Argo - l'agente Tony Mendez (Ben Affleck) |
Iran vs. Stati Uniti. Stati Uniti vs. Iran. Dai tempi della rivoluzione degli anni ’70 è cambiato poco. Gli Stati Uniti hanno continuato a svillaneggiare in giro per il mondo, sostenendo governi spesso assassini e intervenendo militarmente lì dove ci fosse mera convenienza. Dal canto suo, il governo di Tehran ha inasprito ulteriormente le maglie sulla popolazione sempre più affamata di democrazia araba (e non occidentale), e quando è scesa in piazza la rivolta è stata soffocata nel sangue.
Dopo Gone Baby Gone (2007) e The Town (2010), Ben Affleck torna in cabina di regia per Argo (2012), con se stesso nei panni del protagonista, l’agente della CIA, Tony Mendez. Un ruolo e film decisamente con più spessore rispetto al mutismo impostogli da Terrence Malick nell’esageratamente metafisico To the Wonder (2012).
Non fermerete il mondo. Nessuno ci è mai riuscito. Che cosa abbiamo più degli altri? Solo qualche lapide con alfabeti differenti verso cui puntare un dito. Ho provato a nascondere le mie braccia per una notte nel cielo, ma mi sono ugualmente risvegliato coperto di sangue. Forse ho salvato anche una persona, ma in troppi continueranno a morire. Oggi, nel terzo millennio, non voglio più sentir parlare di gocce. Oggi, nel 2012, per cambiare qualcosa devi cambiare tutto.
Il premio Oscar per la sceneggiatura di Will Hunting – Genio ribelle (1997, di Gus Van Sant) ha scelto un tema delicato per il suo terzo lungometraggio. La politica. Ma a guardare bene, siamo proprio sicuri si tratti solo di questo aspetto? Lui è solo un uomo che nei primi anni ’80 deve (vuole) andare a prendere a Tehran sei concittadini nascostisi dalla furia della rivoluzione Khomeinista.
Lo Scià di Persia, resosi colpevole di ingiustizie e torture con l’avvallo dell’Occidente, è scappato negli USA. Il popolo si è ribellato. La sede diplomatica americana è stata assaltata e tutti i presenti catturati. L’Iran vuole il suo dittatore indietro per processarlo. Senza lo scambio, i diplomatici non lasceranno la terra iraniana dove nel frattempo la rivoluzione ha assunto da un pezzo le inevitabili tinte fosche della vendetta.
Preceduta da un’azzeccata e killbilliana illustrazione a fumetti della storia dell’Iran, la pellicola entra subito nel vivo con i manifestanti che sfondando le protezioni occupando con la forza l’ambasciata americana. Tutti presi, legati e bandati. Tutti meno sei, che scappano da un porta laterale e riparano dall’ambasciatore canadese Ken Taylor (Victor Garber).
Se venissero trovati, sarebbe presumibilmente accusati di spionaggio, torturati e uccisi. È una corsa contro il tempo, e l’unico a escogitare una buona idea è Mendez, calandosi nei panni di un uomo di cinema canadese in arrivo in Medioriente alla ricerca di location per il suo nuovo film, Argo per l’appunto.
Lui e il suo staff di sei compatrioti s’intende. Tutto preparato ad arte insieme al costumista John Chambers (John Goodman) che già in passato ha lavorato per i servizi segreti americani e il navigato produttore Lester Siegel (Alan Arkin).
Superato il primo impatto con i sei fuggiaschi tornati alla luce del sole, dalla presidenza Carter arriva il dietrofront. Mendez va avanti lo stesso, e grazie all’appoggio del suo capo Jack O'Donnell (Bryan Cranston), all’aeroporto alla fine le prenotazioni tornano fuori. I sei americani sono a un passo dal salire a bordo del velivolo. Ma resta l’ultimo passo da compiere. Ingannare la diffidente Guardia Rivoluzionaria.
Sale la tensione. E se ne percepisce l’angoscia. Il meno fiducioso della fasulla troupe cinematografica, sfruttando la conoscenza della lingua pharsi, interviene per sbrogliare la matassa. Verificato un controllo, salgono a bordo. Nemmeno quando il carrello è rientrato e sono in volo, il capo di Matt brinda. Solo alla notizia dell’uscita dallo spazio aereo iraniano ci si lascia alla gioia per essere riusciti a salvare la vita ai propri connazionali.
Non si può, non si deve guardare Argo (2012) beandoci della felice conclusione per i sei americani, l’ambasciatore canadese e famiglia. Non si può, non si deve guardare il film di Ben Affleck puntando il dito solo verso quello che è accaduto, perché sta accadendo ancora. Un’infernale discesa nella violazione costante dei diritti umani. In questo preciso momento una guerra sta scoppiando per coprirne un’altra.
In questo momento insignificanti (per noi) pezzi di carta stanno gettando le basi per i conflitti del domani. La cronaca fa il suo dovere in Argo, ma non c’è solo quella. Tocca a ciascuno di noi varcare i limiti del racconto e puntare a qualcosa che non è ancora stato rivelato.
Non c’è trionfalismo in Argo, ma solo una storia andata tristemente avanti. Per Mendez è solo una missione. Ha un figlio da rivedere. Ha una ex-moglie forse da riconquistare. Tutto il resto tanto lo decideranno sempre loro. Anche se noi crediamo di aver cambiato la storia. Anche se ci diranno che stiamo stati dei “grandissimi”. Già, ma grandissimi cosa?
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