Tolo Tolo - Checco Zalone in fuga insieme al piccolo Doudou (Nassor Said Birya) |
di Luca Ferrari
La vita dell'essere umano contemporaneo è una costante ricerca di una terra da chiamare casa. I sogni di chiunque venga al mondo sono gli stessi dalla notte dei tempi: felicità e amore. Non tutti lo capiscono. Non tutti lo realizzano. Moltissimi di noi partono svantaggiati. Moltissimi di noi vengono da lontanissimo. Ci può essere un ponte a dividerci, una strada o un mare. Come bambini in un risiko anarchico e dai confini ben delimitati, corriamo su e sempre più su, saltando tra torri pericolanti in precaria comunicazione di miseria e sopravvivenza. Questa è la storia di uno di noi. Questa è la loro e la nostra storia. Tolo Tolo (2020), di Checco Zalone).
Fallito nel giro di un mese il proprio ristorante sushi nell'entroterra pugliese, Checco Zalone ripara in Africa, lasciandosi alle spalle ex-mogli e debiti (parecchi), passando da imprenditore a cameriere in un villaggio turistico in Kenya. Il "ragazzo" si trova a suo agio con la clientela spocchiosa e opportunista, dispensando consigli su come aggirare le maglie fiscali (...), e così tutto sembra procedere per il meglio fino a quando non si ritrova nel mezzo di una guerra civile. Ha inizio così la fuga insieme al collega Oumar (Souleymane Sylla). Sullo stesso cammino, anche la bella Idjaba (Manda Touré), per cui Checco ha una bella cotta per niente ricambiata dalla donna, insieme al piccolo Doudou (Nassor Said Birya).
Ha inizio il viaggio. In autobus. Su quei pullman degli anni Trenta (nostri) nel tentativo di raggiungere un porto sicuro e di lì poi sperare di imbarcarsi per qualche accogliente (...) destinazione europea. Oumar è innamorato della cultura cinematografica italiana. Vorrebbe diventare un regista come Federico Fellini. Lui, come tutti gli altri, non ha idea di quali siano le reali condizioni, e soprattutto umori, del nostro Paese. I fuggitivi intanto sono tutti in marcia. Si lasciano alle spalle origini, amici e familiari. La loro strada sarà in salita per anni, se non per decenni. Con tutta probabilità, per tutto il tempo in cui vivranno. Per moltissimi di loro sarà un viaggio di sola andata o alla peggio, senza ritorno, e lo sanno bene, ma ci credono.
Tutti hanno chiaro in testa cosa potrebbe succedere a parte lui, Checco. Più preoccupato di essere rintracciato dal Fisco Italiano che non del trovarsi faccia a faccia con spietati aguzzini che trattano le persone come merce da ricatto, usando (ovviamente) anche le maniere forti se non dovessero arrivare i dollaroni o gli euro. Con la sua tipica ingenuità egoistica, Checco Zalone punta solo a una via d'uscita. Non fa nessuno sforzo di capire i cingoli arrugginiti di un mondo che alla fine ha il solo difetto di non indossare una giacca e cravatta, ma è ancora fermo alla legge della pistola alla tempia. Qualcuno accanto a lui però, la vede diversamente e così lo guiderà. Lui, Checco, si farà guidare.
Tolo Tolo (2020, di Checco Zalone) era un film attesissimo e non ha deluso le aspettative. Gli è bastato un weekend per demolire tutti i record del cinema italiano, andando a sfondare il muro degli otto milioni di euro nel primo giorno di programmazione. Numeri a parte, Tolo Tolo si è presentato al pubblico con il trailer-video Immigrato che ha volutamente dato un'idea differente da ciò che si sarebbe visto sul grande schermo. Ma questo non era che un accenno di una storia capace di toccare tematiche difficili e drammatiche, concentrando sul regista-attore, com'è tipico del suo stile cinematografico, gli egoismi e le ignoranze di quell'italiano incapace di andare oltre slogan e stomaco (intestino), ma senza mai cedere alla volgarità, come al contrario sapevano solo fare "gli ormai neo-intellettuali fratelli Vanzina."
Delle oltre mille sale cinematografiche dove l'ultima fatica Zaloniana è sbarcata, non ha fatto eccezione la città di Venezia (a quando un'anteprima al Festival del Cinema?, ndr), nella cui ampia sala 1 del Rossini Tolo Tolo resterà anche in questa nuova settimana. Nel corso della proiezione si è vista una varietà umana davvero notevole. Dalla coppia con lo sconto anziani ai gruppetti un po' casinisti di adolescenti, per poi vedere anche famiglie con figli piccoli e piccolissimi. Un film per tutti. Un film, Tolo Tolo, che è davvero di tutti. Impossibile restare (re)sil(i)enti a fine proiezione. Si parla. Si ragiona. Si comprende. Si sorride, ma soprattutto: si domanda.
Senza concedere neanche un millimetro alle anemiche e agonizzanti bandiere dei post politici, Checco Zalone sceglie l'umanità di un pensiero che va ben oltre l'immediatezza di una battuta. Come aveva già fatto in modo esemplare sul fronte del lavoro nel precedente Quo Vado? (2015), dove però la regia era ancora in mano a Gennaro Nunziante, questa volta plana sul dramma dei flussi migratori, guardando in faccia la morte ed entrando nell'inferno dei carceri di frontiera. Luca Medici non regala facili ironie, lacrime caritatevoli o accuse contro gli aguzzini di qualsiasi bandiera, credo e colore. Luca Medici racconta una storia universale. Checco Zalone la consegna al pubblico tramutata in una visione, Tolo Tolo (2020). A tutti noi l'arduo compito di ragionare e poi parlarne.
Tolo Tolo - Idjaba (Manda Touré), Checco Zalone e il piccolo Doudou (Nassor Said Birya) |
Tolo Tolo - Checco Zalone in un momento di risveglio fascio-italico |
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