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giovedì 27 marzo 2014

X-Men – Giorni di un futuro morente

X-Men – Giorni di un futuro passato (2014, di Bryan  Singer)
Siamo uniti solo dalla misera volontà di dividerci. E se gli X-Men provano a cambiare i Giorni di un futuro passato, noi stupida razza umana proprio no.

di Luca Ferrari

"Siamo destinati a distruggerci l'un l'altro o possiamo cambiare ciò che siamo e unirci? Il futuro è davvero già scritto?" si domanda avvilito Charles Xavier/Professor X (Patrick Stewart) nel settimo capitolo cine-Marvelliano della saga mutante, X-Men – Giorni di un futuro passato (2014, di Bryan Singer). Loro hanno poteri soprannaturali e agiscono. Ma anche se non li avessero, qualcosa farebbero comunque. E noi invece, sapiente razza umana? Noi ci nascondiamo nella più nobile ignoranza.

Noi, uomini e donne. Lacerati ancora da egoismi inter-nazio-regio-provi-comu-quartie-casa-personali. Il nostro destino è scritto. Una lenta e dolorosa estinzione. Più sofferta per molti di noi ma alla fine sarà il disfacimento totale. E quando ci ritroveremo in un gigantesco campo di annichilimento, ripenserete a oggi. A ieri. Al domani che avremmo potuto creare e che non ci potrà più essere. Mai e poi mai. Mai più.

Cronaca di un fottuto 2014. Divisioni in Ucraina. Divisioni in Francia. Divisioni in Italia. Barricate e guerriglia ovunque. Siamo uniti più di quanto si possa immaginare. Siamo uniti solo nel voler essere divisi. Siamo uniti nel desiderio comune di piantare barriere e inchiodarle nella mente e nel corpo di chiunque si avvicini. Qui nessuno passa. O come diceva in American History X (1998, di Tony Kaye) il neonazista skinhead americano Derek Vinyard (Edward Norton) al compagno (ebreo) della madre, Murray (Elliott Gould): Qui non sei gradito! E allora andiamo avanti così.

Il 23 maggio prossimo esce il settimo capitolo della saga dei supereroi mutanti, X-Men – Giorni di un futuro passato (2014, di Bryan Singer). La trama è tanto semplice quanto drammatica e attuale. Logan/Wolverine (Hugh Jackman) viene spedito nel passato dai capi delle due fazioni rivali di mutanti, Charles Xavier/Professor X (Patrick Stewart) ed Eric Lehnsherr/Magneto (Ian McKellen), per far sì che i rispettivi se stessi da giovani  (James McAvoy e Michael Fassbender) non inizino la guerra che alla fine li abbatterà.

Siamo destinati a distruggerci l'un l'altro o possiamo cambiare ciò che siamo e unirci? Il futuro è davvero già scritto? recita lo slogan del film. Un film appunto, dove un eroe tormentato e buono torna indietro nel tempo per provare a mettere la parola pace nell’esistenza del mondo intero. Qui da noi sul Pianeta Terra invece le cose vanno un po’ diversamente. Peggio di così possono ancora andare. E ci andranno.

I governi si accusano a vicenda d’invasioni. Possiamo continuare a raccontare la Shoah ogni anno, ma a che serve se poi quell’umanità che si erge a baluardo dei diritti umani poi contribuisce a genocidi e incrementa il mercato della violenza? Vince la logica del potere. Si parla della Shoah perché lo stato d’Israele possa continuare ad esercitare la sua politica d'invasione. Non si parla del genocidio bosniaco perché gli slavi non sono per nulla influenti nello scacchiere internazionale. Non si parla quasi mai del genocidio armeno per non irritare troppo la Turchia, potente partner economico.

Nella fantasia ci pensano gli X-Men. Sul grande schermo arriva X-Men – Giorni di un futuro passato  (2014, di Bryan  Singer). A chiunque ne condividerà con me la visione, avviso che è probabile piangerò. So che non ci sarà la spietata violenza di 12 anni schiavo (2013, di Steve McQueen). Piangerò pensando al futuro che non cambia dinnanzi all’odio e le divisioni. Piangerò pensando alla stupida egoistica natura umana.

E qui, dalla mia postazione giornalistica italiana, assisto ogni giorno agli sproloqui di partiti o pseudo tali che si ergono a liberatori da logiche di potere. Senza fare nulla di niente se non aizzare all’odio, alla diversità e alla divisione. Dalla fine della II Guerra Mondiale l’umanità è stata unita solo da un unico elemento: la volontà di dividersi, a meno che qualcosa di ancor più spietato del razzismo ignorante non dilaghi sul pianeta s’intende, come accadeva in Indipendence Day (1996, di Roland Emmerich).

Tutto il mondo era sotto assedio di poco gentili extraterrestri. Sembrava non esserci via d’uscita fino a quando l’esperto di telecomunicazioni David Levinson (Jeff Goldblum) non riuscì a individuare un segnale nascosto e gettare così le basi per una controffensiva planetaria. Tutto sembrava andare nella giusta direzione ma quando rimase l’ultimo missile da scagliare, erano tutti a secco. Solo il pilota semi-alcolizzato (e un tempo rapito dagli alieni) Russell Casse (Randy Quaid) rispose all’appello col fuoco decisivo.

Qualcosa però non va. Il missile è inceppato. E allora val bene il sacrificio della propria vita pur di dare un futuro alla razza umana. L’uomo decide e agisce. Prima chiede al Centro Comando di recapitare un messaggio d’amore ai propri figli, poi si lancia contro la navetta madre aliena per porre fine all’invasione. Ecco, quelle stesse parole di Russell le regalo a voi tutti assassini del futuro del mondo: Usando un’espressione della mia generazione, ficcatevelo nel culo!

Indipendence Day (1998) - il sacrificio di Russell Casse

X-Men – Giorni di un futuro passato (2014, di Bryan  Singer)
American History X - il neonazista Derek Vinyard (Edward Norton
 Indipendence Day - Russell Casse (Randy Quaid)

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