di Luca Ferrari
Breve (87’) e frivolo. Rare incursioni nel background psicologico della banda di giovani che entravano nelle case dei vip per rubare borse, scarpe e quanto di più materialista ci potesse essere. La tanto strombazzata opera 5 della regista Sofia Coppola non incide. Non spiega. Dice e non dice. In Bling Ring c’è ben poco posto per qualcosa. Tutto s’immola sul sacro altare dell’apparenza.
Breve (87’) e frivolo. Rare incursioni nel background psicologico della banda di giovani che entravano nelle case dei vip per rubare borse, scarpe e quanto di più materialista ci potesse essere. La tanto strombazzata opera 5 della regista Sofia Coppola non incide. Non spiega. Dice e non dice. In Bling Ring c’è ben poco posto per qualcosa. Tutto s’immola sul sacro altare dell’apparenza.
Sofia Coppola continua a raccontare il mondo giovanile. Stranito. Perduto. Fragile. Non certo ordinario. L’avevamo lasciata a Venezia, alla Mostra del Cinema 2010, con in mano il Leone d’Oro per il Miglior Film, Somewhere. La ritroviamo con un film che ha fatto più notizia per la sua interprete più nota (la harrypottiana Emma Watson) e per il fatto di cronaca in sé realmente accaduto, che non per la qualità della pellicola.
C’è un nuovo studente nella modaiola Hollywood, Marc (Israel Broussard), subito etichettato come sfigato semplicemente perché non palestrato o vestito disgustosamente alla moda. In un amen gli viene in soccorso Rebecca (Katie Chang), che si scopre essere un’abituale maniaca di gossip e annessi furti a macchine di ricconi e desiderosa insieme alle amiche di avere tutto quello che indossano le star dello show business.
È lui il solo personaggio di cui si parla in modo un po’ più approfondito con accenno (minimo) di storia personale. Delle altre si vedono solo le ville sfarzose in cui vivono, l’opulenza e un certa intolleranza per qualsiasi cosa non possa aspirare a finire su di una copertina patinata. In particolare Nicki (Emma Watson). Di lei si capisce a che è famosa. Perché? Per cosa? Non si sa.
Guarda il trailer di Bling Ring
Rebecca e Marc entrano nella villa di Paris Hilton,
e subito coinvolgono le altre amiche. Quando la banda ribattezzata
dalla stampa americana per l’appunto "Bling Ring" si perde nei
guardaroba infiniti della bionda ereditiera, sembra di rivedere le scene
pop della regina francese Marie Antoniette (Kirsten Dunst) dinnanzi a scarpe e makeup. Nicki poi è tremendamente “americanbeautiana” (Angela Hayes, alias Mena Suvari) nell’atteggiamento e molto simile pure nel doppiaggio italiano.
Scarpe, trucchi, borse, collane, braccialetti. Un gruppo di viziatelli rapinano le case dei vari Orlando Bloom, Rachel Bilson,
etc. per un totale di oltre 3 milioni di dollari. Vengono presi,
processati e intervistati (qualcuno più degli altri, s'intende). Si, ok.
E poi? E poi? E poi? Poteva esserci qualcosa di più. Ci doveva essere qualcosa di più. Si può essere Sofia Coppola e raccontare. Poi (per fortuna) ci sono gli Oliver Stone che hanno il coraggio di dire qualcosa di più.
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