The Accountant - il misterioso Christian Wolff (Ben Affleck) |
di Luca Ferrari
Christian Wolff è un contabile. Un lavoro noioso e ordinario. Almeno in apparenza. Tra i suoi clienti ci sono alcuni dei più efferati criminali del pianeta. Affetto da autismo fin da giovanissima età, le sue capacità di analisi e calcolo sono fuori dal comune. La sua è un’esistenza solitaria e molto ben protetta. Qualcuno però si è accorto della sua esistenza e vorrebbe incastrarlo. Ma aldilà delle sue indubbie capacità, non sarà un compito facile per più e complesse ragioni. The Accountant (2016, di Gavin O’ Connor).
Il fior fiore della criminalità di alto lignaggio ha qualcosa in comune, anzi, qualcuno. È un uomo in apparenza normale, tale da passare inosservato. Qualcun però si è accorto di lui. È l’agente Raymond King (J. K. Simmons), prossimo alla pensione, e deciso ad arrestarlo prima di appendere il distintivo al chiodo. Ad aiutarlo in questa caccia più o meno limpida, l’analista Medina Marybeth (Cyntia Addai-Robinson). Un curriculum impeccabile se non fosse per qualche peccatuccio che credeva crittato.
Ha inizio la ricerca, e il primo passo è capire le proprie generalità. Prenderlo verrà dopo. Tecnologia e acume umano uniscono le forze fino a far emergere. Il suo nome è Christian Wolff (Ben Affleck). Il mestiere lo ha imparato in un carcere federale, diventando il protetto dell’esperto di riciclaggio Francis Silverberg (Jeffrey Tambor). Una misteriosa voce gli dice dove operare. Compreso l’interesse della legge, il suo nuovo lavoro è un incarico di tutto rispetto, la Living Robotics di cui è titolare Lamar Blackburn (John Lithgow).
Christian è un contabile e come tale le sue mansioni vengono richieste per la verifica di alcuni conti che non tornano, come ha scoperto la giovane Dana Cummings (Anna Kendrick). La doppia identità dell’uomo dei numeri è ignara a Lamar, un qualcosa che presto scoprirà. Lui e il suo esercito di mercenari che lo proteggono, capitanati Braxton (Jon Benthal), un uomo quest’ultimo che ha qualche conto in sospeso proprio con il rivale che volente o nolente dovrà affrontare.
The Accountant non è un film sull’autismo. In questa pellicola si parla anche du questo problema ma potrebbe essere un altro. Ben Affleck (Pearl Harbor, Daredevil, Argo) sa dividere come pochi. La massa muscolare messa su per calcare le vesti dell’uomo-pipistrello in Batman v Superman, Dawn of Justice (2016) si vede ancora. Il vocabolario limitato nel film lo rendono quasi più robotico che umano, tale da immaginarmelo già nei panni Schwarnzeggeriani di Terminator.
Anna Kendrik (1985) è uno degli indubbi volti nuovi di Hollywood. Minuta e dalla bellezza acqua e sapone della porta accanto, ha saputo calarsi nell’ennesimo ruolo diversificato della sua giovane ma già molto prolifica carriera. Abbandonate le vesti vampiresche della saga di Twilight, è stata svezzata al lavoro sporco da George Clooney in Tra le nuvole (2005) per poi diventare la Cenerentola in fuga del corale Into the Woods (2014).
Da molti etichettato come un film sulla falsariga di A Beautiful Mind (2002, di Ron Howard), incentrato sulla figura del genio matematico e autistico John Nash (inetrpretato da Russell Crowe), l’opera di O’ Connor non potrebbe essere più differente, Difficile classificare The Accountant in un unico genere. Alla base c’è l’incomunicabilità di un ragazzo e il disperato tentativo di un padre di non lasciarlo al di fuori del mondo. Il risultato sarà un'infallibile macchina da calcolo-guerra sotto la cui piattaforma batte però ancora un cuore.
Nessun commento:
Posta un commento