioso vortice dell'amore e della musica. Un nucleo umano tra gli alti e bassi della vita. Poi qualcosa accade. Il sorriso si fa cicatrice. Una promessa si ritrae in monologo. Il mondo appare cannibale lasciando campo aperto ai troppi sbagli della civiltà umana. Ci vuole una dedica, allora. Una speranza. O almeno, nella migliore delle ipotesi, anche solo una nuova strada. Alabama Monroe – Una storia d'amore (2012, di Felix Van Groeningen).
Belgio, anni Duemila. Il fattore-musicista di bluegrass Didier Bontnick (Johan Heldenbergh) e la tatuatrice Elise Vandevelde (Veerle Baetens) s'incontrano. Scoppia la passione e l'amore. Nasce una figlia, Maybelle (Nell Cattrysse). Ancora bimba si ammala di cancro. Dopo cicli di chemioterapia, la piccolina muore. È la fine della coppia. Rancori sopiti sgorgano fuori in modo dirompente. Maybelle è solo la prima delle vittime.
Didier è pragmatico. Ateo. Arrabbiato. Eccede di “gomito”. Elise è un'artista. Più spirituale. Senza più la figlia vuole continuare a sentire/vedere la sua presenza. In una stella. In un uccello. Non può accettare che sia solo cenere come invece le replica il marito. La coppia deraglia. Inizia l'iter di parole non pensate realmente. Si disprezzano. Si feriscono. Si annullano. Perfino nel nome. Elise diventa Alabama, Didier lo chiama Monroe.
Sul palco di quello che sarà il loro ultimo concerto insieme, Didier esce dai confini della musica. Irrompe il dolore più lancinante. Predica. Attacca la religione. Attacca l'allora presidente americano George W. Bush, colpevole di aver bloccato gli esperimenti sulle cellule staminali che avrebbero potuto salvare la vita alla figlia e a tante altre migliaia di persone. Grida tutto il suo odio contro le divinità che annebbiano la mente degli uomini. È la fine. Di tanto. Di tutto. Di troppo. Il cerchio si è spezzato.
Alabama Monroe non è solo una storia d'amore ferita dalla più atroce delle sofferenze e perdite umane. Entra nel merito di una questione ancora di pesante attualità. Una dimensione dove ancora oggi alcune malattie non vengono trattate a causa di ottusità religiose o figlie di moralismi bigotti e ignoranti. E ancora una volta la vita soccombe a precetti. S'inginocchia. Si ustiona nella pelle sfigurata dal veleno delle dittature ideologiche. L'osso sbatte sull'indifferenza del gelo della morte. Le persone si prostrano a proclami tramandati solo per consolidare potere e schiavitù.
Alla cerimonia degli 86° Premi Oscar, al Dolby Theatre di Los Angeles il 2 marzo scorso, nella cinquina delle nomination per il Miglior film straniero, insieme al danese Il sospetto (di Thomas Vinterberg), il cambogiano The Missing Picture (di Rithy Panh), l'italiano La grande bellezza (di Paolo Sorrentino) e il palestinese Omar (di Hany Abu-Assad), c'era anche lui, The Broken Circle Breakdown (di Felix Van Groeningen), diventato in italiano Alabama Monroe – Una storia d'amore.
A chi sia andata la statuetta, è storia nota a tutti (e dibattuta assai). Eppure, senza neanche dover arrivare a metà proiezione di Alabama Monroe, mi assillava già una domanda. Come e perché La grande bellezza avesse vinto a dispetto del suddetto film belga (o dello stesso danese), anch'esso di gran lunga più meritevole. Entrambe le pellicole toccano temi delicati (pedofilia, cure del cancro) a dispetto di una inflazionata e superficiale decadenza di una certa società italiana.
Alabama Monroe – Una storia d'amore. Due genitori perdono la loro bambina. La regia si sofferma con sguardo tragico-amorevole sulle calvizie sempre più incombenti della bambina. Il coinvolgimento è totale. Estremo. Pulsante. Ma quando nessuna cura è più in grado di fare alcunché, il pianto della madre abbracciata alla figlia ormai morta è un tuffo nell'abisso più disarmante. Domani il sole tramonterà. Dopodomani il leone ruggirà. Oggi i computer resteranno riaccesi. Maybelle però non c'è più.
La pioggia gelida del nord Europa investe con tutta la sua inesorabile veemenza il lutto insostenibile. Gli occhi vagano sulla terra ma non c'è riparo né veranda dove nascondersi. Non c'è respiro. Rimane la musica. La purezza del country originale americano (il bluegrass, appunto) si fa catino e rimbombo per tutta la disperazione. Prova a carezzare l'uomo nel proseguo del suo viaggio. Ci prova. Gli sta vicino. Senza chiedere nessun sacrificio. Dona solo amore e passione.
Alabama Monroe, Una storia d'amore - Elise (Veerle Baetens) e Didier (Johan Heldenbergh) |
Alabama Monroe, Una storia d'amore - a tutta musica bluegrass |
Alabama Monroe, Una storia d'amore - la piccola Maybelle (Nell Cattrysse) |
Alabama Monroe, Una storia d'amore - Elise (Veerle Baetens) e Maybelle (Nell Cattrysse) |
Bella recensione Luca! ( Luisa)
RispondiEliminagrazie cara... davvero toccante come film, e ben recitato
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