Lincoln (2012, di Steven Spielberg) © DreamWorks Distibution |
di Luca Ferrari
Quello che poteva essere dimostrato con il sangue, la guerra, l’odio e la schiavitù, ormai dovrebbe essere già stato detto. Fatto. Dimostrato. Scritto. Proclamato. Istituzionalizzato. Ma non è ancora abbastanza per te, vero, stupida e degenerata razza umana? A chi tocca pagare il conto adesso? A chi tocca continuare a pagarlo? A chi tocca premere il grilletto questa volta? Le catene dei negri di allora sono i vincoli economici di oggi.
Le catene dei negri di allora sono i pregiudizi che impediscono alle società di crescere. Siamo tutti schiavi. Ognuno con il suo misero pezzo di terra, e con qualcuno cui far sentire la frusta del nostro misero comando. Dentro e fuori le stanze, allora come oggi nei posti di governo si siedono immondi bipedi che sputano addosso ad altre persone come fossero bestie, in virtù di non si sa quale e indefinito concetto di superiorità. Nel lontano ‘800, durante la mattanza della Guerra Civile americana, un uomo capì che tutto questo non era più tollerabile e che la Storia andava cambiata ora. Il suo nome era Abraham, e il regista Steven Spielberg gli ha appena dedicato Lincoln (2012).
Oggi, nel 2013, in quasi parallelo a Quentin Tarantino e il suo Django Unchained, il regista di Cincinnati tocca nuovamente quel tasto in un momento d’incertezza mondiale. In un momento della Storia dove bisogna per forza evolversi se non si vuole restare indietro per sempre. E per farlo ha scelto un uomo che si oppose con forza a qualsiasi compromesso pur di cambiare gli Stati Uniti con l’abolizione della schiavitù.
A interpretare la famiglia presidenziale, i coniugi Abraham e Mary Todd Lincoln, i due volte premio Oscar, Daniel Day-Lewis e Sally Fields, e i figli Tad (Gulliver McGrath) e il più grande Robert Todd (Joseph Gordon-Levitt), desideroso quest'ultimo di dimostrare il proprio valore anche in guerra e non solo dietro scartoffie da avvocato.
Guerre e politica. Politica e guerre. Spielberg dirige lo scontro su tutti i fronti possibili del Presidente. Da quello sul campo, a quello delle aule del Gabinetto senza dimenticare le mura domestiche dove la moglie è ancora lacerata dalla prematura morte del figlio. Lincoln sembra trasmettere una costante e sorniona espressione di sofferenza. Sembra come stia per cedere. Ma in quel suo sguardo mezzo sbilenco si nasconde una roccia, sferzata dalla sua stessa ironia e qualche aneddoto che ficca in mezzo anche in momenti delicati (spettacolare quella del quadro di George Washington), anche se non sempre tutti gradiscono come l’ancor più barbuto Segretario alla Guerra, Edwin Stanton (Bruce McGill).
Lincoln ha bisogno di voti per avere la certezza che il Tredicesimo Emendamento non venga bocciato. Per recuperare i 20 mancanti ricorre a tutti i mezzi possibili, inviando tre uomini fidati per convincere, magari con qualche promessa d'incarico più o meno prestigioso, a firmare il si. E per questo lavoro ci vuole un mix di spregiudicatezza, decisione e faccia tosta. Tutte qualità dei fidati William N. Bilbo (James Spader), Robert Latham (John Hawkes) e Richard Schell (Tim Blake Nelson), che non temono di vedersi sbattere la porta in faccia o peggio, come capita al povero Bilbo, pure qualche fucilata alla quale si rimedia con una nobile fuga.
Ma se qualcuno firma senza troppi problemi, c’è anche chi cambia idea o resta indeciso fino all’ultimo. E sono proprio loro a decidere da che parte girerà l’ago della bilancia. I due più clamorosi, che si beccano del venduto dalla roccaforte dei Democratici, sono George Yeaman (Michael Stuhlbarg) e Wells A. Hutchins (Walton Goggins).
Ma se qualcuno firma senza troppi problemi, c’è anche chi cambia idea o resta indeciso fino all’ultimo. E sono proprio loro a decidere da che parte girerà l’ago della bilancia. I due più clamorosi, che si beccano del venduto dalla roccaforte dei Democratici, sono George Yeaman (Michael Stuhlbarg) e Wells A. Hutchins (Walton Goggins).
E come ancora spesso succede nei momenti cruciali della vita politica, la dialettica può risultare più decisiva perfino delle idee che la animano. E se la schiavitù dei neri è sostenuta dalla bieca intransigenza razzista del senatore Fernando Wood (Lee Pace) e il leader dell’Opposizione George H. Pendleto (Peter McRobbie), dall’altra parte c’è uno zoppicante ma coriaceo Thaddeus Stevens (Tommy Lee Jones), senatore radicale che non mancherà di sorprendere tutti con la sua orazione finale, con un delicato gesto rivelatore a battaglia vinta. Nel calore del proprio letto matrimoniale.
– I miei giuramenti hanno usato la bandiera bianca per le ragioni sbagliate, ma posso ancora rimediare. In un momento come questo desidero rimanere solo e scrivermi da me il telegramma prima di scendere dal palcoscenico del mondo lasciando al caos della vera Democrazia la sola giustizia del rispetto umano –
Da dove cominciamo?, chiedeva sghignazzante il viscido Joker (Heath Ledger) per risolvere la questione Batman. La stessa domanda ce la dobbiamo porre noi oggi. Domani. Sempre. Fino a quando l’uguaglianza cesserà di essere un diritto, una necessità, una speranza o qualsiasi altra cosa di diverso dalla normalità. Siamo nella settimana della Memoria ma i campi di sterminio ci hanno insegnato troppo poco a giudicare da cosa è accaduto dal 1945 in poi. Siamo ancora lì.
Trincerati in paure e pregiudizi. Una Carta non significa nulla se il suo valore è tutto nel ricordo e nell’orgoglio dei firmatari. Per quanto ne so, l’odio tra la gente per differenze etniche o religiose è il peggior liquame che esista al mondo. Una fetida pagnotta con cui ci si continua a ingozzare dopo averla già mangiata e ripetutamente vomitata. Vendendola alle parate. Alle masse. In Italia come nel mondo ci sono leggi sbagliate. Una di queste è la vergognosa bossi-fini. Un oltraggio per i Diritti Umani e per qualsiasi essere vivente si senta degno di questo appellativo.
Trincerati in paure e pregiudizi. Una Carta non significa nulla se il suo valore è tutto nel ricordo e nell’orgoglio dei firmatari. Per quanto ne so, l’odio tra la gente per differenze etniche o religiose è il peggior liquame che esista al mondo. Una fetida pagnotta con cui ci si continua a ingozzare dopo averla già mangiata e ripetutamente vomitata. Vendendola alle parate. Alle masse. In Italia come nel mondo ci sono leggi sbagliate. Una di queste è la vergognosa bossi-fini. Un oltraggio per i Diritti Umani e per qualsiasi essere vivente si senta degno di questo appellativo.
Ci sono cose che devono essere fatte. E per fare un’impresa bisogna cominciare subito. Hai ragione Abraham Lincoln, – Questa non è la solita cosa, questa è la Storia –.
Lincoln - l'avvocato W. N. Bilbo (James Spader) |
Lincoln - Thaddeus Stevens (Tommy-Lee-Jones) |
Lincoln (2012), di Steven Spielberg © DreamWorks Distibution |
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