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venerdì 21 luglio 2017

Logan, l'eredità di Wolverine

Logan The Wolverine - il protettivo Logan (Hugh Jackman) con la piccola Laura (Dafne Keen)
Il vecchio guerriero è giunto al capolinea. Lui, emblema della forza e fragilità mutante. Il domani è già arrivato e gli chiede un ultimo sacrificio. Logan – The Wolverine (2017, di James Mangold).

di Luca Ferrari

Ogni civiltà ha i suoi splendori e le sue rovine. I mutanti sono (pare) al capolinea ma l'interesse più bieco non ha ancora intenzione di pensionarli. Il meno improbabile degli eroi sta per essere così (ri)trovato. Perché proprio lui? Perché proprio Wolverine? Forse perché la sua natura così rabbiosamente fragile lo ha sempre reso un solitario e mai devoto (davvero) a una causa e dunque imprevedibile in tutti i sensi? Poco importa, questo è il tempo di Logan – The Wolverine (2017, di James Mangold).

Anno 2029. Il gene mutante si è quasi estinto. I pochi rimasti si nascondono dall'umanità. James Logan “Wolverine” (Hugh Jackman) è un alcolizzato e lavora come tassista. I soldi che guadagna li usa per comprare medicine per il vecchio amico novantenne Charles Xavier -Professor X (Patrick Stewart), un tempo fondatore della scuola dei mutanti e oggi ridotto su una sedia a rotelle senza quasi più alcun potere, se non qualche sprazzo della sua mente comunque sempre molto temuta. Insieme a loro, sul confine messicano, vive l'albino Calibano (Stephen Merchant).

Durante un funerale, lo scontroso Logan  viene avvicinato da una donna, Gabriela (Elizabeth Rodriguez) che lo chiama Wolverine, supplicando di aiutarla per salvare una bambina di nome Laura (Dafne Keen). La donna non da molte spiegazioni. Trattasi di un'ex-infermiera di una spietata compagnia bio-tecnologica, il cui centro era diretto dal Dr. Zander Rice (Richard E. Grant). Qui venivano creati mutanti in vitro per essere usati come armi letali.

Il progetto però è sfuggito al controllo e ora tutte queste creature artificiali vanno eliminate. Gabriela e altre colleghe però, sono riuscite a salvare alcuni di questi bambini e si sono tutti rifugiati in un posto chiamato Eden nel Nord Dakota. Lì, stanno aspettando Laura per varcare il confine ed entrare in Canada dove hanno avuto certezza di ottenere asilo. Sulle tracce della piccola mutante X-23 intanto c'è lo spietato Donald Pierce (Boyd Holbrook). Laura non parla e il suo potere sono degli artigli affilati in adamantio. È figlia di Logan.

Ha inizio una spietata caccia all'uomo, anzi alla bambina. Logan però, a dispetto del suo carattere da finto mercenario (accetta l'incarico per soldi), non ha alcuna intenzione di lasciare quella ragazzina in mano a degli spietati aguzzini. Lui la difenderà e anche se non crede all'esistenza di questo "paradiso" di cui Gabriella aveva letto sui fumetti degli X-Men, alla fine si decide a portarla. Poi, ognuno per la sua strada. Il Canada e la salvezza per lei, il primo bar per lui.

Logan – The Wolverine (2017, di James Mangold) è tutto fuorché un cinecomic. Si, certo. C'è Logan con i suoi artigli, le altre creature mutanti e combattimenti con fiotti di sangue, ma di ludico c'è molto poco. Il protagonista è un uomo stanco, ancora in lotta con se stesso. Il suo corpo pullula di ferite ma non per questo rinuncia a combattere per proteggere chi ha un appuntamento col futuro. Va contro anche i suoi stessi limiti per dare alla propria razza la certezza di un nuovo domani.

Già dietro la macchina da presa di Wolverine – L'immortale (2013), il regista dimostra di avere dimestichezza con storie dall'alto spessore umano e drammatico, su tutti Ragazze interrotte (1999) e Quando l'amore brucia l'anima - Walk the Line (2005), film che fecero vincere il premio Oscar rispettivamente ad Angelina Jolie e Reese Whiterspoon. È questa la fine della saga dei mutanti? Non si sa. Logan – The Wolverine (2017, di James Mangold) è la perfetta conclusione.

"Il rapporto tra Logan e la piccola Laura mi ha ricordato quello tra Léon (Jean Reno) e Mathilda (Natalie Portman) nell'immortale opera Léon (1994) di Luc Besson" commenta a caldo l'appassionato di fumetti Pietro De Perini, all'uscita dal cinema durante la rassegna estiva veneziana, "Pur con le dovute differenze (età inclusa, ndr), l'uomo è sempre un solitario e con lo sviluppo della storia s'instaura un rapporto sempre più di protezione padre-figlia. Dolcezza e rabbia possono convivere. Logan e Leon sono qui a dimostrarlo".

Wolverine colpisce e attacca, sempre per legittima difesa. È una creatura matura. Sempre scontroso e pronto a lasciarsi andare a qualche bicchiere di troppo. I suoi compagni mutanti non ci sono più. È un uomo sconfitto, o per lo meno si crede tale. Logan ha quel qualcosa nell'anima che non smetterà mai di farlo soffrire ma è anche la sua indissolubile forza. Tra le lame splende aggrovigliato un cuore grande e generoso. Il futuro dei mutanti lo ha capito e per questo gliene saranno sempre grati.

Il trailer di Logan - The Wolverine

Logan The Wolverine - la piccola Laura X-23 (Dafne Keen)

mercoledì 19 luglio 2017

Estate è sempre 50 volte il primo bacio

50 volte il primo bacio - Lucy (Drew Barrymore) bacia Henry (Adam Sandler
Non è vera estate senza 50 volte il primo bacio. Divertente commedia romantica con Adam Sandler, Drew Berrymore e la naturale scenografia delle isole Hawaii.

di Luca Ferrari

Ogni stagione e talvolta anche le festività  hanno i loro film. Per me natale significa sempre almeno The Family Man, A Christmas Carol e Polar Express. D'estate invece, più di Mamma Mia! e tanti altri, c'è sempre e solo il romanticismo di 50 volte il primo bacio (2003, di Peter Segal). La storia in principio è abbastanza classica. Il veterinario donnaiolo Henry Roth (Adam Sandler) incontra per caso l'autoctona Lucy Whitmore (Drew Barrymore). È colpo di fulmine per entrambi ma qualcosa di impensabile sta per succedere, anzi è già successo.

La ragazza infatti ha avuto un incidente d'auto. Sbattendo la testa, la sua memoria arriva fino al giorno prima dell'incidente di cui non ricorda nulla e tutto quello che vive nel presente lo dimentica subito. Ecco dunque che quando Henry si ripresenta da lei, questa lo tratta come se non lo avesse mai visto. Fortuna sua che in sua difesa, interviene la proprietaria del ristorante, Sue (Amy Hill), amica di famiglia di vecchia data e al corrente della situazione. Il redento Henry non può più ignorare i propri sentimenti e così ogni giorno è deciso a farla innamorare di nuovo.

50 volte il primo bacio è una commedia fresca in tutti i sensi (questa sera h. 21,15 su canale 9), non priva di velata tristezza ma si sa, l'amore vince su tutto. E chi non vorrebbe dopo tutto un partner talmente innamorato da comportarsi come se dovesse uscire con te ogni giorno per la prima volta? Non manca l'ironia, a cominciare dall'assistente di Henry, pluri-padre di famiglia e dedito alla marijuana, Ulla (Ron Schneider). Sempre desideroso di ascoltare le storie piccanti dell'amico e talmente goffo da farsi male in ogni situazione possibile.

Più ridicolo che comico invece, Dough (Sean Austin, il Mickey Walsh dei Goonies), il fratellone di Lucy. Marinaio come il padre Marlin (Blake Clark) ma con una fissa per culturismo e sostanze dopanti. La malattia cerebrale di Lucy esiste davvero e non c'è nulla da scherzare ma è commovente vedere come ogni giorno Henry si prenda cura di lei, spiegandole non senza difficoltà cosa le sia successo e come lo potranno affrontare insieme. Ogni giorno una magia nuova, peccato che all'indomani tutto sparisca. Tutto o quasi.

Lo dico e lo ripeto. Mi sono avvicinato al cinema con le commedie romantico-sentimentali e 50 volte il primo bacio occupa un posto speciale. Iniziata la professione di giornalista 15 anni or sono a Firenze, fu l'ultimo film che vidi sul grande schermo in terra toscana prima del rientro in laguna. 50 volte il primo bacio (2003, di Peter Segal) sono emozioni, risate, l'estate fresca (e non umida). 50 volte il primo bacio è romanticismo isolano e la certezza che anche il sogno d'amore più complicato possa trasformarsi in una meravigliosa realtà quotidiana.

Il trailer di 50 volte il primo bacio
50 volte il primo bacio - Ulla (Ron Schneider) bacia Henry (Adam Sandler)

martedì 18 luglio 2017

The Company Men (2010), il lavoro uccide

The Company Men - Gene McClary (Tommy Lee Jones)
La crisi economica non è mai finita. Viviamo il secolo dei suicidi da non-lavoro. C'è bisogno di uomini forti per creare nuove e durature fondamenta. The Company Men (2010, di John Wells).

di Luca Ferrari

Sogni e miseria. Luce e tenebra. Ricchezza e precariato. Ogni volta che trasmettono sul piccolo schermo The Company Men (2010, di John Wells), non posso fare a meno di non guardarlo. E ogni volta sto male. Ambientato negli Stati Uniti nel periodo della crisi economica, uno dopo l'altro cadono tutti: piccoli lavoratori e grandi manager, ed è su questi ultimi che la pellicola, presentata al Sundance Film Festival, apre i riflettori.

Bobby Walker (Ben Affleck) è un uomo di successo, passato in un amen da una vita di agi allo spettro della povertà. A dispetto della posizione di spicco che ricopriva, viene licenziato dalla multinazionale per cui lavora senza troppi giri di parole. Inizia il calvario della ricerca di un nuovo impiego e se in principio non vuole scendere a compromessi, la vita e gl'imminenti conti da pagare lo porteranno a riflettere e dover prendere decisioni che mai si sarebbe immaginato fino a qualche anno prima.

La crisi economica non è finita, è ancora più viva che mai. Come l'ottimo La grande scommessa (2015, di Adam McKay) ci ha raccontato-spiegato, i pezzi grossi sono tutti al loro posto. Di tutte quelle persone invece sbattute su di una strada con la casa pignorata invece, che cosa ne è stato? La mattina ti svegli e non pensi minimamente che andare a fare la spesa potrebbe diventare un problema, poi un attimo dopo ti ritrovi a vagare per la città nel cuore della mattinata e non sai più cosa fare.

L'uomo crea la crisi e solo l'uomo la può risolvere. Non ci sono forze invisibili che disfano e costruiscono. La maggioranza si adatta e subisce, ma ci sono anche i Gene McClary (Tommy Lee Jones) che a dispetto dei ricchi salvacondotti finanziari, non si limitano a galleggiare voltandosi dall'altra parte. Si mettono in gioco e usano la propria forza per ripartire e gettare la basi per un nuovo futuro che per centinaia di persone significa una nuova azienda, un nuovo lavoro e una nuova vita.

The Company Men (2010, di John Wells) fa sanguinare. Difficile trovare qualcuno al giorno d'oggi che non sia passato per periodi analoghi. The Company Men è un film che sebbene guardi il problema licenziamenti da un punto di vista più altolocato, fa capire che nel tritacarne dell'economia ci cadono (senza far ritorno) quasi tutti. Pur non raggiungendo l'angoscia di Due giorni, una notte (2014, di Jean-Pierre e Luc Dardenne) resta comunque un film interessante da vedere.

Il trailer in lingua originale di The Company Men

The Company Men - Bobby Walker (Ben Affleck)

venerdì 7 luglio 2017

15 anni di giornalismo e cinema

North Bend (Washington, USA) - Luca Ferrari all'interno del Twede's Cafe di Twin Peaks
15 anni or sono iniziai la mia attività di giornalista a Firenze. Fin dai primi mesi, a farmi compagnia ci fu il grande schermo, diventato poi il mio target principale, e Best Movie, (all'epoca) neo-mensile cinematografico.

di Luca Ferrari

15 anni di scrittura incessante tra carta stampata, online e blog. Agli esordi il cinema non era ancora il mio target ma lo sarebbe diventato nel giro di poco tempo. La scintilla interiore era già scattata. Decisivo lo scontro con tre pellicole in particolare: Shakespeare in Love, Moulin Rouge! e I Tenenbaum. Potenza alle parole e delle immagini. Il resto è stato una costante infatuazione davanti e dentro il grande schermo, tutt'oggi più viva che mai. E ancora oggi, ogni volta che si spengono le luci in sala, ho due soli desideri: guardare il film e scrivere la recensione.

La storia della mia attività giornalistica prese il via sul fronte turistico a Firenze, lavorando per i mensili Toscana News e Chianti News, fondati dal compianto Paolo Melani. Già sul primo numero in cui scrissi trovai il modo di paragonare la Satine “Luhramnniana” alla fertilità della Vendemmia. Un anno dopo sarebbe stato pubblicato il mio primo vero articolo di cinema sul film Io ballo da sola (1996, di Bernardo Bertolucci), ambientato nelle campagne di Gaiole in Chianti (Si), e recensito parecchi anni dopo anche sulle pagine online di "cineluk - il cinema come non lo avete mai letto".

Un piccolo passo indietro. Nei giorni scorsi ho fatto una curiosa scoperta. Il mio sbarco in terra toscana avvenne nel giugno 2002 e fin da subito il grande schermo mi accolse generoso e amorevole. Fu allora che vidi Best Movie per la prima volta e mi incuriosii non poco. Il taglio era diverso dal più noto Ciak. Una lettura questa, che mi accompagnò per gran parte della mia esperienza di vita fiorentina così come nei successivi anni. Immaginate la sorpresa quando nell'ultimo numero del magazine (luglio 2017) scoprii che era nato proprio nel 2002, pochi mesi prima dell'inizio della mia attività giornalistica.

Emblematiche le copertine dei primi due numeri che sfogliai. Su giugno c'era Spider-Man e su luglio invece, quello che fino a quel momento era il mio attore preferito: Nicolas Cage (Con Air, Via da Las Vegas, Lord of War), protagonista del commovente war-movie Windtalkers (2002, di John Woo), basato su di una storia vera. Quasi un miscuglio di passato, presente e futuro. Il mese scorso invece, ossia nell'anniversario del mio inizio sulla carta stampata, è uscito proprio su Best Movie la mia recensione del film The Circle (con Emma Watson e Tom Hanks). Esattamente un cerchio. Il cerchio del cinema e della vita. Una coincidenza che ha il sapore di quella magia che solo il cinema è in grado di regalare.

E sempre in tema di anniversari, quest'anno raggiungerò quota 10 edizioni come giornaliasta accreditato al Festival del Cinema di Venezia, per il quarto anno consecutivo inviato del settimanale internazionale L'Italo-Americano per il quale ho appena scritto un servizio sull'attore genovese Paolo Villaggio, scomparso il 3 luglio scorso. Una storia quella vissuta all'ombra del Leone di celluloide sempre condivisa penna/laptop a fianco dei pregevoli flash del fotografo veneziano Federico Roiter.

Guardandomi indietro, tra i cine-viaggi più entusiasmanti, la maggioranza sono stati tutti realizzati oltreoceano, a cominciare dal mondo dei Goonies, in Oregon, tra Astoria, Ruby Beach e Cannon Beach. Poco distante, nello stato di Washington, eccomi a sorseggiare caffè nero mangiando torta di ciliegie (cherry-pie) al mitico Twede's Cafe, lì dove Mr David Lynch ambientò l'oscura serie di Twin Peaks. Non meno emozionate, l'essersi ritrovato a tu per tu con Anna dai capelli rossi a Cavendish, sulla Prince Edward Island, in Canada.

Tornando in Italia, per uno che a avuto la passione dei reportage, l'aver potuto intervistare la giornalista-inviata di guerra Monica Maggioni, è stato un onore, reso ancor più grande dallo scrivere la recensione del suo documentario Out of Theran (2011), presentato ala 68° edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (sez. Controcampo italiano). A Venezia piantai i semi del grande schermo, a Firenze sbocciarono (ma quanto fu difficile abbandonarli, ndr) e una volta rientrato in laguna, presero il sopravvento su tutti gli altri interessi giornalistici.

E allora torniamo agli esordi, nel 2002 uscì Spider-Man di Sam Raimi. Oggi, nel boom modaiolo del filone cinecomic è appena sbarcato Spider-Man: Homecoming (2017, di Jon Watts con protagonista Tom Holland). Ricapitolando quindi, nel 2017: 15 anni di giornalismo, 15 anni a leggere Best Movie e 15 anni di Spider-Man. Io resterò sempre legato a Tobey “Peter” Maguire, Kirsten “M.J.” Dunst e il loro romantico bacio sotto la pioggia. Le sue ragnatele le ho immaginate sul Duomo Brunelleschiano. Quella storia l'ho sentita tra le contrade agli esordi di tutto. Quella storia è più viva che mai e pronta per lanciarmi a vivere e scrivere per altri 15 anni di cinema.


Spider-Man, la scena del bacio

le cover del mensile di Best Movie: (da sx); giugno 2002, luglio 2002 e luglio 2017 
Il mio primo articolo di cinema pubblicato sul Chianti News (agosto 2013) sul film Io ballo da sola 
Spider-Man - Peter Parker/Spiderman (Tobey Maguire) e la bella Mary Jane (Kirsten Dunst)
Cannon Beach (Oregon, USA) - Luca Ferrari sul set naturale de I Goonies