The Lone Ranger - Tonto (Johnny Depp) e John Reid (Armie Hammer) |
di Luca Ferrari
Favola da latte caldo e biscotti. Gore Verbinski, Jerry Bruckheimer e Johnny Depp. Qualcosa di già sentito. Abusato. La collaborazione funziona al botteghino e allora orsù, riproviamoci, tanto le pecore non diserteranno certo la sala. E così è stato.
The Lone Ranger irrompe nell’estate 2013 mettendo nello stesso piatto un pirata caraibico truccato come un Nativo americano, un improbabile eroe che più che Ranger Solitario andrebbe chiamato come il fedele amico Tonto, una donna di mondo e due cattivi pronti a tutto pur di avere ricchezza e potere.
Teatro della vicenda, quel sacro West americano colonizzato dalla feroce bramosia dell’uomo bianco europeo che uccide senza pietà chiunque non permetta il suo degno sviluppo. Qualcosa che al giorno d’oggi potremmo chiamare “esportazione di democrazia” (dove le avrò già sentite queste parole?...). No, non basta la “sparrowiana” simpatia di Tonto e la faccia d’angelo dell’avvocato John Reid (Armie Hammer) per destare lo sguardo altrove.
Il brutale fuorilegge Butch Cavendish (William Fichtner) e il rispettato e potente capitalista Latham Cole (Tom Wilkinson) rappresentano al meglio le dinamiche contemporanee. Dove c’è un uomo (un gruppo, una nazione) che compie i peggiori atti criminali, c’è chi (un uomo, una multinazionale, una nazione) pilota per dettare leggi, regole e soprattutto crearsi un impero.
Allora come oggi, questo perverso gioco di dominio prosegue indisturbato. I singoli tutt’al più gridano il proprio dolore e la propria sete di giustizia su qualche social network, o al massimo unendosi in una delle tante evanescenti manifestazioni di piazza mentre i burattinai proseguono indisturbati nel loro viaggio perpetuo tra paradisi fiscali e accuse rispedite al mittente.
Eroico. Adrenalinico. Dinamico. Si, ok. The Lone Ranger inizia e finisce lì. Nelle parole di un vecchio. Messo in vetrina. Come tutta quella immensa generazione che si prostra alla ricerca di un lavoro vendendosi per necessità alle peggiori condizioni e impossibilitato a racimolare qualsiasi brandello di giustizia. No certo, non è compito del cinema cambiare né salvare il mondo. Però in questo turbine d’immondizia economica, qualcosa di più ispirante (e ispirato) ci starebbe bene.
Il trailer di The Lone Ranger
Eroico. Adrenalinico. Dinamico. Si, ok. The Lone Ranger inizia e finisce lì. Nelle parole di un vecchio. Messo in vetrina. Come tutta quella immensa generazione che si prostra alla ricerca di un lavoro vendendosi per necessità alle peggiori condizioni e impossibilitato a racimolare qualsiasi brandello di giustizia. No certo, non è compito del cinema cambiare né salvare il mondo. Però in questo turbine d’immondizia economica, qualcosa di più ispirante (e ispirato) ci starebbe bene.
The Lone Ranger (2013, di Gore Verbinski) |
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