Hotel Gagarin (2018, di Simone Spada) |
di Luca Ferrari
Un gruppetto di italiani in un albergo in piena Armenia coperta di neve. Sono arrivati per girare un film. Chi per lavoro. Chi per caso. Chi cambiare vita. Chi per realizzare il sogno di un'intera un’esistenza. C’è un gruppetto di italiani immerso nel bianco dell’Armenia. Per alcuni sono dei professionisti, ad altri paiono dei pazzoidi in un luogo sperduto. Quale che sia la verità, il senso o il domani che li attende, questa è la storia di Hotel Gagarin (2018, di Simone Spada).
I fondi europei sono una risorsa. C’è chi li spende bene per la propria gente e il territorio amministrato, e chi ne approfitta in modo spudorato per intascare lauti dividendi. Con l'inganno, viene così assemblata una squadra formata da un professore di Storia col sogno di dirigere il proprio manoscritto (Giuseppe Battiston), un tecnico delle luci (Claudio Amendola), un fotografo (Luca Argentero) e la prima attrice (Silvia D’Amico), quest’ultima proveniente, diciamo così, non propriamente dal mondo della recitazione.
Capitanati da una scaltra donna dell’Est (Barbora Bobulova), la truppa sbarca a Yerevan per poi proseguire su quattro ruote, guidate dalla una giovane ragazza locale (Caterina Shulha), tutta piercing e pancione. Dopo un bel po’ di strada tra città, paeselli e il nulla innevato, eccoli arrivare all’Hotel Gagarin. Un albergo solitamente chiuso l’inverno e aperto appositamente per gli ospiti italiani che qui avranno il loro “campo base” per partire a fare i sopralluoghi, incontrare le comparse, etc.
Tutto fila, non proprio liscio ma la farsa regge salvo poi accadere l’imprevedibile. Nelle ennesime scaramucce territoriali tra Armenia e Azerbaigian, ecco scattare l'inevitabile coprifuoco. Interviene l’esercito e nessuno può più uscire dall’albergo. La copertura dal Bel Paese intanto fa la sua inevitabile fine. Tutto allora deve ripartire e ricominciare. I segreti vengono a galla. Le ambizioni si spengono. La coralità del cuore prende il sopravvento. Le individualità delle singole anime si riappropriano della meraviglia dimenticata.
Se l’albergo più famoso della storia del cinema è (presumibilmente) l’Overlook Hotel dove aveva sede l’incubo Kubrickiano di Shining (1980), in tempi più recenti divenne un vero e proprio nascondiglio per i Tutsi in fuga dalla follia omicida Hutu durante il genocidio narrato in Hotel Rwanda (2004, di Terry George con Don Cheadle). A farne il centro di una più strampalata vicenda, Wes Anderson e i suoi colorati protagonisti del Grand Budapest Hotel (2014).
2018, questa volta tocca a una location isolata e allo stesso tempo molto accogliente. Il suo nome si richiama al primo astronauta dell’Unione Sovietica (e del mondo) capace di volare attorno al Pianeta Terra. Giorno dopo giorno, l’immobilità dei protagonisti si ribella. La notizia circola. Dalla vallata in tanti vogliono vedere. Dall’ampio e invisibile vicinato si presentano donne, anziani, uomini e bambini. Come tanti fanciulli che scrivono a Babbo Natale, anche loro hanno qualcosa da chiedere e sperare di veder realizzare davanti alla telecamera.
Il primo a presentarsi è un vecchio desideroso di raggiungere lo spazio come il suo eroe, per l'appunto Yuri Gagarin. Ecco poi i pistoleri, la piccola ballerina, gli innamorati. Un piccolo mondo a parte si colora di fantasia e una magia incredibile. Si crea, si monta, si cuce. Ma soprattutto, si sorride ed è contagioso. I premi non sono che pezzi di metallo. I riconoscimenti delle pergamene antiche. Gli sguardi meravigliati e festanti della gente, quelli sono diversi. Quelli sono il trionfo del cuore.
Fattosi le ossa come aiuto regista dei primi film di Checco Zalone, Noi e la Giulia, Non essere cattivo di Claudio Caligari e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, Simone Spada (Torino ’73) è qui al suo secondo lungometraggio dopo Maìn - La casa della felicità (2012), firmando in questo suo nuovo lavoro anche la sceneggiatura insieme a Lorenzo Rossi Espagnet.
Friulano di Udine classe ’68 , Giuseppe Battiston (Zoran il mio nipote scemo, Pitza e datteri, Perfetti sconosciuti) è un attore di razza. Professore ignorato dal malinconico sapore “PaulGiamattiano” (In viaggio con Jack, ndr), dei vari personaggi alloggiati all’Hotel Gagarin è il più ingenuo e idealista. Il classico candidato a rimanere scottato dai propri sogni e ancor di più dai sotterfugi dei furbi, o meglio truffatori. Ma coma avrebbe detto il giovane protagonista di un film di Martin Scorsese, “questa avventura deve ancora finire!”.
Curiosi incroci tra gli attori protagonisti. Amendola e Argentero si ritrovano insieme dopo la travolgente commedia Noi e la Giulia (2016, di Edoardo Leo). Barbora Bobulova ritrova Battiston dopo aver diviso il set del recente Dopo la guerra (2017, di Annarita Zambrano) e sempre l’attrice slovacca è di nuovo davanti alla telecamera insieme a Silvia D’Amico, dirette da Francesco Patierno in Diva!, film presentato Fuori concorso alla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Bobuolova che ritrova Caterina Shulha, l'indimenticabile escort incazzata Paprika di Smetto quando voglio, dal set di Immaturi - Il viaggio.
Distribuito da Lotus Productions, Hotel Gagarin è un film fa vedere al cinema. A tratti quasi HugoCabrettiano, ha il grande merito di mettere il destino al servizio dell’essere umano, che insolitamente e in modo del tutto anticonformista per i tempi moderni, cerca la felicità e sorride quando la trova. Come nell’immacolato paesaggio armeno, non c’è una strada unica. C’è chi si ferma a un tavolo e chi ha bisogno di una cavalcata. Qualcun altro invece inizia una partita a scacchi. Nulla di lugubre né di Bergmaniano, solo un mettere a (dolce) fuoco i propri sogni.
Hotel Gagarin (2018, di Simone Spada) non è una storia di disperati alla ricerca di una terra promessa che non c’è. Questa è una storia di uomini e donne che s’incontrano e diventano compagni di anima.. Non saranno solo le loro vite a cambiare, ma anche quelle di tante altre persone. O forse non cambierà nulla, ma da adesso tra loro e i propri sogni è scattato qualcosa. La consapevolezza di volerli davvero realizzare ed essere felici.
È stato un privilegio vedere Hotel Gagarin. È stato un privilegio potervelo raccontare.
Il trailer di Hotel Gagarin
Hotel Gagarin - la prima attrice (Silvia D'Amico) |
Hotel Gagarin - la guida locale (Caterina Shulha) |
Hotel Gagarin - l'organizzatrice (Borbora Bobulova) e il fotografo-cameraman (Luca Argentero) |
Hotel Gagarin - il docente aspirante regista (Giuseppe Battiston) |
Venezia, cinema Rossini - Tutto pronto per la visione di Hotel Gagarin © Luca Ferrari |
Nessun commento:
Posta un commento