Il nome del figlio - Claudio (Rocco Papaleo) e Simona (Micaela Ramazzotti) |
di Luca Ferrari
Una serata come tante tra quattro vecchi amici e l'ultima arrivata si trasforma in un afoso nugolo di rancori e segreti rivelati, lasciando libero e rabbioso campo a inevitabili pensieri-preconcetti che da prassi non vengono mai sbattuti volgarmente in faccia al diretto/a interessato/a. Soffiano Idee(ologie) differenti, ma non abbastanza separatiste per cedere all'oblio collettivo o quanto meno alla propria onestà umana. Uno scherzo a oltranza ed ecco che l'apparente quiete borghese si fa più utopica di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Tratto dalla piece teatrale Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, Francesca Archibugi dirige Il nome del figlio (2015).
Fragile e incurante delle più tragiche conseguenze del proprio operato, l'uomo è ciò che dice e costruisce. Il silenzio rimbomba come l'eco mortale di quelle tangenti intascate per risparmiare sulla solidità degli argini fino all'esondazione dei fiumi, e con tutto ciò che ne consegue. Per l'essere umano non c'è via di mezzo tra l'ipocrisia e la rabbia urlata. Non esiste confronto senza scontro emorragico. Nella quotidianità intellettual-borghese de Il nome del figlio va in scena il più tipico massacro italiano
Paolo Pontecorvo (Alessandro Gassmann) lavora nel campo immobiliare. È sposato con Simona (Micaela Ramazzotti) e stanno per avere un figlio. Quest'ultima, molto sempliciotta e provinciale, ha appena pubblicato un libro dal notevole successo commerciale. La coppia è attesa a cena da Betta (Valeria Golino), sorella di Paolo, e il marito Sandro (Luigi Lo Cascio), professore universitario sinistrorso e implacabile twittatore. A chiudere il quintetto dei commensali, il musicista Claudio (Rocco Papaleo), amico storico dei Pontecorvo & family.
Dai sorrisi politicamente corretti si passa ai diti puntati ed ecco gl'infeltriti maglioni da buon salotto ergersi su piedistalli da cui s(e)parare ciò che è buono e ciò che è sbagliato. Dentro di sé ognuno ha il proprio dirimpettaio verso cui sfogare le proprie frustrazioni. E pazienza se l'altro sarà ferito, l'importante è dimostrare di avere ragione (Sandro), continuare a ridere sotto i baffi (Paolo), mantenere una posizione di arbitro (Claudio) o peggio, accettare passivamente tutto questo con un'area di mancata beatitudine (Betta), per far si che nessuno accenda qualche riflettore lì dove non si dovrebbe.
Betta e Simona sono agli antipodi. Donna piangente la prima, capace solo di lanciare frecciate all'ormai frigido marito ma allo stesso tempo pronta a colpire senza pietà chiunque metta in discussione il suo inesistente (e sofferente) rapporto con la madre. Simona, invece a dispetto delle sigarette aspirate senza sosta in gravidanza, è molto più materna di quanto la sua apparenza non possa far pensare. Perfetto anello di congiunzione tra le zone d'ombra e la verità di un futuro che potrebbe essere migliore se solo i protagonisti ci provassero davvero.
Nello scorrere de Il nome del figlio non c'è tempo per le riflessioni né per capire. Nel cinema come nella vita si punta al lieto fine sommando palafitte su fondamenta su palafitte senza badare ai troppi cimiteri. Fiero della propria ideologia, Sandro passa in un attimo sul piano personale, sminuendo e aggredendo Simona per poi riavvicinarsi con un minimo abbraccio e un tiepido chiedere scusa senza riflettere sulle proprie azioni. Troppo poco. Oggi è stato Il nome del figlio (2015, di Francesca Archibugi), domani sarà di certo qualcosa d'altro. È anche così che nel mondo non cambia mai nulla.
Il nome del figlio - Paolo (Alessandro Gassman) e Sandro (Luigi Lo Cascio) |
Il nome del figlio - Simona (Micaela Ramazzotti) e Betta (Valeria Golino) |
Il nome del figlio - Betta (Valeria Golino) e Sandro (Luigi Lo Cascio) |
Il nome del figlio - Paolo (Alessandro Gassman) |
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