Suspiria (2018, di Luca Guadagnino) |
di Luca Ferrari
Suspiria (2018, di Luca Guadagnino) è un remake dell'omonimo (1977) diretto da Dario Agento. In parole povere non è farina del regista palermitano. Presentarlo a Venezia è una mossa molto furba. Non sarei sorpreso se il film avesse successo. Guadagnino ha le doti, l'acume e l’intelligenza per rispolverarlo alla grande, e gli spettatori del festiva sono facili da conquistare col suo stile. Resta però un prodotto già fatto da altri, quindi tutta questa attenzione sarebbe ora che il pubblico e l’industria cinematografica la indirizzassero a prodotti originali, e non rifacimenti intellettualoidi di alta quota.
Luca Guadagnino è una persona preparata e interprete di un cinema a tratti particolare. I suoi risultati sono alterni. Dopo l'esordio con The Protagonist (1999), è balzato alle cronache con Melissa P (2005) ispirato al romanzo "100 colpi di spazzola prima di andare a dormire" di Melissa Panarello, e che vanta un cast di importanti attori quali Elio Germano, Claudio Santamaria e Alba Rohrwacher. Più interessante Io sono l’amore (2009), presentato nella sezione Orizzonti della 66° Mostra del Cinema di Venezia.
Di gran lunga meno efficace e zeppo di luoghi comuni, l’altrettanto “veneziano” A bigger splash (2015) con Ralph Fiennes, Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts e Dakota Johnson. Non ho visto il tanto decantato Chiamami col tuo nome (2017), candidato a quattro premi Oscar e vincitore della statuetta della Miglior sceneggiatura non originale (a James Ivory). Non posso dunque avere un’opinione su quest'ultimo. Diverso è il caso di Suspiria, remake presentato in concorso alla 75° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (29 agosto - 8 settembre).
I remake, squel a distanza di decenni & simili hanno invaso il grande schermo. Ormai è un trend consolidato, i risultati qualitativi però sono troppo spesso imbarazzanti. Ultimo di questi esemplari, Assassinio sull'Orient Express (2017), diretto e interpretato da Kennet Branagh. Ai grandi produttori però è evidente che la cosa non interessi. Si punta quasi ed esclusivamente a ciò che è un nome che la gente conosce in modo da non avere brutte sorprese. Così il cinema non fa cultura, ma ricicla se stesso in nome del dio danaro.
Guadagnino ha fatto bene i conti e per il suo 6° lungometraggio si è circondato di attrici già collaudate a cominciare dalla musa Tilda Swinton (Burn After Reading, Solo gli amanti sopravvivono, Grand Budapest Hotel) e Dakota Johnson (21 Jump Street, Cinquanta sfumature di grigio, Single ma non troppo). Alla fine la domanda è sempre quella. Era proprio necessario fare un rifacimento? Suspiria è e rimarrà sempre di Dario Argento così come Point Break (1991) lo è di Kathryn Bigelow. Suspiria (2018) è e resta un'operazione ben confezionata di marketing stilistico. Nulla di più.
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