Monuments Men (2014, di George Clooney) |
di Luca Ferrari
Picasso, Michelangelo, la pittura fiamminga e impressionista. Il Terzo Reich aveva requisito tutto. Avidi barbari collezionisti saccheggiavano chiese e musei (Louvre incluso). L’ignominia nazista non risparmiò nemmeno l’arte. Volevano tutto il mondo per loro, patrimonio artistico incluso. E se non ci fossero riusciti, l’ordine era perentorio: bruciare e distruggere. Poi un giorno comparvero i Monuments Men, e anche quella Storia cambiò per sempre.
Monuments Men (2014, di George Clooney). Il fatto era poco noto alla massa prima che lo sceneggiatore Grant Heslov ne scoprisse il libro da cui è stata poi tratta la pellicola: Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia (2009, di Robert M. Edsel). Così, si sono riuniti sotto la stessa telecamera i premi Oscar Clooney, Cate Blanchett, Jean Dujardin e Matt Damon insieme ai grandiosi Bill Murray, Hugh Bonneville, Bob Balaban e John Goodman.
Un nugolo di professionisti dell’arte viene catapultato nell’Europa devastata da bombardamenti per salvare dipinti e sculture dal fuoco nazista, e allo stesso tempo convincere gli Alleati a non causare ulteriori perdite al patrimonio artistico mondiale. Gente abituata a problemi di carattere museale o restauri ricomincia da un morbido addestramento militare in terra inglese, quindi sbarcano in Normandia e la missione può avere inizio.
La squadra è formata dal tenente-comandante Frank Stokes (Clooney), l’architetto Rich Campbell (Murray), lo scultore Walter Garfield (Goodman), un direttore artistico francese Jean-Claude Clermont (Dujardin) e il produttore Preston Savitz (Balaban). Supportati dall’amico di vecchia data, il luogotenente Donald Jeffries (Bonneville), a loro si unirà anche il giovane soldato Sam Epstein (Dimitri Leonidas).
Lontano dal fronte, l’abile curatore d’arte James Granger (Damon) sbarca nella Parigi liberata. Lì incontra l’ex-curatrice del Louvre, Clair Simòne (Blanchett), imprigionata perché accusata collaborazionista. È lei la persona chiave per intercettare un intero universo artistico trafugato dalle SS. Non si fida dell’americano. Vuole avere la certezza che una volta trovate, le opere torneranno in Francia.
La squadra dei Monuments Mens si divide tra Belgio, Olanda e Germania. La ricerca è disperata. Salvare il più possibile. Pale e arte moderna. Desapaercida la celebre Madonna di Bruges, opera scultorea d’inizio XVI realizzata Michelangelo nella Chiesa di Nostra Signora. Ma anche l’Armata Rossa è sulle tracce dell’arte, sebbene con fini più personali. Un piccolo assaggio di Guerra Fredda che finito il conflitto si svilupperà segnando più di un quarantennio di storia dell’umanità con annessa folle corsa agli armamenti nucleari.
Non manca l’ironia. Inevitabile quando si mettono nella stessa sala un inglese e un francese. Ma ancor di più è lo scontro statunitense-sovietico che sa di “soderberghiana” memoria. Quel mezzo sorriso dell’ufficiale dell’Armata Rossa beffato dagli scaltri yankee che gli lasciano in omaggio una splendente bandiera a stelle e strisce, non può non ricordare la scena di Oceans Twelve (2004) quando la banda di Ocean (Clooney e Damon presenti) sottrae quattro dipinti alla villa dell’abilissimo ladro NightFox (Vincent Cassel), e il suddetto ghigna divertito per quanto accadutogli.
Monuments Men è sbarcato sul grande schermo in un momento cruciale per l’Italia. In uno dei tanti cambi di governo, dove la storia dell’arte è stata messa sul banco delle materie sacrificabili. Già, proprio quell’Italia con il più alto numero di siti Patrimonio Mondiale per l’Umanità (49) che non avrebbe mai visto nascere i suoi geni di bottega se fossero stati trattati come tutti gli apprendisti contemporanei.
Come prevedibile Monuments Men è un film corale senza alcun acuto da prime donne. La pellicola lo richiedeva. La missione lo richiedeva. Qualcuno ci lascerà la pelle e la domanda allora è lecita: valeva la pena sacrificare una vita umana per salvare un quadro? La risposta spetta a ciascuno di noi. Ma se è un amico, un padre e lo stesso protagonista che si sacrifica a tramandarcelo, allora “forse” c’è proprio da crederci.
Monuments Men (2014, di George Clooney) |
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