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martedì 19 febbraio 2013

This Must Be Collodi

Enzo D'Alò e il suo Pinocchio
...a suo tempo ero lì. In quella piccola frazione di Pescia (Pt). E anche se continuavo a camminare da solo, capii fin troppo bene perché ogni araba fenice sarebbe sempre nata nel vento gelido. Trovandosi a proprio agio con quelle uova depositate nella sabbia venute al mondo per autorizzare i sogni a molestare il mondo in ogni sua dinastia di potere. Un tempo mi dissero che avevo vinto una città, e quando la strega venne sconfitta proprio nel momento in cui si rese invisibile, cominciai a correre per due miglia nel ricordo delle gentilezze del viaggio d’andata. Poi ho scoperto che alla gente interessava sapere  solo a quale barricata io appartenessi. Le sensazioni erano già lì. Bastava mettersi davanti. Certo, potevo essere più fortunato finché si trattava di essere ieri.

“Pinocchio porta il desiderio di libertà, l’ingenuità e la purezza. Pinocchio è un bambino ingenuo in un universo di adulti. Alla fine dovrebbe essere il mondo ad adeguarsi a lui, e non viceversa perché lui rappresenta la voglia di scoprire e invece si trova catapultato in una realtà omologata. È un bambino che viene al mondo a dieci anni, un E.T. che arriva in un posto che non conosce” Enzo D’Alò – estratto dell’intervista di Adriano Aiello pubblicata sul mensile Best Movie numero (N. 2 – Febbraio 2013).

Pinocchio (2012, di Enzo D'Alò)
Mi sono sempre piaciuti i cappelli delle fate. Le poche volte che da piccolo riuscivo a scappare di casa, non era solo per prendere a testate i cancelli o scansare angeli ritardatari. Cercavo un contatto tra le gambe degli asini e le zampe delle lumache. Poi a notte anticipata, durante la strada del ritorno, nessuno ha mai fatto caso su quale braccio nascondessi le marionette rimaste.

Per me adesso potreste andare anche a chiamare lupi coperti di carbone, non entrerò mai nella bocca di una balena per strapparle i denti. Per ogni padre che perdiamo ci sono stelle derubate che sostano ancora sulla pedana del nostro cammino.

No, non chiamate gli oceani adesso. Io per primo sarei scorretto se mi presentassi alla vostra porta con un acquario. La realtà è che tutti noi abbiamo vissuto in una prigione per molto tempo e ognuno avrebbe potuto salvarsi con il calco di un nuovo giocattolo. Se avessi avuto a disposizione meno simulazioni e più lanterne rosa, già allora avrei saputo spiegare alla perfezione come una qualsiasi dislocata animazione sia in grado d’inseguire una nave, mutando in continuazione l’incanto di una strada dove tutti  viaggiano assumenndo i natali d’ogni bambino.

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