Educazione siberiana - Kuzya (John Makovich) |
La settima arte ha fatto e farà sempre discutere. Per ogni annata cinematografia c'è sempre una pellicola più delle altre in grado di raccogliere tanti consensi quanta indifferenza. È capitato di recente a Educazione siberiana (2012), l’ultima fatica del regista napoletano Gabriele Salvatores, film tratto dall'omonimo romanzo di Nicolai Lilin.
Uscito da più di cinque mesi ormai, chiunque incontrassi ne sentivo sempre parlare un gran bene. Tra i vari lungometraggi di cui mi stavo occupando devo ammettere che il suddetto m’ispirava poco e in me si era diffusa la convinzione dell’ennesima storia di clan, tatuaggi, onore e minestre riscaldate in salsa ex-sovietica, figlio illegittimo di Eastern Promises (La promessa dell'assassino, 2007 di David Cronenberg).
Finalmente ho avuto l’opportunità di vederlo, in occasione della rassegna Estate al Cinema, in campo San Polo a Venezia.
Finalmente ho avuto l’opportunità di vederlo, in occasione della rassegna Estate al Cinema, in campo San Polo a Venezia.
Graziati miracolosamente dal caldo afoso di quei giorni, la pellicola ha raccolto molto pubblico ma tutto questo gran clamore non l’ho poi riscontrato. Storia anche piuttosto banale. Due amici prendono strade diverse. Per salvarne uno, l’altro finisce in galera. L’amore della bella ma problematica Xenya (Eleanor Tomlinson) ci si mette di mezzo. E la violenza ovviamente. E tatuaggi come simbolo di appartenenza.
Tra i due protagonisti, Kolima (Arnas Fedaravicius) e Gagarin (Vilius Tumalavicius), c’è il nonno del primo, Kuzya (John Makovich), portatore di un’inflessibile morale e precetti: Rubare alla polizia, usurai e banchieri è lecito, o ancora La fame viene e scompare ma la dignità una volta persa non torna mai più.
Inquadrature suggestive a parte,
Kolima alle volte è fin troppo Butleriano con pericolose somiglianze a
quel recente Mike Banning in missione Olympus Has fallen (Attacco al potere, 2013, di Antoine Fuqua).
Perché nel finale Kolima carica la pistola prima di salire su di un
camion che gli ha dato un passaggio? C’è qualcosa che ci vuol far
capire? Kolima ha perso il suo amore, Xenya è stata violentata e uccisa
dall’amico stesso.
Forse
oltre certi limiti non si può andare e se li superiamo non c’è più
nulla da fare. Il futuro potrà solo essere un lungo peregrinare e
nemmeno le regole di una cara figura, spina dorsale di una vita intera,
potranno più far nulla per salvarci dalla dannazione.
Educazione siberiana (2013), Xenya (Eleanor Tomlinson) © Claudio Iannone |
Educazione siberiana (2013, di Gabriele Salvatores) |
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