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mercoledì 14 agosto 2019

Chernobyl, il "ponte" della morte

Chernobyl (di Johan Renk)
Ieri il disastro nucleare di Chernobyl, appena un anno fa il crollo mortale del ponte Morandi a Genova. In comune, lo spietato interesse (dis)umano che continua a mietere vittime.

di Luca Ferrari

Nel ricchissimo panorama delle serie d'autore si è di recente ritagliata un posto d'onore la mini-serie Chernobyl (di Johan Renk). Solo cinque puntate per raccontare (con una certa libertà) la tragedia avvenuta il 26 aprile 1986 nella centrale nucleare di Chernobyl, all'epoca in Unione Sovietica, oggi Ucraina. Un racconto crudo e drammatico. Un racconto che non ha smesso di essere rivissuto nella quotidianità dove l'uomo, per interesse, opera in modo superficiale mietendo vittime senza riserbo, come accadde esattamente un anno fa a Genova.

Qualcosa è successo, lì, nella centrale. Tutti i pompieri vengono richiamati. La gente del villaggio vicino guarda a distanza dal ponte ferroviario, restando quasi incantati dallo "spettacolo" luminoso che si vede nel cielo, con tanto di simil-nevicata. Ancora non sanno che ciò che sta accadendo dal cielo è la loro morte. Come un biblico angelo sterminatore, venuto per fare a meno della razza umana dietro un bieco e disinteressato disegno di esseri disumani. Così va il mondo. Così è sempre andato il mondo e non smetterà di farlo.

Un banale test nella centrale nucleare di Chernobyl e scoppia l'inimmaginabile. Arrivano i funzionari diretti e i pesci più grossi del Partito. Obiettivo numero uno: minimizzare, nascondere e tranquillizzare. Dopo ulteriori problemi, si rende necessario un intervento di altro tango ed ecco sopraggiungere Boris Shcherbina (Stellan Skarsgård), il quale sarà poi affiancato dal fisico Valerij Alekseevič Legasov (Jared Harris) e la dottoressa Ulana Khomyuk (Emma Watson). Insieme cercano di trovare una soluzione su come spegnere il reattore.

La storia è avvincente nel segno del dramma più inimmaginabile. Una caccia alla verità che presto diventerà qualcosa di ancor più mostruoso. Siamo in Guerra Fredda e l'Unione Sovietica non può certo ammettere davanti al mondo intero, specie quello occidentale, di aver commesso un errore. La miniserie Chernobyl ci riporta dentro l'orrore di una tragedia che ha segnato la memoria di una grande fetta di mondo, ma da allora, seriamente: è cambiato qualcosa nella coscienza di chi amministra il potere?

Oggi intanto, 14 agosto, va in scena l'ennesima ipocrisia italiana. Ci fermeremo tutti, inclusi i responsabili (veri) che non verranno mai fuori. Guarderemo quel cratere urbano di morte a Genova giurando a noi stessi che mai più ricapiterà qualcosa del genere ma la verità è un'altra e la conosciamo tutti bene. Dietro l'interesse, che sia puramente economico o per mantenere salda una facciata governativa, se ci vanno di mezzo degli umili esseri umani, poco importa. Noi siamo le pedine sacrificabili e lo saremo sempre.

Guardiamoci pure Chernobyl. Proviamo disagio e orrore, ma basterebbe aprire gli occhi attorno a noi per osservare tutto questo dal vivo.

Chernobyl - (da sx) Boris (Stellan Skarsgard), Legasov (Jared Harris) e Ulana (Emma Watson)
Chernobyl (di Johan Renk), il ponte della morte

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