Venuto al mondo - Gemma (Penelope Cruz) e Diego (Emile Hirsch) |
di Luca Ferrari
Gojko (Adnan Haskovic) sta parlando con gli amici a Sarajevo. Insieme a loro ci sono l'italiana Gemma (Penelope Cruz) e il fotografo americano Diego (Emile Hirsch). Poi sul televisore compare in un telegiornale dell’epoca Radovan Karadzic. Subito un sussulto ad alta voce tra i presenti del cinema Corso di Mestre (Ve), davanti allo schermo di Venuto al mondo (2012, di Sergio Castellitto).
Karadzic, il braccio destro di Slobodan Milosevic. Un essere (...) macchiatosi di crimini contro l'umanità: genocidio, stupro e pulizia etnica, il massacro di Srebrenica dove il suo braccio armato Ratko Mladic uccise senza pietà oltre ottomila inermi bosgnacchi (musulmani bosniaci), nel totale disinteresse della comunità internazionale e con le truppe ONU sul posto. Karadzic, l’uomo che stritolò per quasi quattro anni d’assedio la multiculturale Sarajevo con implacabili cecchini e mezzi pesanti.
Nella tormentata storia d’amore tra Gemma e Diego ecco dunque esplodere prepotente la guerra dei Balcani (1991-95). I sorrisi lasciano spazio alla paura. Il domani scava una fossa nell'oscurità senza ritorno. Tra lavoro, amicizia e legami sentimentali, i due stranieri si ritrovano a condividere il gramo destino di una folle guerra fratricida.
Nella sua drammaticità, la musica e le parole di Something in the Way della rock band Nirvana si fondono nella prima devastante esplosione della città bosniaca. C'è un poster del cantante appeso sulla parete inghiottita dal fuoco dell'odio. La voce gracchiante di Kurt emette l'ultimo grido. Ora non c'è più posto per l'arte nella Sarajevo accerchiata ma vige la mera brutalità di un conflitto che non risparmierò nulla e nessuno.
Diego e Gemma desiderano un figlio ma la natura gli è contro. Oltre a questo, complicate storie personali non facilitano il percorso. In loro aiuto interviene la cantante musulmana Aska (Saadet Aksoy), disponibile a offrire la propria "fertilità" ai due amici. Un gesto-momento che non ha fatto però in conti con la furia di ciò che sta accadendo.
Diego e Aska s'incontrano. Il tempo di andare a prendere delle ciambelle e nella casa irrompono le milizie serbe. Uccidono a sangue freddo il padre di lei e poi la violentano senza pietà. Più e più volte. E per completare l’opera la marchiano nel modo più spregevole, spegnendole una sigaretta sulla nuca. Annientandola fisicamente e mentalmente.
Mi vergogno di appartenere alla razza umana, dice il medico dopo aver curato la giovane esangue e traumatizzata. Diego è un ragazzo sensibile. Da bambino assistette inerme alla violenza domestica del padre sulla madre. Trovò quindi rifugio nell’eroina. Quello stesso veleno che anche il cantante dei Nirvana, Kurt Cobain, iniziò a iniettarsi per sedare dolori fisici e interiori. Proprio quel Cobain che Aska ascolta e di cui avrebbe voluto seguire le orme abbandonando la Jugoslavia per andare a Londra.
Diego si sente troppo responsabile per la terribile sorte toccata ad Aska. Resta con lei ma il peso per non aver fatto nulla mentre la violentavano è un tormento da cui non si scappa. Pur ancora legato a Gemma, il vincolo del dolore è più forte. La vita avanti ma per qualcuno ci sarà una fermata da cui non si potrà più tornare indietro e una volta che i fucili avranno cessato di sparare, arriverà anche il momento del ritorno di Gemma in terra slava insieme a suo figlio Pietro (Pietro Castellitto) ormai adolescente. Figlio di chi?
Prova sopra le righe la quarta regia di Sergio Castellitto, di nuovo insieme a Penelope Cruz dopo l'intenso Non ti muovere (2004). Un film coraggioso, drammatico e capace di toccare più tematiche dell'essere umano. Tutti aspetti figli della guerra. Una guerra dove i civili subirono senza pietà e in particolare le donne vennero abusate, diventando loro malgrado madri di creature generate dalla violenza. Anche Pietro è uno di loro, ma lo ignora.
La Bosnia bellica incarna al meglio la figura di una donna violentata e abbandonata. Allontanata, e con le ferite esposte al gelo in attesa che s’infettino a vicenda fino al giorno in cui il dolore sarà talmente insopportabile che la sola e unica scelta sarà quella di un altro conflitto. Ma la guerra non ha tempo di preoccuparsi delle donne violentate. A quello ci pensano le associazioni per i diritti umani come Amnesty International.
Uno degli artefici della mattanza balcanica, il generale Ratko Mladic, una volta arrestato, è stato chiamato dall'europarlamentare italiano Mario Borghezio (Lega Nord), “patriota”. Ecco, mi domando come si sentano tutte quelle donne che magari lo applaudono ancora ai suoi comizi. E vorrei che mi spiegassero come l’odio possa arrivare fino a questo punto.
Ecco, oggi la violenza la si accetta lasciandole trafiggere il resto dell’umanità mentre gli altri continuano a sentirsi i meno adatti alla resa dei conti con chi adesso non può nemmeno iniziare a sopravvivere. Sono tante le cicatrici che attraversano i corpi dei protagonisti di Venuto al mondo (di Sergio Castellitto). Non è diverso per gran parte dell'umanità ma ogni nuovo giorno che riusciremo a vivere lontani dall'odio e dalla violenza, potrà diventare il baluardo della Vita che non si è piegata all'orrore.
Venuto al mondo (2012, di Sergio Castellitto)
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