The Wedding Party (2012, di Leslye Headland) |
di Luca Ferrari
Non esiste sentimento che nel Belpaese sappia svincolarsi dall’imminente e tragico peso di qualche esistenzialismo o banale destino di pensieri. Anche uno dei giorni più belli o comunque più importanti della vita di ciascuno, il matrimonio, viene caricato, viene annacquato dai luoghi comuni più banali che fanno, consentitemi un richiamo Piraccionesco, venire una voglia immane di mettere su una bella "frulleria di ‘oglioni", lasciando da parte la felicità.
Premetto che non sono sposato, ma ho partecipato a svariati lieti eventi. Alcuni mi sono garbati di più di altri. Non tanto per location o condizioni climatiche, ma per la semplicità. Vengo al sodo. Vedere un film italiano dove c’è un matrimonio o comunque la vita coniugale, equivale spesso a un incubo in piena regola.
Penso a L’ultimo bacio (2001) di Gabriele Muccino con annessi prequel e sequel, o ai più recenti La peggior settimana della mia vita e sequel di Alessandro Genovesi con Fabio De Luigi e Cristiana Capotondi. Matrimonio e vita di coppia sempre e costantemente un dramma. Che palle.
Giovedì 18 ottobre sono sbarcate intanto dagli Stati Uniti due commedie. Il matrimonio che vorrei (di David Frankel con Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Steve Carell) e The Wedding Party (di Leslye Headland) con Kirsten Dunst e Isla Fisher. Devo ancora vedere i trailer. Devo ancora andare a sedermi davanto al grande schermo e assistere alle rispettive proiezioni.
Da quello che so, il secondo è un po’ politically scorrect, il primo parla da sé guardando i nomi dei tre protagonisti. “Le solite commedie ruffiane americane” dirà qualcuno. "Un momento di realx e leggerezza" risponderebbero altri. Una domanda: ma è proprio così inverosimile essere rilassati e felici il giorno che convola a nozze?
Da quello che so, il secondo è un po’ politically scorrect, il primo parla da sé guardando i nomi dei tre protagonisti. “Le solite commedie ruffiane americane” dirà qualcuno. "Un momento di realx e leggerezza" risponderebbero altri. Una domanda: ma è proprio così inverosimile essere rilassati e felici il giorno che convola a nozze?
Continuano a dirci che quello che vediamo nei film è solo fantasia, e che la realtà è molto più triste e meno poetica. Fuck you! - È la mia decisa risposta. Una delle commedie più brillanti del fatidico giorno è il remake del film Il padre della sposa (1991) diretto da Charles Shyer con Steve Martin, Diane Keaton e Martin Short.
Inevitabile la malinconia nel vedere la propria figlia abbandonare la casa paterna, ma anche ironia e quel pizzico di magia che dovrebbe sempre accompagnare il giorno delle nozze. Quella scintilla che troppo spesso viene a mancare nelle commedie nostrane, in overdose da esasperato e distorto realismo con inclinazioni alla depressione.
Inevitabile la malinconia nel vedere la propria figlia abbandonare la casa paterna, ma anche ironia e quel pizzico di magia che dovrebbe sempre accompagnare il giorno delle nozze. Quella scintilla che troppo spesso viene a mancare nelle commedie nostrane, in overdose da esasperato e distorto realismo con inclinazioni alla depressione.
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