E.T. l'extra-terrestre (1982, di Steven Spielberg) |
by Luca Ferrari
Fa impressione dire che ero appena in 1° elementare quando sul grande schermo arrivò E.T. l'extra-terrestre (1982, di Steven Spielberg) e che da allora sono passati 30 anni. E riguardandomi davanti al volto sincero di quel piccolo alieno, lontano anni luce dalle creature sempre intenzionate a farci fuori e radere al suolo ogni città terreste, riesco solo a immaginare che le stelle non siano solo indomabili corpi celesti. Che qualcuno d’invisibile adesso è vicino a me, e magari mi ha proprio suggerito queste parole.
Al giorno d’oggi quella magica atmosfera non è facile da ricreare. Sul grande schermo ci ha provato l’anno passato J. J. Abrams con Super 8, nel teatro di una presenza extraterrestre e con il giovanissimo e impacciato Joe (Joel Courtney) a fare gli occhi dolci alla bella Allie (Elle Fanning).
Al giorno d’oggi quella magica atmosfera non è facile da ricreare. Sul grande schermo ci ha provato l’anno passato J. J. Abrams con Super 8, nel teatro di una presenza extraterrestre e con il giovanissimo e impacciato Joe (Joel Courtney) a fare gli occhi dolci alla bella Allie (Elle Fanning).
E allora perché, e badate bene che il mio appello riguarda tutte le sale d’Italia, non viene riproposto il capolavoro di Steven Spielberg sul Grande Schermo nel 2012? Nella mia immaginazione non trovano spazio posti vuoti. Ci volete provare? Pensate all’ultima volta che vi siete fermati a osservare la Luna. C’è stato almeno un sogno irrealizzabile che vi è venuto in mente? Non voglio pensare che non possa più accadere.
“Se a distanza di trent’anni E.T. l’extraterrestre non ha perso un grammo del suo fascino e del suo potere, lo si deve senz’altro alla struttura di fiaba esemplare, che al tempo stesso riesce a mantenere un equilibrio costante tra credibilità dell’assurdo e valore della metafora, restando uno dei migliori titoli nell’aver rappresentato con sfumature ricchissime di sentimenti la solitudine adolescenziale che si trasforma generosamente in altruismo” scrive Marcello Garofalo sul numero di febbraio del celebre mensile cinematografico Ciak.
“Il manifesto del film con il dito dell’extraterrestre che tocca – michelangiolescamente – quello del bambino, generando una stella luminosa attraverso il contatto, ne è la magnifica sintesi grafica”.
Oh
mie care ombre speculari e senza cielo, con le ginocchia ancora bambine
e senza alcun normale ragionamento a cui paragonare il ritratto del mio
silenzio, vi prometto che non vi farò mai perdere l’equilibrio anche
quando smetterò di concentrarmi. Frastagliati flussi luminosi, faccio
subito richiesta di sapere quello che mi succederà dentro. Arrotondata
piccola calotta luminosa, ho ottenuto di accettare la libertà
incondizionata di quello che ho dentro.
Di fronte a te ci sono anche quelle stelle che vivranno migliaia d’anni senza di me.
Di fronte a te ci sono anche quelle stelle che vivranno migliaia d’anni senza di me.
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