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sabato 2 settembre 2017

Human Flow, l'umanità è morta

Human Flow (2017, di Ai Weiwei)
Il dramma di centinaia di migliaia di esseri umani etichettati nei modi più disparati, e lasciati a morire nell'indifferenza. A Venezia74 è sbarcato Human Flow, del regista cinese Ai Weiwei.

di Luca Ferrari

Rifugiati, richiedenti asilo... o se cominciassimo semplicemente a chiamarli esseri umani? No, ma scherziamo. Loro sono tutti terroristi. Un flusso costante che ormai ha preso casa ai confini dell'Impero d'Europa. Una fiumana di disperazione che non intenerisce nessuno, anzi, ha saputo suscitare l'opposto facendo riemergere quel sentimento di superiorità così ben incarnato dal Terzo Reich. Loro sono gli altri, noi dobbiamo restare noi. In concorso alla 74° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, è stato presentato Human Flow (2017, di Ai Weiwei).

Ai Weiwei ha girato mezzo mondo. La sua telecamera arriva sulle sponde dell'isola greca di Lesbo, passando poi per i campi profughi di Iraq, Turchia, Siria, Pakistan e Giordania, senza dimenticarsi della prigione palestinese a cielo aperto e il muro che divide Stati Uniti e Messico. Ma c'è anche il filo spinato ungherese e macedone. Un abominio che sancì la volontà di non far passare più nessuno. Gli accordi UE per tenerseli là, ovunque sia, in cambio di danaro.

Il regista non ha paura di mostrare ciò che sta succedendo. Lui è un uomo che ha saputo sfidare la feroce dittatura cinese. Ai Weiwei non cerca le facile lacrime dei bambini. Mostra i campi profughi. Intervista gli operatori che ci lavorano. Segue l'esodo di persone che chiedono solo di poter ricominciare a vivere e che adesso invece non sono nulla. Sono ospiti (non troppo graditi) in una terra che non gli riconosce alcuno status giuridico.

Distribuito da 01 Distribution, Human Flow non cerca la risposta definitiva anche perché non vi è alcun bisogno. C'è già. È visibile a tutti: il dialogo. Quale che sia la nazione, nei prossimi 50 anni vivremo in società multiculturali. Questo è il mondo reale. I nemici non sono fantomatici personaggi a cui i supereroi danno la caccia in tutine attillate. Nel 2017 il nemico è dentro ciascuno di noi. È il pregiudizio. La paura (oggi) da chi viene da posti ormai collegabili solo al terrorismo.

L'umanità è morta da un pezzo. Non tutta, è chiaro. Banalmente, anche in Europa ce ne stiamo accorgendo. È bastato smuovere il nostro equilibrio per far riemergere il filo spinato (di solito rispolverato solo per farsi belli con la Shoah), la peggiore xenofobia, razzismo in tutti gli strati sociali e ormai in Italia quasi una sorta di revisionismo sul sempre più rimpianto Benito Mussolini. Ecco, benvenuti in Europa. Sappiatelo bene, l'Europa non è per tutti.

Human Flow è un documentario di più di due ore. Terra dopo terra, l'anima viene sferzata. Parlano i rappresentanti delle ONG ma è evidente che il loro intervento non potrà mai fare la differenza e allora mi chiedo: ha senso continuare a voler impietosire la gente con le classiche immagini dei “poveri negri” che muoiono di fame? In strada la loro presenza è sempre più sporadica se non per chiedere l'obolo, così come sui mass media.

I bambini di oggi sono i potenziali razzisti del domani e come si fa e evitarlo? Appurato che la politica non lo farà mai, le ONG devono entrare nelle scuole. Devono essere una presenza visibile sul territorio e non rintanarsi a ripetere le stesse cose davanti a facili platee che la pensano come loro. Le ONG devono iniziare a investire su quel mondo che un giorno governerà perché altrimenti il destino dell'Europa così come del resto del pianeta è già tragicamente segnato.

Nazione dopo nazione, Human Flow parla anche di diritti umani. Ma cosa sono? Une bella parola da abbinare alla propria cravatta, o qualcosa su cui sputare sopra. Human Flow raccoglie la testimonianza di chi sostiene che l'essere umano debba essere libero di andare dove vuole, senza barriere. Ed è un dato di fatto che dopo la caduta del muro di Berlino, le cose siano andate sempre peggio. Il cemento ha sempre più preso la strada verticale. A dispetto di una maggior informazione, l'ignoranza domina incontrastata.

“Come essere umano credo che qualsiasi crisi o difficoltà che colpisca un altro essere
umano, è come se capitasse a noi” ha sottolineato il regista, “Se non avvertiamo questa fiducia reciproca, siamo decisamente  in difficoltà. A quel punto, affronteremo muri, divisioni e inganni da parte dei politici, che ci porteranno a un futuro di oscurità”.

Lacrime e rabbia. Rabbia e lacrime. Human Flow (2017, di Ai Weiwei) non farà cambiare idea a chi ha una visione distorta del problema, e al massimo cementerà le convinzioni di chi la vede come lui. C'è qualcosa ancora che può fare Human Flow, e cioè prendere per mano quell'umanità che ha ancora voglia di credere nella Vita, stringersi e andare incontro verso i loro fratelli cambiando per sempre la storia del mondo.

Il trailer di Human Flow

Human Flow (2017, di Ai Weiwei)
74. Mostra del Cinema, il regista Ai Weiwei © La Biennale foto ASAC
Human Flow (2017, di Ai Weiwei)

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