Il ponte delle spie - l'avvocato Donovan (Tom Hanks) |
di Luca Ferrari
La morsa della Guerra Fredda e lo spauracchio della Guerra Termonucleare Globale erano all’ordine del giorno. Stati Uniti e Unione Sovietica avevano diviso il mondo. A farne le spese, anche la città di Berlino la cui costruzione di un muro sancì la divisione tra i due blocchi così come della Germania Ovest e Germania Est. In questo esasperato clima di tensione, in una gelida mattinata appena fuori città, le due superpotenze atomiche si guardarono negli occhi. Lì, su Il ponte delle spie (2015, di Steven Spielberg).
James B. Donovan (Tom Hanks) è un brillante avvocato di Brooklyn. Arrivato in ufficio in un giorno come altri, gli viene proposta una causa senza precedenti: offrire assistenza legale a Rudolf Abel (Mark Rylance), o meglio il colonello Abel, spia sovietica appena catturata dai servizi segreti americani. L’intera nazione lo vorrebbe sulla sedia elettrica, Donovan però s'impunta (che strano tipo, ndr) sulla Costituzione e i suoi diritti, pensando inoltre in prospettiva. Messo alle strette, suggerisce di tenerlo in vita nel caso potesse servire per futuri scambi.
La previsione non tarderà ad avverarsi. Francis Gary Powers (Austin Stowell), pilota di un aereo-spia Lockheed U-2, viene abbattuto in territorio nemico durante un’incursione a 7.000 metri di altezza mentre era intento a scattare foto. Catturato e condannato, gli USA lo rivogliono indietro. Bisogna trattare e trovare una via d’uscita. A complicare le cose ci si mette però anche l’arresto nella DDR (Repubblica Democratica Tedesca) del giovane studente americano Frederic Pryor (Will Rogers), rimasto nella parte “sbagliata” del muro.
Proprio in virtù del suo impegno con Abel, viene scelto Donovan per andare a Berlino a sbrogliare la matassa. I servizi segreti americani vogliono solo il pilota, Donovan cerca d’inserire anche lo studente. Le persone con cui trattare però sono due. Anzi, le nazioni sono due. Unione Sovietica e la Repubblica Democratica Tedesca, rispettivamente nelle persone di Ivan Schischkin del KGB (Mikhail Gorevoy) e l’avvocato Wolfgang Vogel (Sebastian Koch).
Occorre organizzare uno scambio al più presto, e si farà presso il ponte di Glienicke, appena fuori Berlino. Tutto dovrà avere un ruolo non ufficiale. Per l’opinione pubblica non deve essere in atto alcuno scambio tra USA e URSS. Questo almeno fino a quando le cose non dovessero concludersi nel migliore dei modi. In caso contrario, beh, la CIA ovviamente non ne saprà nulla di questo avvocato sbarcato di propria iniziativa oltreoceano.
In un momento della politica internazionale a tratti simile (l’aereo russo abbattuto dalla Turchia nella fantomatica guerra contro l'Isis, ndr), su sceneggiatura dei fratelli Coen, Steven Spielberg (Lo squalo, Shindler's List, Lincoln) porta sul grande schermo una pagina di storia che vede il ponte di Glienicke epicentro di uno scontro nucleare mancato. Un conflitto che forse nessuna delle due parti avrebbe davvero voluto. E in quel rapporto di stima reciproca tra Abel e Donovan si può forse riassumere l’umanità oltre le bandiere, le politiche e le fedi. Non esiste differenza di pensiero che possa impedire a due uomini di andare d’accordo.
Che la si conosca o meno la storia, Il ponte delle spie conquista. Emblematica la città di Berlino ricoperta dalla neve. Una figura candidamente spettrale e dai connotati post bellici senza più nazisti ma con le severe divise della DDR comunista. È la costruzione del muro il vero momento topico. Mattone dopo mattone, strato di malta dopo strato, la divisione va in atto con i tedeschi disperati nel tentativo di passare dall’altra parte. Suspense pura quando viene messo l’ultimo pezzo di muro con il giovane Pryor, tornato nella parte orientale dalla sua fidanzata, ma ora impossibilitato a passare. E così viene subito arrestato.
Già protagonista del politico (e notevole) La guerra di Charlie Wilson (2007, di Mike Nichols), Tom Hanks assume ancora una volta i panni di uno di quegli antieroi a stelle e strisce che in virtù del proprio e personale modo di condurre certi affari, riesce a venire a capo in situazioni alquanto ingarbugliate. Come per la suddetta pellicola, è ancora una volta la Guerra Fredda il teatro per la sua azione. Un’epoca quella sempre più rimpianta da Est e Ovest causa l’imperante anarchia internazionale che regna sovrana nel terzo millennio.
Un'ultima nota personale. Mercoledì 16 dicembre, spettacolo serale delle 19,20. Ero lì, al cinema Rossini di Venezia nel primo giorno di proiezione. Stessa data per altri due colossi. Star Wars: il risveglio della Forza (di J.J. Abrahms) e Irrational Man (di Woody Allen). Con mia grande soddisfazione la massa omologata del popcorn era tutta in fila per il polpettone interstellare, lasciando alla Storia poco più di una decina di presenti, cosa che da un punto di vista personale mi andava benissimo (anzi, ci speravo proprio).
Difficile che qualcuno sia arrivato per vedere Il ponte delle spie senza saperne niente della vicenda, e anzi l'età media era over 30. Di che sorprendersi? Così come a Venezia la massa preferisce rimpinzarsi di (scadente) irrealtà piuttosto che imparare qualcosa. Star Wars ormai è una saga ultra-commerciale che vive di mera pubblicità e zero sostanza. Effetti speciali per intontire un mondo che si è rassegnato alla non reazione. Il ponte delle spie è qualcosa di molto più profondo e umano. A Venezia come altrove la massa ingurgita e si adegua, i pochi cercano un'altra strada e vogliono ancora imparare.
Il trailer de Il ponte delle spie
Il ponte delle spie - Rudolf Abel (Mark Rylance) e l'avvocato Donovan (Tom Hanks) |
Il ponte delle spie - l'U-2 abbattuto sopra i cielo sovietici |
Il ponte delle spie - a Berlino si costruisce il celeberrimo muro |
Il ponte delle spie - l'avvocato Donovan (Tom Hanks) passa sotto il muro di Berlino |
Il ponte delle spie (2015, di Steven Spielberg) |
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