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martedì 14 giugno 2016

Julieta, le parole che sto scrivendo

Julieta - Julieta (Emma Suarez) scrive
I colori la memoria annaspano tra carezze e legami tempestosi. Occorre fare chiarezza dentro di sé. Julieta (2016, di Pedro Almodovar) prende la penna e si racconta.

di Luca Ferrari

La vita è trascorsa tra attimi, passioni e dolori. Julieta (Emma Suarez) è una donna matura ma il passato è ancora troppo invadente. È più forte di lei. C’è qualcosa da lasciar emergere. C’è qualcuno da mettere a fuoco. C’è qualcosa che lei stessa deve avere il coraggio di guardare da dentro il proprio volto. Julieta prende carta e penna. Comincia a scrivere una lettera. La carta s’impregna di memoria. Il foglio diventa il fedele ascoltatore e unico testimone dell’esistenza di Julieta (2016, di Pedro Almodvar).

Una famiglia come tante. Julieta (Adriana Ugarte) e Xoan (Daniel Grao) si sono incontrati per caso. Dalla loro passione e amore è nata Antía (Priscilla Delgado). Vivono nella placida cittadina portoghese di Radas. Lui è un pescatore. Lei un’insegnante. Mare come metafora perfetta dell’esistenza. Placida. Serena. Violenta. Fragorosa. Visibile e segreta. Sono uniti. Insieme a loro c’è la fedelissima e un po’ troppo invadente governante Marian (Rossy de Palma).

Con l’arrivo dell’adolescenza e un imprevisto lutto mentre è in campeggio dove conosce la coetanea Beatriz (Sara Jimènez), la vita di Antia inizia a mutare. L’inevitabile scontro generazionale con gli adulti esce dai blocchi ma senza il clamore di scenate o i flash della rabbia. Le parole non dette lievitano improvvise. Un turbine silenzioso in cui viene coinvolta anche l’amica dei genitori, Ava (Imma Questa). Tutto questo Julieta adesso lo sta scrivendo a qualcuno che non c’è più. È una persona fisica. È la sua anima ferita.

Prima di mettere su famiglia Julieta cavalcava la vita con quella leggerezza tipica di un’età ancora speranzosa sul futuro. Il tempo poi passa con i suoi strali di sorrisi e sofferenze. Nessuno potrebbe mai immaginare che gettare una torta di compleanno nel cestino potrà diventare una tragicomica tradizione. Le cose succedevano senza che io vi prendessi parte, ammette sconsolata la protagonista.

Molti anni dopo la vita di Julieta è profondamente cambiata. È ferma. Pronta a mettersi il passato alle spalle, qualcosa la trattiene ancora nella mente come la praticità di un appartamento. Una vita. Una città. Scrivere non è certo la cura di tutti i mali ma vedere ciò che ci tormenta lì davanti, magari con l’idea di leggerlo o spedirlo ad altri, può essere quella molla in grado di mutare un’affannata corsa senza meta in un declivio coperto di fragole e cardi.

Julieta inizia a rivivere l’intera sua esistenza cercando di capire. Torna in quegli stessi luoghi come se volesse fare un salto temporale e così poter rivivere momenti più spensierati cambiando le cose, ma così non succede. Mai. Tutt’al più, nella migliore delle ipotesi, si potrà avere la fortuna di rincontrare una persona che saprà regalarci un abbraccio, e magari una speranza. O una fondamentale verità ignorata.

Ispirato dai tre racconti Fatalità, Fra poco e Silenzio, inclusi nella raccolta In fuga (2004, di
Alice Munro), è sbarcato sul grande schermo Julieta (2016, di Pedro Almodovar), film presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes. Pedro abbandona l’introspezione più spietata prediligendo tavolozza e pennello. Scenografia. Inquadrature. Tocca alla sensibilità e il proprio vissuto decidere da che parte soffierà la storia.

La predilezione di Almodovar per il mondo femminile è evidente, e anche in questo lungometraggio sono loro al centro della scena. I colori incantano, a risentirne però è una certa linearità. Difficile credere che un figlio non riesca neanche a immaginare il dolore di un genitore all’idea di perderlo. Pedro si prende una pausa dal suo essere Almodovar. La sua anima attraversata da qualche puntino di sospensione di troppo indugia sul panorama e i larghi quadratini del quaderno s’impregnano di dolorosa e sconsolata dolcezza.

Julieta è in viaggio su di una barca a remi con poche coordinate. Passa da un laghetto di montagna all’oceano in un baleno. Il tempo non fa giustizia di nessun torto. Nessun cadavere del nostro ingiusto passato renderà meno amari certi vissuti se noi per primi non sapremo alzarci e trovare una nuova strada, facendo del domani quel tempo che non avremmo mai pensato di saper e poter avere. Ed è esattamente ciò sui cui sta riflettendo (e fa riflettere) Julieta (2016, di Pedro Almodovar).

Il trailer di Julieta

Julieta - Antìa (Blanca Parés) e la madre Julieta (Emma Suarez)

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